La più antica attestazione del nome di Cressa nella documentazione scritta pervenuta fino ai nostri giorni risale a quasi mille anni fa. In un diploma del 10 giugno 1025 il re di Germania Corrado, che pochi mesi più tardi a Milano avrebbe ricevuto la corona di re d’Italia dalle mani dell’arcivescovo Ariberto d’Intimiano, concedeva alla Chiesa novarese i comitati di Pombia e dell’Ossola, insieme a numerose altre terre situate nei territori del novarese e della Valsesia, appartenenti ad alcuni sostenitori di Arduino d’Ivrea. Tra questi figurava un certo Uberto, possessore di terre a Cressa e Suno:
«Concedimus itaque comitatum de Plumbia et alium de Oxula cum sua integritate et cortem de Grauidona cum corte de Uespolate cum utrisque portionibus Huberti atque Hugonis et castrum de Uilingo et de Cureio cum pertinentiis eorum et duos mansos in Garbania, et quicquid Hubertus Novarie habet intus et de foris, et corticellam que constat in Matteo, et quicquid tenet in Alisade et in Crescia et in Xuno, et quicquid habet Ribaldus in eodem loco et in Belingo»
(1).
Uberto, figlio di Ildeprando, discendeva da un’antica famiglia di origini provenzali trasferitasi nel territorio di Caltignaga durante la prima metà del X secolo, al tempo di re Ugo; insieme al fratello Riccardo ottenne il titolo comitale, dando quindi origine alla dinastia dei conti di Pombia
(2). Egli era dunque uno dei più autorevoli esponenti di quella
«nuova aristocrazia che si andava potenziando economicamente e politicamente all’interno della marca d’Ivrea nella seconda metà del secolo X e che individuò nella lotta di Arduino contro i vescovi ed Enrico II la possibilità di accentuare la qualificazione signorile delle proprie presenze patrimoniali […]. Questa nuova aristocrazia, con le sue presenze incastellate, riuscì in molti casi a essere interprete dei nuovi poteri signorili locali: ma nell’immediato non toccò a essa il tentativo di ricomposizione del territorio disgregato dalla crisi definitiva dell’ordinamento carolingio, bensì ai vescovi e ai centri cittadini da cui muoveva il loro potere»
(3).
In questa ottica e con questo obiettivo agirono i vescovi di Vercelli e di Novara, cercando di raccogliere i frutti della disgregazione della marca d’Ivrea e di fare pagare un caro prezzo a chi aveva fornito il proprio appoggio ad Arduino: contro Uberto fu scagliata la maledizione da parte del vescovo di Vercelli Leone
(4); a suo danno fu ordinata l’espropriazione, perorata dal vescovo di Novara Pietro III, delle terre di sua proprietà a favore della Chiesa novarese. Quella sancita nel diploma di Corrado II avrebbe rappresentato l’autentica «spogliazione degli arduinidi a favore della chiesa di Novara»
(5). Una spogliazione che, tre anni dopo, lo stesso Corrado II confermò da Aquisgrana
(6) e grazie alla quale la sede vescovile di Novara sarebbe diventata una delle più ricche sedi vescovili dell’Italia padana.
Ma non avvenne nulla di tutto questo: nonostante le pressioni dei presuli novaresi, che ottennero un nuovo diploma a conferma dei precedenti nel 1060
(7), la potente famiglia dei conti di Pombia riuscì a conservare il possesso dei beni espropriati.
Uno degli strumenti utilizzati dalla famiglia per tutelare il proprio ingente patrimonio dalla minaccia dell’espropriazione fu quello di attribuirne la proprietà a enti ecclesiastici sui quali la famiglia esercitava una qualche forma di controllo: così avvenne, ad esempio, con l’abbazia di San Nazzaro Sesia o con il priorato cluniacense di San Pietro di Castelletto Cervo, entro i cui patrimoni esenti – e quindi al sicuro da ogni pretesa o rivalsa da parte della Chiesa novarese – confluirono molti dei beni oggetto del diploma del 1025; enti ecclesiastici, fondati con le caratteristiche di monasteri di famiglia o monasteri privati (
Eigenklostern) sui quali i conti di Pombia conservavano i diritti di nomina degli abati o dei priori e il controllo sulla gestione dei beni tramite l’esercizio del diritto di avvocazia
(8).
