Il b. Giacomo, detto anche Giacomino o Giacobino, da Luino, secondo la consuetudine dei religiosi, perché nativo di questo borgo, era della famiglia Eleuterio o de` Leuteri, e figlio di Beltrame, come consta da uno stromento, che esiste nell`antico archivio della famiglia Luini.
1 Si ritiene comunemente da tutti gli scrittori delle cose del nostro Lago ch`egli fosse Laico Carmelitano e fondatore di una chiesa e di un monastero in Luino l`anno 1477, e che appena incominciata la fabbrica di questo cenobio l`anno stesso sia passato di questa vita lasciando dietro di sé grande fama di santità illustrata pur anco da stupendi prodigi.
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Il suo corpo fu deposto nella Chiesa di S. Pietro in Campagna, I`antica parrocchiale di Luino, a poca distanza dal borgo, dove anche si crede essere pur di presente.
3 Secondo questa tradizione perciò a torto il Morigia, seguito dal Vagliano e dal Bombognini, lo avrebbero detto sepolto nella Chiesa di S. Maria delle Grazie dei PP. Carmelitani.
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Altri scrittori poi ingannati dalla somiglianza del nome e dalla coincidenza del tempo, nel quale vissero, confusero il nostro Beato col
B. Giacomino Canepacio, figlio di Alberto, nato in Piasca, frazione di Ayloche presso Crevacuore l’anno 1438, e morto in Vercelli l`anno 1508, pure laico Carmelitano, ed al quale per conseguenza attribuirono la fondazione del cenobio di Luino.
5 Ma dai documenti già citati appare manifesto che il nostro morì un circa trent`anni prima.
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Negli Atti della visita fatta da S. Carlo Borromeo alla Chiesa parrocchiale di Luino l`anno 1574 si riporla una scrittura del giorno 21 ottobre 1569, dalla quale risulta che furono fatte delle esatte indagini intorno a questo Beato allo scopo di collocarne il corpo, che da circa cento e venti anni giaceva sepolto nella Chiesa di S. Pietro di Luino, in un luogo più conveniente. Pertanto fu interrogato uno dei più vecchi del paese, che aveva allora cento e dodici anni, il quale rispose di aver conosciuto soltanto due compagni del Beato tutti e due conversi, venuti insieme con lui da Melegnano e che questi, stati presenti alla morte del B. Giacomo, gli narrarono varie grazie concedute da Dio per l`intercessione di esso a diverse persone.
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Dagli Atti poi di visita dal Card. Federigo si ha, che nel 1596 non era stato ancora soddisfatto un legato per l`erezione dei campanile della Chiesa incominciata dal nostro Beato.
Ouando finalmente al convento siamo istruiti dai documenti, che esso non fu mai numeroso per soggetti, nè distinto per la qualità de` medesimi, e che nel 1778 fu soppresso appunto per lo scarso numero de` religiosi , che l`abitavano, i quali furono rimessi al convento de` Carmelitani scalzi di Milano, dal quale probabilmente dipendevano anche prima e il monastero fu venduto al co. Antonio Crivelli insieme con tutti i beni stabili ad esso appartenenti l’anno 1782.
1 Porta la data del 31 luglio 1436, rogato da Giovanni Carmisio [
sic, per Carnisio]; ma più chiaramente da un altro del 27 settembre 1477, nel quale si legge, che un cotale
Dominus Antonius filius quondam Zanis de Luvino habitator ibidem […] intelligens quod venerabilis religiosus dominus frater lacobus de Luvino filius domini Beltrami ordinis Carmelitarum […] intendat aedificare facere Ecclesiam unam seu monasterium unum et oraculum in Luvino ad honorem etc.
2 Queste notizie sono fondale sulla testimonianza di una iscrizione, che si legge sulle pareti della Chiesa del Carmine così concepita:
B. lacobini Luvini Eleutherii a a Luino vulgo B. lacobini a Luino, laici Carmelitae effigies, Coenobii Luini anno 1477 fundotoris emeriti decade Vll seculi XIV [dovrebbe leggersi XV] sanctitatis et miraculorum fama clari, lapidibus in panem, aqua in vinum conversia, patriae amori vis inchoatis religiosae domus initiis erepti, cuius corpus in Ecclesia S. Petri in Campanea eiusdem loci quiescit.
È però da avvertire che il quadro sotto cui fu scritta sul muro questa iscrizione non rappresenta altramente il B. Giacomo, ma si il B. Simone Stock, che riceve dalla B. Vergine lo scapolare, come il dimostrano i privilegi di esso ivi allato descritti. Di più, che questa iscrizione è molto recente e posta certo qualche secolo dopo la morte del beato. Però in altro quadro minore il nostro B. Giacomo è rappresentato coll`aureola in atto di venerare la B. Vergine incoronata coll`iscrizione a lato nel quadro stesso: B. IACOBINUS ELEUTERIUS DE LUINO». Questo quadro é lavoro del secolo XVII, come ci viene attestato dalle parole:
loseph Ghiringhellus pinxit Canobio - 1673 - Anche il Bosca lo registra nel suo Martirologio ambrosiano tra i beati alla pag. 356, con queste parole
B. lacobinus Eleutherius ex oppido Lovinii ad Lacum Verbanum ex ordine Carmelitarum.
3 Mi venne riferito da persone degne di fede, che rifacendosi l`anno 1834 il pavimento di questa chiesa davanti ad una cappella laterale fu trovato un sepolcro isolato e poco profondo con entro un cadavere creduto popolarmente il corpo del B. Giacomino, della cui conservazione per altro non fu presa alcuna cura.
