STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese
Autori:
Castiglioni, Ajcardo
Titolo Articolo:
Della coltivazione dello zafferano in Lombardia
Titolo volume in cui l'articolo è ospitato:
Biblioteca Italiana ossia Giornale di letteratura scienze ed arti
Anno Pubblicazione:
1828
Annata, volume, serie, fascicolo:
anno 1828, T. 052 (LII)
Argomenti:
Orticultura e botanica medica e sperimentale
Ajcardo Castiglioni
Note Generali:
Coltivazione dello zafferano in Lombardia(*).

Grandissimo è fra di noi il consumo dello zafferano massime pei formaggi del territorio di Lodi chiamati impropriamente parmigiani; grandissima quindi la somma del danaro del quale andiamo tributar ai paesi donde tale droga ci viene trasmessa. Benemerito noi dunque diremo della patria e dello Stato chiunque ne’ paesi nostri facciasi a coltivarla in modo di sottrarci a sì fatto tributo. Né tale coltivazione essere può di pregiudizio a quella già per sé stessa fra noi sovrabbondante de’ grani, giacché essa può circoscriversi a piccolo spazio di terreno, e suole anzi prosperare in quelle terre che meno si prestano ad ogni altra coltura. Né ha pur bisogno di molte braccia, potendosi nella raccolta de` fiori e nell` estrazione de` fili o delle stimate impiegare i fanciulli dell`un sesso e dell`altro. L`esperienza poi ha dimostrato che lo zafferano lombardo meglio che lo straniero riesce nell`uso che far se ne suole pei suddetti formaggi, dando loro un più bel colore e rendendoli e più aromatici e più saporiti. A ciò s`aggiunge la quantità della ricolta che i fatti ci provano non essere minore di quella che in eguale spazio si trae negli altri paesi, perciocché un`ajuola, lunga milanesi braccia 19, larga 2 diede un`oncia di purissimo zafferano ridotto alla più grande secchezza; sicché da una pertica se ne potrebbero ricavare ben 30 once.
L`egregio signor dottore fisico don Ajcardo Castiglioni d`Angera fu in Lombardia il primo che rivolto siasi alla coltivazione dello zafferano, a farne commercio, ed a diffonderne i bulbi. Egli ottenuti ne ` aveva nel 1810 sei bulbi dall` orto agrario di Pavia; ma non potè giovarsi che di cinque, perché l`un d` essi già putridito erasi nel viaggio: egli li piantò prima in vasi, in terra da orto smunta, e da più di un anno non concimata. I bulbi fiorirono, e moltiplicaronsi al n.° di 15. Nell`anno susseguente ne fece cinque vasi, e i bulbi si moltiplicarono nella medesima proporzione. Egli continuò a trapiantarli in vasi ogni anno finché non gli riuscì di averne ben 600, dei quali i più voluminosi erano della grossezza d`una nocciuola. Fattosi quindi coraggio li trapiantò in un`ajuola del suo orto, dopo d`averla prima ben concimata e diligentemente purgata dagl`insetti: ne ottenne sei grani di zafferano, e i bulbi moltiplicaronsi sani e vigorosi. Nel terzo anno ne ebbe un`oncia, e le giovani cipolle che ne trasse, bastarono per cinque ajuole alla prima uguali. Nel 1818 ne triplicò la coltura, e ne trasse tal numero di bulbi da poterne somministrare anche agli amici ed a chi ne lo chiedeva. Ad imitazione di lui e coi bulbi che da lui aveva ricevuti, diedesi nel 1820 alla medesima coltura il signor dottor Comolli I.R. Medico provinciale di Como. Questi in pochi anni ne ebbe una messe si fatta da poterne distribuire i bulbi a varie persone in quella provincia, e trasmetterne anche all`orto agrario di Pavia, dove i sorci e le talpe fatto ne avevano grandissimo guasto.