Non sappiamo se ciò avvenne anche per i beni situati sul territorio di Cressa. Sappiamo però che un’altra fondazione ecclesiastica, geograficamente molto vicina a Cressa e alla quale appartenevano molti beni situati sul suo territorio, aveva avuto in passato una simile origine: il monastero di San Sebastiano di Fontaneto, fondato nel X secolo dal visconte Gariardo, fedele del marchese Alberto d’Ivrea e legato alla corte di re Berengario, membro di quello stesso gruppo parentale dal quale ebbe origine la famiglia dei conti di Pombia; un monastero che divenne in seguito, forse già alla fine dell’XI secolo, dipendenza dell’abbazia benedettina dai Santi Gratiniano e Felino di Arona, la cui presenza patrimoniale nell’area del medio novarese – e di Cressa e Fontaneto in particolare – andò acquistando sempre maggiore importanza
(9).
Nel corso dell’XI secolo dunque il territorio di Cressa - incluso entro i confini del comitato di Pombia e dipendente, dal punto di vista della distrettuazione ecclesiastica, dall’antica pieve di Suno -, manifestava una rilevante presenza patrimoniale dei membri del gruppo parentale dei conti di Pombia. L’estrema esiguità della documentazione conservata non permette di ricostruire le vicende relative alla proprietà fondiaria sul territorio di Cressa durante i secoli XI e XII, emerge però chiaramente l’affermarsi della presenza di ampie proprietà di enti ecclesiastici, derivanti sia da piccole donazioni di singoli proprietari sia dall’acquisizione di più ampi e organici patrimoni. Già nel corso del XII secolo è attestata la presenza patrimoniale della canonica di Santa Maria di Novara
(10), poi nel corso del XIII secolo compaiono nella documentazione le vaste proprietà fondiarie del capitolo di San Giulio d’Orta, le terre dell’abbazia benedettina dei Santi Gratiniano e Felino di Arona (
terra abatis de Arona o terra Sancti Graciani), quelle della chiesa di S. Ambrogio di Cavaglio (
terra Sancti Ambroxii), del comune di Cressa (
terra comunis de Cresia) con le terre comuni della Baraggia (
baraça comuna), quindi le terre della chiesa di San Giulio di Cressa (
terra Sancti Julii de Cresia), della chiesa di San Quirico di Agrate (
terra Sancti Quirici de Agrate), del monastero di San Sebastiano di Fontaneto d’Agogna (
terra Sancti Sebastiani), le terre di proprietà degli umiliati (
terra humiliatorum) e quelle appartenenti alla chiesa di San Martino di Pombia (
terra Sancti Martini de Plumbra)
(11). Sempre nel Duecento sul territorio tra Suno e Cressa è documentata anche la presenza di una
domus gerosolimitana
(12).
Nel 1248 i canonici di San Giulio possedevano sul territorio 105 moggi di terra
(13), un’estensione pari a circa 32 ettari, in parte attorno al centro abitato di Cressa e in parte attorno a quello, oggi scomparso, di
Casé - indicato nelle fonti anche nelle forme
Cascé, Caxe, Caselio, Caxelio - situato forse a sud-est di Cressa, in direzione di Suno
(14). I 97 appezzamenti in cui era suddivisa la proprietà dei canonici erano concessi ad una ventina di affittuari, quasi tutti capi famiglia residenti a Cressa, i cui nomi sono elencati nell’atto:
«Otus de Peroco, Robaldus de Peroco, Zilius de Avondo, heredes Peroli de Saliono, Albertus de Frasano, Julianus de Albertoco, Jordanus de Albertoco, heredes Petri de Frasano, Guidolus de Ponçono, heredes de Guidacio, Petrus de Folia, Jacobus de Panevino, Manfredus de Johanne, Albertus de Gracia, Jacobetus de Sucio, Guido Fererius, Petrus Braga, Jacobus de Guidone de Yoascha, heredes Zilii, Guidotus de Artuxio, Martinus de Peroco, Guido de Cantono, Guidolus de Faita»
(15).
