STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Denominazione:
Verbania, loc. Pallanza
Breve Abstract:
Chiesa Collegiata di S. Leonardo
Abstract:
Traiamo dall`edizione 1929 dell`annuario diocesano Novara Sacra l`utile, e pur aggiornabile scheda sul monumento in oggetto.
Ovviamente, come già per altri testi, molto si può aggiungere e modificare, ma queste poche righe possono servire da base per i futuri studi che di questo monumento verbanese si compiranno nelle pagine del sito del MSV.




«E’ dedicata a San Leonardo, eremita di Limoges in Francia, vissuto tra la fine del sec. V e la metà del VI. In Italia le chiese dedicate al Santo Eremita che fu battezzato da San Remigio ed ebbe a padrino Re Clodoveo sono più assai che non si creda: ve ne sono nel Veneto e in Venezia, nel Pavese, nella Romagna, nel Napoletano e anche in Sicilia. Il rev. don Davide Pavesi, parroco di San Leonardo in quel di Pavia, che scrisse con grande amore e profonda accuratezza del suo e nostro Patrono, attribuisce la propagazione del culto di san Leonardo in Italia ai pellegrini francesi che si recavano a Roma, o vi venivano per imbarcarsi per Terra Santa.-Come sia giunto a Pallanza nessuna memoria lo dice. La primissima chiesa di San Leonardo non era che un modesto oratorio eretto ad uso del castello che i Signori avevano costruito in riva al lago, e più lontana notizia di essa è in un atto del 19 giugno 1927 [sic!] rogato Alberto Troppia notaio, nel quale si accenna ad un pagamento fatto pro Prebenda S. Leonardo: occupava l’area dell’attuale presbiterio e la parte ancor oggi più elevata della collegiata. Dinnanzi era il camposanto che si doveva attraversare, secondo l0uso durato fino al principio XIX, per entrare in chiesa.
Nel 1520 si posero le fondamenta di quella magnifica torre delle campane che è ancor oggi una delle migliori del Verbano. Sulla base del campanile si legge: Dicatum Summo Deo, Almae Virgini, Divisque Ioanni Baptistae et Leonardo, Initiumque Anno 1520 die 10 Martii sub Rev. Domino Francisco Moriggia Rectore Aedis hunius. Non si tratta dunque di una torre dei Barbavara, ma di un vero campanile costruito con tale preciso scopo, sia pure con materiale del vecchio castello cadente. La parte superiore della torre fu compiuta nel 1689 su disegno del Pellegrini, come risulta da un’iscrizione scolpita sull’arco superiore della cella campanaria.
La torre è alta m. 65 e vi si sale mediante comodissima scala interna di 170 gradini. Le campane sono otto: sei risalgono al 1801, le due più piccole furono aggiunte nel 1925. In questo medesimo anno il Comune di Pallanza sostituì il vecchio e tarlato castello campanario di legno coll’attuale in ferro, elegante e solidissimo.
Ma la costruzione della gigantesca torre faceva sfigurare il piccolo San Leonardo, che d’altra parte non era più sufficiente a contenere la popolazione di molto aumentata. E 15 anni dopo l’erezione del campanile i Pallanzesi, distrutto l’antico oratorio, iniziarono la fabbrica della chiesa attuale. Una modesta iscrizione che trovasi nella cappella di San Carlo ricorda l’avvenimento: Origo templi 27 lulii 1535.- E una lapide in marmo ricorda la consacrazione fatta dal vescovo Speciano [Cesare], il 2 agosto 1590: la festa della dedicazione rimase fissata alla prima domenica di agosto.
Il disegno non può essere del Pellegrini, come vogliono alcuni: nel 1535 egli era giovinetto di 13 anni; ma l’esser stato a lui attribuita è chiara prova del suo valore artistico.