Nozioni preliminari. — Lo zafferano, di cui parlasi, è l`autunnale Crocus sativus, di Linneo; ha un bulbo grosso come una nocciuola, un po` compresso, e coperto di una pelle bruna e filamentosa. Dalla sua parte inferiore escono più libre lunghe che penetrano assai profondamente nella terra. Il fiore od i fiori nascono dalla parte superiore del bulbo ed appajono in ottobre molto tempo innanzi delle foglie: queste sono di colore grigio di lino o di porpora azzurrognola. Il tubo è assai lungo, senza picciuolo, diviso alla sommità in sei segmenti ottusi, ovati ed uguali. Al fondo del tubo trovasi l`ovaja che è rotonda. Il suo stelo è coronato da tre stimate allungate di colore d`arancio, divise e stese da ciascun lato. Dalle stimate vien formato il così detto zafferano, producendo esse sole la materia colorante ed il principio aromatico contenuto nel fiore. Le foglie ed il frutto non appajono che in primavera: l`embrione rimane dunque per tutto l`inverno nel seno della terra. Le foglie sono cilindriche, lunghe, strettissime e nella loro lunghezza divise da una linea bianca. Il frutto è rotondo, a tre lobi, a tre celle, a tre valvole. Cresce per otto mesi, ed il suo crescere è segnato mese per mese dalle linee circolari che formansi sotto il suo esterno inviluppo.
La vegetazione di questo croco compiesi generalmente nel corso di otto mesi, dalla metà circa di settembre alla metà di maggio, ai gradi d`un calore atmosferico decrescente da 10 a 0 del termometro di R. Al di sotto di tal grado i suoi bulbi rimangono come letargici. l bulbi pervenuti alla grossezza di una noce comune danno dai tre ai cinque fiori, le stamine di sei o sette di essi fiori produr possono un grano di zafferano.
Alla coltura dello zafferano perniciosi sono i vegetabili d`altra specie, particolarmente poi una pianta parassita, che talvolta alligna sui bulbi, detta da Persoon selerozio,specie di fungo analogo al tartuffo, scoperto da Duhamel e descritto da Bulliard nella sua opera sui funghi. Esso però non è fra noi conosciuto, e quindi non è a temersene verun danno. Guardisi il coltivatore dall`ammaccare anche leggermente i bulbi ; essi marciscono ben tosto. Gli insetti sono tutti più o meno dannosi allo zafferano. Abbiasi quindi la cura di ben purgare la terra prima di farne la piantagione, e di concimarla con letame già ridotto a terriccio. Ma i più formidabili suoi nemici sono le talpe e i sorci. Anche il porco ne divora avidamente i bulbi. L`umido soverchio lo fa marcire, ed intaccandone le gemme fa sì che queste abortiscano sotterra. Le terre ad esso più convenevoli sono la siliceo-calcarea, la calcareo-silicea e la silicea contenente qualche dose d`argilla, purché esse terre siano cariche di terriccio vegetale e meglio ancora se questo sia vegeto-animale. La sua più propria e quasi nativa esposizione è l’orientale, perché in essa più presto apronsi i fiori e sciogliesi più presto la rugiada.
Coltivazione e raccolta. — Lo zafferano si moltiplica per mezzo de` suoi stessi bulbi, specialmente se questi Iasciansi sotterra per due o tre anni senza che vengano scompigliati. Abbiasi cura di non levarneli se non quando la pianta ha perdute le foglie. Ciò avviene dalla metà di maggio a tutto agosto. Possono anche conservarsi sino alla trapiantagione sepolti o riposti in luogo fresco, non troppo umido e non ammucchiati. Le cipolle o i germi pongonsi nella terra tanto col loro inviluppo, quanto senza di esso.