Dall’analisi degli elenchi dei beni di proprietà del capitolo sul territorio di Cressa – nei quali sempre compare l’indicazione dei micro toponimi, molti dei quali di difficile identificazione, che ne individuavano con precisione la collocazione -, si può vedere come fossero prevalenti i campi coltivati (oltre il 40% della superficie totale) e i prati (30%), sebbene non mancassero anche le terre arative (7%) a prevalente destinazione cerealicola e in misura minore le vigne, talvolta associate ad altre colture
(16), il bosco e i terreni incolti. I beni situati sul territorio di
Casé invece vedevano una prevalenza delle aree boschive (quasi il 40% del totale) e delle brughiere (poco più del 20%), con soltanto pochi appezzamenti destinati alle colture cerealicole e ai campi
(17).
Già nella seconda metà del Duecento tuttavia il patrimonio della canonica di San Giulio manifestava alcuni segni di sofferenza. Da quanto contenuto in due
consignationes del 1281
(18), la prima relativa ai beni situati sul territorio di Cressa, la seconda a quelli di
Casé, il patrimonio appare essersi dimezzato non superando ormai l’estensione di 50 moggi di terra.
«È segno evidente che il patrimonio di San Giulio in Cressa si sta dissolvendo e le terre del Capitolo usurpate; nel secolo XIV il Capitolo gioca ormai sulla difensiva e cerca disperatamente di difendere i propri diritti»
(19).
Due atti risalenti alla prima metà del Trecento
(20) - il primo relativo a una ammonizione rivolta ad alcuni abitanti di Cressa affinché consegnassero una certa quantità di biade sulle terre da loro lavorate, il secondo contenente un formale invito alla regolarizzazione dei pagamenti degli affitti dovuti sulle terre possedute dalla chiesa di San Giulio - documentano con chiarezza le difficoltà del capitolo nel fare valere i propri diritti e nel riscuotere i fitti dovuti.
Oltre alle proprietà dei canonici di San Giulio, un’altra importante presenza patrimoniale sul territorio di Cressa fu quella dell’abbazia dei Santi Gratiniano e Felino di Arona, che ebbe probabile origine dall’ingresso tra le proprie dipendenze del vicino monastero di San Sebastiano di Fontaneto con le sue proprietà fondiarie
(21).
«Alla fine del XII secolo il cenobio [di Fontaneto], ormai in crisi, passò alle dipendenze dell’abbazia di Arona, che incamerò anche i beni e i diritti giurisdizionali»
(22).
Tale acquisizione comportò forse anche il conseguimento da parte dei benedettini del diritto di esercizio di qualche forma di giurisdizione anche sul territorio di Cressa, come si sarebbe portati a desumere dall’utilizzo della formula «in loco et territorio curia loci Crissie», dove
«con il termine curia (sempre che venga usato nella sua accezione originaria e più pregnante) si indicava anche “l’autorità sovrana esercitata dal signore” in quell’ambito territoriale»
(23).
Non mancava infine la presenza di una diffusa proprietà laica: da quella di grandi famiglie capitaneali come i
da Momo o i
da Suno, a quella di famiglie come i
de Rozato, tra i quali si distinsero molti personaggi legati da stretti rapporti con il cenobio aronese e attivi nell’ambito del notariato, ai molti piccoli e medi proprietari citati tra le pertinenze dei terreni dei grandi enti ecclesiastici, come i
Zocola, i
de Sasso, i
de Logato, i
de Iuliacio, i
de Albola e molti altri
(24).
Sul territorio di Cressa esistevano nel Medioevo due insediamenti distinti: Cressa e
Casé. Quest’ultimo, analogamente a quanto avvenne per molti altri insediamenti medievali, fu abbandonato, probabilmente durante la grande crisi del Trecento, dai suoi abitanti che confluirono nei centri abitati vicini: di esso non rimane oggi alcuna traccia materiale
(25). L’insediamento rurale di Cressa invece, citato come semplice
locus nelle carte più antiche, dimostrò nel corso del Duecento di possedere un certo dinamismo.
