STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Articolisti:
Bonaiti, Ersilio
Titolo Articolo:
L’esposizione d’arte regionale verbanese in Intra [V- 1913]
SottoTitolo Articolo:
Gli scultori Cav. Emilio Bisi – Cav. Giulio Branca – Alessandro Laforèt
Testata ospitante l'articolo:
L`Eco del Verbano. Giornale del Lago Maggiore e dintorni
Data:
1913 ott 13
Progressivo di Edizione:
1913 ott 13
Luoghi di residenza del Giornale:
Arona
Riferimento a Biblioteche:
Novara, Biblioteca Civica Negroni
Note Generali:
L’esposizione d’arte regionale verbanese in Intra
Gli scultori
Cav. Emilio Bisi – Cav. Giulio Branca – Alessandro Laforèt
V.
Sono poche, pochissime anzi le opere di scultura esposte, in compenso sono buone.
Il cav. Emilio Bisi espone tre opere: un marmo un gesso ed un bronzo. Il marmo roseo dal titolo
Un sogno ritraente a metà busto un nudo di giovane donna, è davvero mirabile. Nella giovane dormiente dalle carni morbide, vellutate dal turgido seno, sembra scorrere il sangue giovanilmente focoso. Questo busto non potrebbe essere suggestivo, più elegante, perfetto e maestoso di linea, e modellato con finezza, pure senza cadere nella leccatura. In questo lavoro vi è un insieme sì perfettamente armonico, che vi affascina, e vi sa strappare una parola di vera ammirazione.
E che dire del
Genio, di questo ben nudo di giovane, eccellente come studio anatomico e per vitalità, raffigurante l’arciere carducciano cui fa da bersaglio a strali d’oro il sole d’oro? Non sembra forse una elegante stoccata d’uno schermitore inataccabile?
Ed un piccolo bronzo vi è ancora del Bisi, dal titolo
Nel sacrario. è un piccolo nudo accosciato di donna: nudo pieno di grazia e di vita, ma un po’ manierato.
E quell’egregio scultore che è il cav. Giulio Branca da Cannobio, ha voluto concorrere anch’egli con tre opere, a questa nostra festa di arte. E specialmente con
L’addio del povero spazzacamino, ha saputo conquidere il pubblico tutto.
Nell’opera del Branca vi è un po’ di vecchio nella modellazione, qualche durezza e qualche parte modellata con eccessiva minuziosità. Ma che sono questi piccoli difetti di fronte alla commozione che suscita quest’opera?
Via! quel bimbo che deve allontanarsi dalla madre, e ad essa si aggrappa al collo come un viticchio, tenendovisi col corpo abbandonato; quella madre che ricambia con lo strazio nell’anima l’abbraccio al sangue de suo sangue, alla cane della sua carne, commuove profondamente e fa strappare un grido di ammirazione per l’artefice che danna natura bruta, ha saputo trarre un’opera sì mirabile di sentimento.
E il
David seduto ed appoggiato dolcemente alla cetra, è un nudetto buono di forma e di sentimento, ed il «ritratto della contessa X» è pure buono di forma, ma non parla al cuore.
Ed il mio occhio si posa con compiacimento, sopra tre opere di un ingegno accusante una forza di pensiero ammirabile: di Alessandro Laforèt: un artista di merito indiscusso, e d’una modestia grande.
Sono tre bei bronzi: il bozzetto del monumento al Cigno di Busseto in Trieste: bozzetto assomigliante come ritratto, bello di concezione e di forma, toccato con modernità.
La donnina un bronzo ritraente una bambina nell’atto che sta pulendo un paiolo vi commuove e vi fa sorridere di piacere. È questa un’opera costrutta bene e armonica in tutte le sue parti, piena di sentimento, di vita e di eleganza. Il bronzo riproducente una testa di cane setter rivela pure nel Laforèt un buon animalista; questa testa di cane è morbida, pastosa, e buona di forma.

La mia rassegna è terminata. Domani i battenti del nostro Teatro Sociale si chiuderanno, lasciando negli artisti e nel pubblico dolci rimembranze.
Io sono fermamente convinto che non invano l’iniziatore della bella esposizione, avrà fatto dei sacrifici. Io credo che il pubblico sarà già iniziato verso un’educazione estetica migliore, e gli artisti avranno anch’essi aperti nuovi orizzonti per l’esplicazione nelle loro idealità. E mi è pure di gioia pensare che i soci della «Dante» da noi brevemente ospitati, avranno a quest’ora divulgato in ogni parte d’Italia, che anche tra noi vi sono cuori ed anime di artisti che sentono la vita, l’amore, la bellezza, il dolore, la morte, che si tormentano nel segreto dei loro studi per tradurle sulle tele e nel marmo, e che trovano nell’arte loro un sommo bene, una somma bellezza, uno degli ultimi culmini d’umana dignità.
Ersilio Bonaiti.
A Cura di:
   [Sergio Monferrini]

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