Leggero… come il granito
Si è soliti ritenere che i monumenti eretti nelle pubbliche piazze, nei parchi, sui lungolago, nelle zone impervie di montagna a testimonianza di eventi passati, siano inamovibili e restino, proprio a causa della loro mole e pesantezza, al proprio posto per i secoli.
Non è così. Spesso, memoriali dal peso cospicuo hanno subito traslochi, talvolta ripetuti, finendo perfino dimenticati o distrutti a causa delle mutate condizioni politiche, religiose, culturali, sociali, o più semplicemente perché la loro stessa mole era di ingombro in una certa epoca, laddove solo qualche lustro prima essi erano tranquillo e indubitato punto di riferimento.
Così, senza scomodare il ”trasloco” subito da San Carlo Borromeo a fine Settecento dal Cordusio a piazza Santa Maria Podone a Milano, la memoria va allo spostamento del memoriale al milite che campeggiava, nudo e avvolto nella bandiera, un poco irriverentemente rivolgendo le terga alla Svizzera e alla chiesa della Pietà, a Cannobio: ora è stato ”esiliato” in un parco alla periferia del paese.
A Germignaga la statua in memoria dei caduti delle grandi guerre, dopo aver divertito per anni gli abitanti che si sbizzarrirono a soprannominarla sarcasticamente, ha traslocato di soli cento metri, in una aiuola un poco appartata (ma al precedente monumento andò peggio: si sciolse più lontano in un altoforno, sacrificato alle esigenze di recuperare il metallo per impieghi di guerra); per una crocetta devozionale che cedeva il posto al monumento a Garibaldi (a Luino), finendo dalla crivelliana piazza a lago, al cimitero, un’altra finiva dal centro del cimitero nel mezzo del Parco delle Rimembranze (Germignaga);
lo stesso monumento a Garibaldi, che aveva dato origine a una scommessa, per esser stato innalzato all`Eroe dei due Mondi ancor vivo, puntava la spada un tempo indicando il luogo dove scontrarsi con le truppe austriache; fu spostato per esigenze di viabilità... e sembra indicare ora, in punta di sciabola, il più vicino bar. Non andò meglio al suo sovrano, Vittorio Emanuele II: il cui monumento, a Intra, ”passeggiava” pochi anni or sono in un continuo andirivieni da depositi e parchi pubblici. Ma è forse a Laveno che si saggia con mano il grave peso dei monumentali traslochi: la tozza stele bugnata che ora sta nel fortino austriaco a ricordare la battaglia del 1859, era collocata qualche decennio fa davanti al vecchio Palazzo di Città e al caffè bottiglieria Milano di Luigi Gentina, in quella che era chiamata piazza Indipendenza.
C’è da scommetterci che gli unici ad essere poco felici furono i buoi e gli operai, obbligati a chissà quali sforzi e fatiche per spostare quei colossi di marmo, pietra, bronzo o granito.