«Anche nel vicino
locus di Cressa i complessi edificati dovevano essere numerosi ed essi animavano la
villa, frequentemente citata. In proposito ricordiamo che in una nota fonte di fine Duecento coesistono due toponimi riferiti a questo sito, ambedue assai significativi:
in villa (ove era ubicato un sedime) e
ad villam veterem (ove si trovava un campo)»
(26).
Alla metà del XIII secolo, accanto all’antico
locus entro il quale è documentata la presenza di alcuni sedimi di proprietà dei canonici di San Giulio
(27), erano sorti altri due nuclei insediativi: due
ville (28). La prima, e forse più antica, era a quel tempo ormai abbandonata, come dimostra la descrizione, contenuta nel documento del 1248, di due pezze di terra aratoria situate
in villam veterem; nel luogo cioè dove un tempo sorgeva il vecchio insediamento e dove ormai non vi erano più case o edifici ma soltanto campi coltivati
(29). La seconda invece, che risultava ospitare al suo interno alcuni edifici, era protetta da un fossato
(30):
«lo
spaldum ville è segnalato in varie pergamene della prima metà del Trecento, ma già un secolo prima si rinviene nelle carte il
fossatum ville de Cresia»
(31).
La seconda metà del Trecento fu un periodo particolarmente travagliato e difficile: alla peste che colpì duramente l’Europa intera e che flagellò pesantemente anche il territorio novarese, con la crisi demografica ed economica che ne seguì, si aggiunsero una serie di eventi bellici che culminarono nelle devastazioni perpetrate dalla cosiddetta compagnia Bianca in numerosi luoghi del novarese e nella distruzione di molti centri abitati - tra i quali Cressa - da parte di Galeazzo Visconti nel 1361
(32). Oltre a queste calamità, anche un altro elemento influì negativamente, seppure in maniera indiretta, contribuendo a rendere più evidenti i segni di decadenza, sia a Cressa sia nella vicina Fontaneto: la crisi del cenobio di Arona durante il XIV secolo
(33).
I segni della crisi risultavano ancora ben evidenti a Cressa a distanza di quasi un secolo: in una relazione redatta nel 1450 dai funzionari sforzeschi di stanza a Novara Cressa veniva descritta come priva di strutture difensive e popolata da sole 15 famiglie
(34). La crisi era stata profonda e generalizzata e, dall’analisi di questo significativo documento, si può constatare, in termini generali, come
«la popolazione novarese fosse piuttosto scarsa, sicuramente a causa delle guerre e dei saccheggi subiti che avevano influito direttamente sul numero degli abitanti bloccando anche le attività economiche. Gli anni di stabilità successivi al 1450 permetteranno una forte crescita dell’economia, lo sviluppo di un’agricoltura più evoluta, un migliore sfruttamento delle campagne ed un conseguente aumento della popolazione»
(35).
In quegli anni stava però per aprirsi anche un altro, nuovo capitolo nella storia del paese: l’ingresso entro i domini della famiglia Borromeo. Cressa fu infeudata venalmente a Giovanni e Vitaliano Borromeo il 10 dicembre 1466 - insieme con le terre di Guardasone, Castione e Castellanza nel Parmense, Castione nel lodigiano, Intra, Pallanza, Vallintrasca, i
2/
3 della
degagna di Suna e l’intera
degagna di S. Pietro -, per la somma totale di 26.134 lire imperiali, 16 soldi e 10 denari
(36).
Note:
(1) Conradi II. diplomata, in MGH, t. IV, Hannoverae et Lipsiae 1909, doc. 38 (Costanza, 1025 giugno 10), p. 42.
(2) Sui conti di Pombia e sul loro patrimonio fondiario cfr.: G. Andenna,
Alcune osservazioni a proposito delle fondazioni cluniacensi in Piemonte (secoli XI-XIII), in
L’Italia nel quadro dell’espansione europea del monachesimo cluniacense (Atti del convegno internazionale di Storia medioevale, Pescia, 26-28 novembre 1981), Cesena 1985, pp. 45-57; Id.,
Grandi patrimoni, funzioni pubbliche e famiglie su di un territorio: il “comitatus Plumbiensis” e i suoi conti dal IX all’XI secolo, in
Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII) (Atti del primo convegno di Pisa, 10-11 maggio 1983), Roma 1988, pp. 215-216; D. Tuniz,
Il Comitato di Pombia e i suoi conti, in
L’Ovest Ticino nel Medioevo: terre, uomini, edifici. Indagini in Pombia, Oleggio e Marano Ticino (Atti del Convegno, 13-14 giugno 1998), Novara 2000, p. 10.
