All’ora quel deserto vicino all’acque verbane altro non avea in se, che sassi orribili. Quell’antro in cui sempre soggiornò Alberto dall’anno 1319 fin che visse, non avea sopra, che boscaglie spinose, sterpi, e bronchi, come anch’oggi vedesi luogo a luogo con orrore, ed ammirazione; ma volendo il Signor Dio render famoso quel sito, destinato al penitente per isteccato de’ suoi combattimenti contro a tre comuni nemici. In tempo, che infuriando la peste contra gli abitanti delle Riviere del Lago, dispose, che alcuni riducendosi alla memoria, che ivi a quel Santo Romito, i Popoli di Palanza, e Sunna determinarono di portarsi a quella spiaggia, salir su l’alto, che lì vede, e chieder grazia a Dio per mezzo di sue sante preghiere, come appunto seguì, e ritrovatolo, tanto lo pregarono, che promise loro l’opera sua, prima umiliatosi a dir loro, ch’egli più d’ogn’altro uomo mortale, come il maggior peccatore, che vivesse, molto maggior bisogno aveva d’esser raccomandato alle divine misericordie; pure per esercitar la carità, che tanto piace a Dio, avrebbe per loro fatto orazione, ritornassero fra otto giorni, sperava di poterli avvisare di quanto volesse da loro S.D.M.
Prontamente eseguirono quei terrieri l’ordine del penitente anacoreta, in quello spazio con penitenze ed orazioni continue, raccomanandosi a Dio, mentre vedevansi su gli occhi ogni momento cader avanti estinti i loro parenti più prossimi, ed amici morti dall’epidemico morbo; si che i figli restavano orfani, le spose vedove, ed i Padri soli senza figli. Tutto era pianto, tutto lugubre spettacolo,e per ogni sentiero incontro di funerali.
Giunto il tempo destinato al ritorno, riportaronsi a quel deserto, ed ebbero in risposta dall’uomo di Dio, che sperava la grazia fatta all’intercessione di Santa Cattarina, ma che dovea esser adempiuto con voto quanto era per dire; e fu, che memoria grata del beneficio, subito ergessero in quel sito una Capella, nella forma di quella, che rattiene nell’Arabia sul Monte Sinai il Corpo della Santa Protettrice, ne dubitassero della forma, o pianta, per esser quella in sì lungo tratto a loro d’incognito paese totalmente ignota, perché altresì sperava dal Cielo tanto lume di farla vedere il disegno. In tanto si riportassero a casa, e poi tornassero. Ubbidirono ritornando alle loro terre, e trovarono cessato il morbo, e che più alcuno non periva. Di nuovo orò il Santo Anacoreta per saper come fosse quel luogo santificato dal Tesoro, che in se teneva, così lontano da’ nostri Paesì, ed una mattina uscendo dalla sua grotta, vide disegnato il sito della nuova fabbrica, segnato parte per parte con certe pietrucce rosse, dove poi grati al ricevuto beneficio que’ popoli supplicanti, accorsero a fabbricar quella angusta capelletta, ch’ora sul fine del Tempio di Santa Cattarina si vede, ove sta in deposito il Corpo del Beato Alberto in Urna dorata co’ fregi di molto rilievo, ed a spese proprie del Molto Rever. P. Maestro Fr. Angelo Meda, moderno priore, e vicario del monistero, ove ogni dì si riconoscono continui miracoli, e stupendi prodigi con concorro de’ convicini popoli, e come più ampiamente fu da me descritto, e narrato nella Vita d’esso Beato Alberto già posta alle stampe.
Dopo poi, che passò al Cielo il Beato, in altra simile disgrazia di morbo contaggioso, con altro voto, fu alzata l’ampia Chìesa, dedicata a Santa Cattarina, come si vede.
Questo luogo perciò è famoso per li meriti della Santa Vergine, e Martire, e del Beato Anacoreta, per li quali si dispensano da Dio grazie segnalatissime a’ Fedeli. Ivi anticamente risedevano i Padri di S. Domenico, poi furono dalla Santa Sede surrogati i Padri Ambrosiani, ed ora vi risiedono i Padri Carmelitani della Congregazione di Mantova.