Visitati alcuni suoi di nuovo acquistati poderi, di là dal Lago Verbano su le Riviere del Vergante, ove s’era portato Alberto, e risalito su picciola barchetta per ritornar a sua casa, dovendo così ripassar quell’acque, che innumerabili fiate gli eran state amiche,osserva Lettore, ed istupisci: Dio amorosamente carezzandolo il pone in braccio alla morte, del tempo, che lo salva dall’eterna.
Erano il Ciel sereno, l’acque tranquille, e l’aure dolci scherzavano in grembo a’ zefiri; quando alzandosi neri turbini fuor de’ monti, che fan corona al maggior Lago d’Italia, s’oppongono a’ rai del Sole, e’l chiaro di mezzodì si cangia in tenebre d’oscura notte, s’inquieta il placido suolo, prima fatto dalle calme cristallo, l’onda s’increspa, l’acque, e l’aria da masnadieri foletti cacciata a volo, seco porta quanto ritrova. Quindi in pochi momenti si vide alzato quel liquido elemento alle stelle, fatte gonfie in modo l’acque spumanti, che giurava n guerra all’ultimo Cielo dall’ira fatto nero. I venti sfrenati, lasciato l’antro d’Eolo, combattendo per li campi dell’aria momentaneo lume de’ lampi, con tremendo fragore scoppiando tuoni, questi servivano di timpani, ed oricalchi ad accrescer la battaglia. Incontrandosi i noti, gli euri, e gli aquiloni, or l’uno urtava, or l’altro fuggìa, altri temerari cozzando così agitavan l’onde, che ne formavan vortici all’acheronte; onde il Lago fieramente percosso da sì gonfi flutti, si vide di rabbia, diseccate le bianche spume, d’esse far fuoco. Nel mezzo di questo orribil campo stava il sottil legno, che impaurito, e semivivo gia il misero colpevole, il quale non più dormiva nelle sue laidezze, ma ben desto, chiamate a consiglio tutte le potenze, l’imminente disgrazia gli aprì l’intelletto, e lo fe’ revveduto dell’errore, che che catenato lo riducea al baratro di sue eterne rovine.
Il timoniero, lacerato il fianco dall’impetodell’onde, pur si tenea, i remiganti fatti d’animo gigante, rompevano gli orgoglidi flutti, ma vincendo la forza dell’onde prepotenti, alle furie volanti cedendo, si videro rubati i remi, e disarmati nel tempo stesso, che contro infuriavan i venti onde già squarciata la vela, rotta l’antenna, fatto in ischeggia l’arboscello, perduto il timone, sdrusciti i fianchi alla miserabil barchetta, fatto eolo stesso indiscreto piloto, ella dall’infuriato elemento qua, e là venìa agitata.
In fine da forza orribilmente impetuosa di vento cacciato dal Cielo, entrato sotto l’acque tempestose, che portavan l’infelice battello, fu egli sossopra sconvolto, ed all’or perduti i naviganti, sepolti in valli profonde, formate dall’acque, solo ad Alberto fu propizia la fortuna d’amica sorte, che lo fe’ tener saldo con la destra un braccio del rovesciato legno, e fatto animoso dal voler di Dio, salì sul fondo d’esso, sempre saldo tenendo con ambe le mani quella tavola, che gli facea sperare, ma non assicurava la vita; ma l’onde fatte montagne, l’una sempre più l’altra incalzando, or il misero naufrago li vedea immerso in profondi abissi d’acque frementi, or su le cime d’esse con orribile spavento inalzato vicino alle stelle, forzato d’indi al tracollo in breve momento di precipitosa caduta; all’ora vide l’infelice aperto l’Inferno, e colà giù il meritato luogo, mentre profundata quella sconvolta navicella ne’ valloni formati dall’onde, osservò ne’ ghiacci, nelle fiamme, ne’ fuochi ardenti i tormenti strani, i demonj pronti a legarlo a quel caucaso eterno di dolori, che mente umana non può compiutamente penetrare.