4 La chiesa e il monastero furono terminati posteriormente alla sua morte; dal che si scorge, come egli non potesse essere stato sepolto nella chiesa suddetta non ancora compiuta. Consta poi da uno strumento del 6 giugno 1187, che Rolando Vescovo Anteradense suffraganeo e forse coadiutore del Vescovo di Como, Branda Castiglioni,
consacravit ecclesiam S. Mariae de Luvino et altare maius ipsius Ecclesiae etc.
I medesimi scrittori raccontano che Luino fu pei meriti di questo servo di Dio preservato più volte dalla peste, che v`infieriva d`intorno, e da tempeste orribili. Il Vagliano di più (
Rive del Verbano pag. 373) racconta i miracoli dei sassi convertiti in pane e dell`acqua in vino, come si accenna nella suddetta iscrizione: prodigi che altri attribuiscono al
b. Giacobino Canepacio, di cui parlerò tra poco, forse per la confusione che fu fatta dagli scrittori dell`uno coll`altro, se pure essi sieno fondati su documenti sinceri.
5 Tra quelli che confusero insieme questi due beati devono annoverarsi il
Massa e il
Casalis, quello nel
Diario, questo nel
Dizionario citato all`articolo Crevacore. - Chi amasse di essere informato del B. Giacomino Canepario, legga la vita, che ne fu ultimamente pubblicata in Vercelli l`anno 1846 nell`occasione della prima festa solenne celebrata in onore di lui dopo la pontificia ricognizione del suo culto immemorabile pronunciata con decreto del 5 marzo 1845, dal sommo pontefice Gregorio XVI.
6 Ciò appare dall`epigrafe che fu apposta al sepolcro di quello: MCCCCCVIII die III Martii hic iacet B. Fr. Iacobinus de Crepacorio, qui obiit tempore, ut sopra.
7 Questo prezioso documento mi fu procurato dall`amico D. Giovanni Andrea Binda, parroco di S. Pietro di Castello in Valtravaglia, che ho già altrove ricordato, il quale me lo trascrisse dall`archivio comunale di Luino nel luglio del 1855. Credo, che sia prezzo dell`opera pubblicarlo qui per la prima volta.
Die Veneris 21 octobris 1569.
Vocatus Antonius de Gianino, ut senior loci de Luvino, aetatis annorum, ut dixit, CXII, et interrogatus super gratiis receptis precibus fratris lacobi ordinis Carmelitani in Ecclesia S. Petri de Luvino depositi iam per annos CXX vel circa, ad effectum, ut si quod probabile inveniretur, collocaretur in decentiori loco. Respondit:
Io so che erano due frati conversi nel monastero di Luvino dell`ordine Carmelitano, che si chiamavano uno fra Benedetto e l`altro fra Franceschino, i quali io proprio feci dopo la morte sepelire, ch`erano venuti insieme al detto monastero da Melegnano con il Beato fra lacomo da Luvino, come ho sentito dire dai proprii frati, e che il detto fra Iacomo stava in genogione tutta la notte, di maniera che gli vennero li genogi grossi. Et più volte mi hanno detto essi frati che dopo la sua morte moltissimi hanno ricevuto delle grazie et faceva miracoli. Di più io proprio ho visto uno storpiato de uno brazo, che penso si domandasse Giovanni Pedro et andò a S. Pietro a far orazione e ritornò a casa sano et da quel hora poi lavorò, che non lavorava prima. Ho visto anche che messer Pietro parocchiano de Cuvio già moltissimi anni metteva la beretta d`esso frate sopra le donne partorienti e subito partorivano et ne era publica voce et fama anche presso gli altri: la quale beretta si teneva in un panno di seta.
Ho bene inteso e dalli frati detti e da moltissimi della Terra che moltissime persone hanno riceputo delle grazie. Detti frati ancora, che erano alla morte sua mi dissero, che mentre moriva si ritrovarono candele accese a torno, che non si sapeva chi le avesse portate. Et so che la Terra l`ha sempre tenuto per Beato sì per la santa vita che lui menò, si anche per le grazie che si ricevevano per suo mezzo e questo è quello io so.
Interrogatus super causis scientiae, respondit: Io ho dette queste cose, perché ho conosciuto detti frati et quello Gio. Pedro Gornato et me recordo, che fra Benedetto fu morsicato da un cane, e morto. Et est annorum centum duodecim, etc.
- Autore:
- [Vincenzo De Vit]
- A Cura di:
- [Giuseppe Passera]
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