(3) G. Sergi,
I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995, p. 186.
(4) H. Bloch,
Beiträge zur Geschichte des Bischofs Leo von Vercelli und seiner Zeit, in «Neues Archiv», 22 (1897), p. 107.
(5) F. Cognasso,
Novara e la sua storia, in AA. VV.,
Novara e il suo territorio, Novara 1952, pp. 94-95.
(6) MGH, t. IV, doc. 118 (Aquisgrana, 1028), p. 164.
(7) Heinrici IV. diplomata, in MGH, t. VI, p. I, Hannoverae 1941, doc. 63 (Goslar, 1060 aprile 13), p. 83.
(8) C. Sereno,
Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di sfruttamento (secoli X-XII), parte prima, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», XCVI (1998), fasc. II, pp. 397-448.
(9) R. Perelli Cippo,
Note sul patrimonio dell’abbazia dei SS. Felino e Gratiniano di Arona nei secoli XI-XIII, in
«Fabularum patria». Angera e il suo territorio nel Medioevo (Atti del convegno, Rocca di Angera, 10-11 maggio 1986), Bologna 1988, p. 103; A. Lucioni,
Arona e gli esordi del monastero dei Ss. Felino e Gratiniano (secoli X-XII), in
Arona porta da entrare in Lombardia. Tra Medioevo ed età moderna (Atti del IX Convito dei Verbanisti), Verbania - Intra 1998, pp. 54-55; B. Beccaria,
Arcivescovi, conti, abati, valvassori e Comune nelle vicende di Marzalesco tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, in «Novarien.», 28 (1998-1999), p. 39 nota 17; F. Pirovano,
Terra e uomini tra Fontaneto e Cressa nei patti agrari del monastero di Arona (sec. XIV), in
Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’età medievale (secoli VI-XV), a cura di M. Montanari, Novara 2002, p. 329.
(10) Il 18 gennaio 1145 Alberto del fu Guido da Castello – appartenente a una famiglia originata dal gruppo parentale dei conti di Pombia - e la madre Frasca confermavano la donazione alla chiesa di Santa Maria di Novara di alcuni beni in Ossola, in Valle Intrasca e nel novarese, tra i quali un manso situato nel
locus di Cressa, posseduto
cum districto et honore e condotto da Adamo
de Silva;
Le carte dell’archivio capitolare di S. Maria di Novara, vol. II
(1034-1172), a cura di F. Gabotto, G. Basso, A. Leone, G. B. Morandi e O. Scarzello, Novara 1915, pp. 240-241.
(11) A. Papale,
Note e documenti sulle terre del Capitolo Giuliano in Veruno, Bogogno, Suno e Cressa nel XIII secolo, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXIII (1982), pp. 10-11.
(12) «Ugualmente attiva nel XIII secolo era la
domus di San Giovanni della Baraggia, che il Frasconi poneva nei dintorni della città [di Novara], ma che invece è da ubicarsi sul territorio di Suno ai confini con Cressa»; G. Andenna,
Le ‘domus’ gerosolimitane della “Lombardia occidentale” in età tardo medievale e moderna, in
Riviera di Levante tra Emilia e Toscana: un crocevia per l’Ordine di San Giovanni (Atti del Convegno. Genova-Chiavari-Rapallo, 9-12 settembre 1999), a cura di J. Costa Restagno, Bordighera 2001, p. 341 note 27 e 28.
(13) L’unità di misura utilizzata è il moggio novarese, suddiviso in 8 staia di 12 tavole ciascuna. Un moggio era pari a 3033,036 m
2, uno staio a 383,2545 m
2, una tavola a 31,937875 m
2; M. Maroja,
Conti fatti di ragguaglio fra le misure ed i pesi della Divisione amministrativa di Novara ed i metrico decimali compilati per ordine dell’Ufficio d’Intendenza Generale di Novara dal sacerdote Maurizio Maroja. Premessavi una breve istruzione sul modo di servirsi delle Tavole relative, Casale Monferrato 1850, tav. 12, p. 20.