L’interno, chiamato dal Bescapè [Bascapè] elegans opus, è d’architettura d’ordine toscano ed è composto di tre navate a volta, sostenute da colonne di granito rosso. Cinque sono gli altari, dei quali quattro di marmo ed uno, l’altare maggiore, di legno dorato ed ornato da intagli allegorici di fine ed accurata fattura. La chiesa fu restaurata ab imis nel 1890 con la spesa di circa quattromila lire e fu riconsacrata da mons. Davide Riccardi il 25 aprile 1891: una lapide murata nella chiesa stessa sia a ricordare il fausto avvenimento. Ma dopo 38 anni dai restauri, tutta la decorazione appare sbiadita, mentre la filtrazione dell’acqua dal tetto e dalla parete del campanile, che fa anche da parete della chiesa, ha gravemente guastato gli stucchi, gli ornati e anche alcuni quadri; larghe macchie di umidità e di salnitro deturpano le due navate laterali, la cupola di san Carlo e della Beata Caterina e l’abside della collegiata. Occorre riparare e rinnovare, ed è questo il fermo proposito della Veneranda Fabb5rica. In questo stesso anno. –1928- il Comune ha rimesso in ordine a proprie spese, tutto il tetto: era questo il primo passo essenziale e l’on. Sig. Podestà lo compì con alto senso di amore religioso e civico. Or conviene proseguire ai necessari restauri interni e siamo certi che i Pallanzesi odierni emuleranno in generosità verso il loro massimo Tempio i fratelli del 1890 e quelli di tutti i secoli passati.
Opere d’arte preziose sono: un Nazzareno di Andrea del Sarto; un gruppo di Angeli dell’Albani che fa da corona al quadro miracoloso di San Carlo; una Assunzione di Scuola Veneziana, dipinta nel 1644; un San Girolamo del Battaccino, dipinto nel 1699; una Maddalena e una Sacra Famiglia credute copie del Murillo; un Mosè che batte la roccia facendo scaturire l’acqua del Pussin. Pregevoli sono pure le quattro tele ai lati dell’altar maggiore, che fanno pensare alla maniera di Paolo Veronese.
Vero capolavoro è il pulpito di legno intagliato con statuette a tutto rilievo, mascheroni e ornati: risale al 1600. Dello stesso stile sono il coro e l’armadio che trovasi in sacrestia. Tra gli arredi son preziosi: un reliquiario a forma di croce di ebano e argento; un ostensorio d’argento massiccio adorno di pietre preziose, dono della marchesa Dugnani-Viani; quattro busti di vescovi in lastre d’argento battuto donati dai Pallanzesi G. B. Bianchini, D. R. Innocenti, G. Fontana, G. Viani; ed una tappezzeria in damasco cremisi di seta per tutte le pareti e le colonne della collegiata, donata dai conti Franci.
Il quadro miracoloso.- E’ già stato accennato al quadro miracoloso di San Carlo. Ecco di che si tratta. La sera del 17 dicembre 1630 in Casa Cadorna fu osservato che “un piccolo quadro (di un brazzo in quadratura), rappresentante San Carlo Borromeo posto colle mani giunte davanti ad un Crocifisso, sudava, ossia si bagnava di tante gocce come grosso sudore in tutta la faccia, le quali cadevano sul retro della figura, e specialmente dagli occhi cadevano sull’immagine grosse lacrime”. Il fatto destò profonda impressione tra i membri della famiglia Cadorna, i quali portarono il quadretto ai RR. Padri Cappuccini. E là presso i Padri, in presenza di molta gente accorsa, il prodigio si ripeté “asiugandosi più volte il quadretto da un frate sacerdote”. Questo frate era P. Fermo da Conturbia di Pieve Incino e asciugò il quadro di San Carlo in presenza del Padre Guardiano, del Padre Gervasio di Sant’Angelo, del Padre Valerio di Pallanza e del Padre Ambrogio di Novara. Istituitosi regolare processo, per ordine del vescovo di Novara mons. Pietro Volpi, furono interrogate tutte le persone presenti al fatto, il podestà e il sindaco del Borgo: il pittore Antonio Martinoli da Vezzo depose con giuramento che il quadro era dipinto con buoni e puri colori, escluso qualunque ingrediente chimico capace di ingannare; don Ottaviano Viano, perito e pubblico estimatore degli edifici del comune, esaminò i muri di Casa Cadorna e depose con giuramento essere essi perfettamente asciutti. Dopo di che il M. R. D. Giovanni Francesco Viano, dottore in diritto civile, canonico prevosto di San Leonardo, portò il quadro prodigioso in collegiata, ove ancora si trova. I pannilini che servirono ad asciugare la sacra immagine, composti in ricco reliquiario, sono piamente conservati in Casa Cadorna. Il quadro di San Carlo, che il tempo e l’umidità della chiesa deteriorarono gravemente, è stato affidato in questi ultimi mesi alle cure del prof. Alfredo Pariani».



Fonti bibliografiche:
Testo tratto da: NOVARA SACRA, Annuario Diocesano, 1929, pp. 232-236.
A Cura di:
   [Valerio Cirio]

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