Si vanghi il terreno alla profondità d`otto once milanesi; si purghi da ogni altro vegetabile; si concimi, poscia si eguagli col rastrello; solchinsi a rette linee le ajuole; si costruisca uno strumento di legno largo due once e lungo un braccio e mezzo che nell`estremità inferiore abbia un manubrio diviso come una V; e nella sua superficie varj piuoli distanti due once l`uno dall`altro, lunghi once tre e terminanti a punta di diamante, del diametro di mezza oncia. Segninsi sull` ajuola sei linee parallele, distanti l`una dall`altra quattr`once. Si ponga sopra le linee il suddetto strumento, e vi si comprima col piede in modo eho tutti i piuoli vi si profondino per tre once: si lasci quindi cadere in ciascun buco un bulbo colla punta rivolta all`in su, e cosi si continui l`operazione per tutta l`ajuola; col rastrello si uguagli poscia il terreno, e si riempiano i buchi. Conviene tener sempre le ajuole bea monde dalle erbe, sarchiandole circa una volta al mese, dal luglio sino alla fine del settembre. Ad impedire la sferza del sole nel grande estate giova il piantare ne` sentieri, lungo le ajuole, diverse linee dei così detti fagiuoli dell`occhio nero, essendo che un tal quale estivo ombreggiamento giova al primaticcio fiorire dello zafferano.
I fiori dello zafferano si raccolgono a tutto ottobre, nel mattino, dopo dissipata la rugiada; poco importa che siano tuttora socchiusi: è d`uopo coglierli con porzione del tubo, in guisa però che non se ne stacchino anche le foglie, il che sarebbe di danno alla pianta. Pongansi a mano a mano in ceste, e da queste, quando sono ripiene, si versino sui cannicci in luogo aperto ed ombreggiato. Terminata la raccolta, si levino da` fiori le sole stimate fin dove il colore chermisi comincia ad impallidire. Queste distese poi su grandi fogli di carta emporetica si ripongano sopra tavole o cannicci in luoghi vasti, asciutti e dal vento riparati, e meglio ancora in istufe non troppo calde, ove si lascino finché siano diseccate. Si ammassino quindi le stimate e fortemente compresse in vasi di latta, terra o majolica, ed in essi coperte da un corpo pesante, che però non le tocchi, si conservino a piacere.
Le stimate o i fili si riducono in polvere col nuovamente stenderle ben disciolte su fogli di carta bibula, che poscia chiusi espongonsi al sole o ad un ben asciutto calore di stufa. Giunte all`aridità pestansi nel bronzo finché ridotte siino in minutissima polvere. In questa operazione lo zafferano perde alquanto del suo colore, ma subito Io riacquista, se esposto venga all`aria umida, molto più se questa sia pregna di gas acido-carbonico, e a poco a poco lo riacquista pure da sé stesso, e senza alcun altro sussidio. Tale polvere si ripone poi in vasi di latta, di maiolica od anche di vetro, coll`avvertenza che i vasi di vetro debbono conservarsi in luogo oscuro, onde dalla troppa luce non ne venga danneggiato il colore, e questo ancor meglio si conserva quando la polvere sia ne` vasi compressa. Pericolosi sono gli effluvj dello zafferano, ed indurre possono vertigini, istupidimento, asfìssia ed anche la morte. Perciò le varie operazioni fare si vogliono in luoghi aperti e ventilati; è d`uopo non soffermarsi nelle stufe ov`esso sta raccolto se non dando loro un`aria sufficiente. I bulbi rigettati e le foglie servir posson al nutrimento delle vacche, le quali ne sono ghiottissime: un tal cibo le mantiene grasse e le feconda di ottimo latte, purché non se ne dia loro che una sola volta al giorno, e questo di circa lib. 15 d`once 38, altrimenti vanno soggette alla diarrea. Se ne ingrassano anche i buoi, lo che viene praticato con felicissimo successo negli Abruzzi.

Tale è il sunto della Memoria del signor dott. Castiglioni. Essa termina coll` elenco delle persone cui egli ha distribuiti i bulbi dal 1818 al 1837, tra le quali troviamo anche nomi ragguardevoli. Tutte le relazioni che su questo oggetto ci pervennero concordano nell`affermare la prosperità in cui presso del signor dottore trovasi questa coltivazione, la quale ne` paesi nostri può dirsi quasi totalmente nuova. Non possiamo quindi che tributargli le ben dovute lodi, ed incoraggiare i nostri agronomi a seguirne le utili tracce.
Note Bibliografiche:
Articolo ospitato alle pp. 267-271 del volume

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