(14) Ampi stralci del documento, conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Novara, ms. 23,
Atti di Giacomo da Paruzzaro, Cressa, 1248 febbraio 4, sono stati pubblicati in A. Papale,
Note cit., pp. 19-23.
(15) A. Papale,
Note cit., pp. 19-20.
(16) Le vigne compaiono nelle destinazioni d’uso associate al campo, alla terra aratoria, al prato, al
gerbido. In due quietanze della prima metà del XIV secolo, relative a terre situate in località
sub Orum, si trovano tracce della coltivazione della vite su sostegno (
campo cum uno filagno; campo cum certis altinis); in molti luoghi sul territorio di Cressa, ad esempio in località
ad selvaticum, ad catanos, ad cavaliascum, ad piolam, è documentata invece la presenza di pezze di terra ramponata (
pecia terre ramponate […] prope ubi dicitur ad vineam longam). F. Pirovano, op. cit., pp. 341, 359 note 65 e 66.
(17) È opportuno precisare però che nel documento non viene specificata la destinazione d’uso di circa il 30% dell’estensione delle terre di proprietà del capitolo situate a
Casé, mentre tale percentuale è soltanto del 5% per i beni sul territorio di Cressa. Sulle tipologie dei coltivi riscontrate invece sulle terre dell’abbazia di Arona nel Trecento, cfr. F. Pirovano, op. cit., pp. 340-343.
(18) Le pergamene di San Giulio d’Orta della biblioteca comunale di Novara, a cura di M. G. Virgili, Torino 1962, doc. LXXXIV (1281 dicembre 9), pp. 111-114; doc. CI (senza data, ma attribuito da Alfredo Papale allo stesso anno 1281), pp. 135-136.
(19) A. Papale,
Note cit., p. 11.
(20) Novara e la sua diocesi nel Medioevo attraverso le pergamene dell’Archivio di Stato, a cura di M. F. Baroni, Novara 1981, doc. XXI (1317 novembre 27), p. 36; doc. XXXVIII (1331 dicembre 8), p. 70.
(21) Non soltanto il monastero di San Sebastiano di Fontaneto, ma pure la chiesa di San Martino di Pombia, che possedeva anch’essa terre a Cressa, fu una dipendenza dell’abbazia aronese; F. Pirovano, op. cit., p. 355 nota 13.
(22) G. Aandenna,
Andar per castelli. Da Novara tutto intorno, Torino 1982, p. 446; cfr. anche F. Zaccaria,
De’ Santi Martiri Fedele, Carpoforo, Gratiniano, e Felino libri due, a’ quali un terzo si è aggiunto dell’antica Badia detta de’ Santi Gratiniano, e Felino in Arona, opera di Francescantonio Zaccaria. Piena di critiche osservazioni, e di molti preggevoli inediti monumenti arricchita, Milano 1750, p. 139.
(23) F. Pirovano, op. cit., p. 330; Sull’utilizzo e sul significato del termine curia cfr. P. Cammarosano,
Le campagne nell’età comunale (metà sec. XI - metà sec. XIV), Torino 1974, p. 24.
(24) A. Papale,
Note cit., pp. 19-23; F. Pirovano, op. cit., pp. 343-354.
(25) L’esatta ubicazione dell’insediamento di
Casé è ancora oggetto di discussione tra gli storici; in generale sui villaggi abbandonati nel novarese cfr. A. Papale,
Una nota su Ingravo, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXIII (1982), pp. 149-151.
(26) F. Pirovano, op. cit., p. 334.
(27) Nell’atto del 1248 sono elencati sei sedimi, situati
in loco Cresa; A. Papale,
Note cit., p. 23.
(28) G. Andenna,
Nobiltà e clero in una pieve della diocesi di Novara: Suno, in «Novarien.», 7 (1975-1976), p. 9 nota 12.
(29) «Peciam I terre aratorie in villam veterem que est staria XI; peciam I ibidem que est staria IIII», la seconda delle quali aveva tra le proprie pertinenze un appezzamento di proprietà di un certo Pietro
Cirexa; A. Papale,
Note cit., p. 22.
(30) Il
fossatum ville de Cresa nel 1248 confinava con una pezza di terra coltivata a campo e vigna ubicata in località
ad bruxiniagam; A. Papale,
Note cit., p. 23. L’esistenza del fossato è documentata anche in una serie di atti risalenti agli anni 1330, 1341 e 1345; F. Pirovano, op. cit., p. 357 nota 34.
(31) F. Pirovano, op. cit., p. 334.
(32) C. Morbio,
Storia della città e diocesi di Novara, Milano 1841, p. 136; S. Monferrini,
Dai Visconti agli Sforza. L’integrazione del Novarese nello Stato di Milano, in
Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’età medievale (secoli VI-XV), a cura di M. Montanari, Novara 2002, pp. 158-161.
(33) G. Andenna,
Andar per castelli cit., p. 447.
(34) Nessun cenno sull’esistenza del fossato documentato nei secoli XIII e XIV, che, se ancora presente, non doveva essere considerato dagli estensori della relazione degno di essere segnalato: in effetti nel documento vengono indicati solamente i castelli e le cinte dei borghi murati; S. Monferrini, op. cit., p. 182; P. Zanetta,
Descrizione delle terre novaresi nell’anno 1450, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXIII (1982), pp. 129-139.
(35) S. Monferrini, op. cit., p. 184. Per fornire qualche elemento di confronto con i paesi circostanti: se a Cressa erano indicati 15 fuochi, Fontaneto ne contava 20, Cavaglietto 25, Cureggio 40, Bogogno 60, Suno e Cavaglio 70 fuochi ciascuno.
(36) G. Chittolini,
Alienazioni d’entrate e concessioni feudali nel ducato sforzesco, nel vol.
Città, comunità e feudi negli stati dell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Milano 1996, p. 163. L’atto di infeudazione è conservato in Archivio di Stato di Milano,
Rogiti Camerali, 529-531, notaio Giacomo Perego.
Bibliografia:
G. Andenna,
Alcune osservazioni a proposito delle fondazioni cluniacensi in Piemonte (secoli XI-XIII), in
L’Italia nel quadro dell’espansione europea del monachesimo cluniacense (Atti del convegno internazionale di Storia medioevale, Pescia, 26-28 novembre 1981), Cesena 1985 (Italia benedettina, 8), pp. 45-57
G. Andenna,
Andar per castelli. Da Novara tutto intorno, Torino 1982
G. Andenna,
Grandi patrimoni, funzioni pubbliche e famiglie su di un territorio: il “comitatus Plumbiensis” e i suoi conti dal IX all’XI secolo, in
Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII) (Atti del primo convegno di Pisa, 10-11 maggio 1983), Roma 1988 (Nuovi studi storici, 1), pp. 201-228
G. Andenna,
Le ‘domus’ gerosolimitane della “Lombardia occidentale” in età tardo medievale e moderna, in
Riviera di Levante tra Emilia e Toscana: un crocevia per l’Ordine di San Giovanni (Atti del Convegno, Genova - Chiavari - Rapallo, 9-12 settembre 1999), a cura di J. Costa Restagno, Bordighera 2001, pp. 335-355
G. Andenna,
Nobiltà e clero in una pieve della diocesi di Novara: Suno, in «Novarien.», 7 (1975-1976), pp. 3-63
B. Beccaria,
Arcivescovi, conti, abati, valvassori e Comune nelle vicende di Marzalesco tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, in «Novarien.», 28 (1998-1999), pp. 33-58.
H. Bloch,
Beiträge zur Geschichte des Bischofs Leo von Vercelli und seiner Zeit, in «Neues Archiv», 22 (1897), pp. 11-136
P. Cammarosano,
Le campagne nell’età comunale (metà sec. XI - metà sec. XIV), Torino 1974
Le carte dell’archivio capitolare di S. Maria di Novara, vol. II
(1034-1172), a cura di F. Gabotto, G. Basso, A. Leone, G. B. Morandi e O. Scarzello, Novara 1915 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, LXXIX –
Corpus Chartarum Italiae, LVI)
G. Chittolini,
Alienazioni d’entrate e concessioni feudali nel ducato sforzesco, nel vol.
Città, comunità e feudi negli stati dell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Milano 1996, pp. 145-166
F. Cognasso,
Novara e la sua storia, in AA. VV.,
Novara e il suo territorio, Novara 1952, pp. 3-531
A. Lucioni,
Arona e gli esordi del monastero dei Ss. Felino e Gratiniano (secoli X-XII), in
Arona porta da entrare in Lombardia. Tra Medioevo ed età moderna (Atti del IX Convito dei Verbanisti), Verbania - Intra 1998, pp. 19-78
M. Maroja,
Conti fatti di ragguaglio fra le misure ed i pesi della Divisione amministrativa di Novara ed i metrico decimali compilati per ordine dell’Ufficio d’Intendenza Generale di Novara dal sacerdote Maurizio Maroja. Premessavi una breve istruzione sul modo di servirsi delle Tavole relative, Casale Monferrato 1850
S. Monferrini,
Dai Visconti agli Sforza. L’integrazione del Novarese nello Stato di Milano, in
Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’età medievale (secoli VI-XV), a cura di M. Montanari, Novara 2002, pp. 145-194
Monumenta Germaniae Historica (MGH),
Diplomatum regum et imperatorum Germaniae, t. IV,
Conradi II. diplomata, Hannoverae et Lipsiae 1909; t. VI,
Heinrici IV. diplomata, p. I, Hannoverae 1941
C. Morbio,
Storia della città e diocesi di Novara, Milano 1841
Novara e la sua diocesi nel Medioevo attraverso le pergamene dell’Archivio di Stato, a cura di M. F. Baroni, Novara 1981
A. Papale,
Note e documenti sulle terre del Capitolo Giuliano in Veruno, Bogogno, Suno e Cressa nel XIII secolo, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXIII (1982), pp. 3-25
A. Papale,
Una nota su Ingravo, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXIII (1982), pp. 149-151
R. Perelli Cippo,
Note sul patrimonio dell’abbazia dei SS. Felino e Gratiniano di Arona nei secoli XI-XIII, in
«Fabularum patria». Angera e il suo territorio nel Medioevo (Atti del convegno, Rocca di Angera, 10-11 maggio 1986), Bologna 1988, pp. 97-113
Le pergamene di San Giulio d’Orta della biblioteca comunale di Novara, a cura di M. G. Virgili, Torino 1962 (Biblioteca Storica Subalpina, CLXXX, parte II)
F. Pirovano,
Terra e uomini tra Fontaneto e Cressa nei patti agrari del monastero di Arona (sec. XIV), in
Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia. L’età medievale (secoli VI-XV), a cura di M. Montanari, Novara 2002, pp. 327-366
C. Sereno,
Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di sfruttamento (secoli X-XII), parte prima, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», XCVI (1998), fasc. II, pp. 397-448
G. Sergi,
I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995
D. Tuniz,
Il Comitato di Pombia e i suoi conti, in
L’Ovest Ticino nel Medioevo: terre, uomini, edifici. Indagini in Pombia, Oleggio e Marano Ticino (Atti del Convegno, 13-14 giugno 1998), Novara 2000, pp. 9-12
F. Zaccaria,
De’ Santi Martiri Fedele, Carpoforo, Gratiniano, e Felino libri due, a’ quali un terzo si è aggiunto dell’antica Badia detta de’ Santi Gratiniano, e Felino in Arona, opera di Francescantonio Zaccaria. Piena di critiche osservazioni, e di molti preggevoli inediti monumenti arricchita, Milano 1750
P. Zanetta,
Descrizione delle terre novaresi nell’anno 1450, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXIII (1982), pp. 129-139
Pubblicato in:
Cressa. Una memoria ri/trovata, a cura di F. Mattioli Carcano, Cressa 2011, pp. 31-39
- Autore:
- [Roberto Bellosta]
La scheda che stai visualizzando è visibile GRATUITAMENTE.