Lasciate le Riviere di S. Bernardino si vede in breve distanza una punta di sassosa rupe, che stendendosi alquanto nel Lago, copre Pallanza, sopra il cui sasso, mirasi elevato certo Tempio ora dedicato al Vescovo S. Remigio, anticamente fabbricato per ivi adorar un Idolo, sognato Padrone di que’ antichissimi Popoli allìora Gentili. Passandosi poscia al nominato promontorio, a mano diritta si mira Pallanza, guardata dal Mezzodì, Borgo ricolmo di Nobiltà, e di ricchezze, fregi sì qualificati, che lo rendono riguardevole.
Tre volte dicesi sia stata edificata Pallanza. La prima, come da Cronica antica presso il fu Sig. Gio. Pietro Biumo dottissimo Antiquario, e Dottor Collegiato di Milano, si ha, che Pallanza fosse edificata da un Troiano nominato Pallanza, che l’eresse in Città dicendo: Alter dictus est Pallanzus, qui Civitatem fundavit quam ex suo nomine Pallanzum appellavit; e la stessa scrittura nomina altri, che dal loro nome diedero l’essere ad altre Città, come Anglo alla Città d’Angera, e molti altri Troiani così fecero ad altre Città, ch’edificarono. Così Tolomeo nelle sue Istorie. E tutto ciò nota quella scrittura, che seguisse mille, e cento anni, o circa prima la nascita di Cristo Signor Nostro.
La seconda erezione, come riferiscono l’Istorie Romane, e Tolomeo asserisce, che fosse riedificata dopo la distruzione della prima, poco avanti il tempo degli Appostoli da Pallante, il quale con Narciso ambo Liberti di Claudio Cesare Imperadore, dopo aver essi amministrato l’Impero, e raunate ricchezze, morto Claudio, paurosi d’incontro, partirono da Roma, e venendo ad abitar ne’ siti, che descriviamo, Pallante determinò di riedificarvi una Città, chiamandola pure Pallanza. Dopo la cui erezione ritornando a Roma i due amici, invitati da Agrippina madre del nuovo Imperadore, ed intrinseca amica de’ medesimi Pallante e Narciso, allettati da nuove speranze di guidar a loro voglia il nuovo Impero, traditi dalla fallace aspettazione, imperando il Giovine Nerone, furono d’ordine del crudelissimo Tiranno ambo ammazzati.
La prima volta dunque fu inalzata Pallanza vicino al Colle detto Castagnuola, ove quegl’Idolatri eressero l’antichissimo nominato Tempio in onore d’un Idolo, e poco discosto su d’un alto più elevato, s’osservano le vestigia di rovinato Castello, e d’altri edifizj, ch’or si chiama Castellazzo. Discendendo poi da detto Colle, si vedeno le fondamenta d’antiche abitazioni, ove fu la prima erezione di Pallanza, nel qual sito ora sta la chiesa di S. Bartolomeo Apostolo, e quella fu la prima abitazione del Borgo.
La seconda volta cominciò vicino al primo continente già distrutto, e poi discesero con gli edifizj sino al piede d’esso Colle, il quale anticamente fu cinto di mura chiuse d’alcune porte, delle quali ancor si vedono le vestigia, e questa riedificazione, dicono si facesse dal mentovato Pallante, ciò confermandosi dalle memorie, che hanno scolpite in due lastre di bianco marmo, nelle quali si vedeno alcune figure di basso rilievo con caratteri majuscoli al costume romano, ritrovate nella chiesa di S. Stefano, mentre si ristorava la capella Maggiore; porgendo questa Iscrizione chiaro lume, che fosse fabbricato detto Tempio dal sudetto Narciso in onore d’Agrippina, moglie d’esso Claudio Imperadore, a cui detto Narciso sagrificò una vittima, intesa la morte d’essa, mentre si trovava col suo amico Pallante in detto luogo, ben sapendosi, ch’egli su quello, che operò in modo, dopo la morte di Messalina, che seguisse il matrimonio di Claudio con Agrippina, come riferisce Svetonio, e chiaramente si sa, che quell’Imperadore ebbe sei moglj, e sempre fu sventurato ne’ suoi Imenei. Sei volte dunque replicò questi nodi. La prima si sposò ad Emilia Lepida, Pronepote d’Augusto, Livia Medulina fu la seconda; quella ripudiò, questa gli fu rapita dalla morte il giorno stesso delle Nozze. Passò a’ terzi talami con Plauzia Urgulanilla, d’indi con Alia Pettina, e da entrambe fe’ divorzio. Con una per leggieri offese, con l’altra per libidini, e per sospetto d’esser ucciso. Dopo queste sposò Valeria Messalina, in fine si maritò con Agrippina madre di Nerone, dalla quale, come dicono gl’Istorici, fu auvelenato con un fungo. Perciò è credibile, che questo Tempio fosse fabbricato in onore di queste due Donne ultime, parziali Amiche de’ nominati Liberti, leggendosi da’ caratteri incisi
Questi furono al tempo degli Apostoli, ed ambi furono decapitati per ordine di Nerone; perché il vizio quanto più l’uomo rubelle inalza, tanto più rovinoso lo fa precipitare. Nel 1601 fu ritrovata questa lapida, per tanti secoli sepolta, la quale accresce onore, e gloria al Borgo, sostenuto, ed ampliato da Dio per lo corso di tante olimpiadi, anzi di più tant’è colto di presente, che si vede pareggiato alle più illustri Dominazioni del Lago Verbano, tanto più, che redenti dal Fisco Comitale, vivono immediatamente soggetti alla sempre grande Monarchia del Re Nostro Signore delle Spagne, che vi manda ogni biennio a regolar quelle genti un Regio Podestà.
La Terza volta, che si riedificò Pallanza, s’accrebbero le fabbriche stese in lungo alle rive del Lago, come ora di vedono, eciò fu nel tempo, che Otto IV Imperadore donò Feudo il Castello S. Angelo a Signori Barbavara, posto in certa Isoletta poco distante, ampliato poscia da fabbriche da’ detti Signori, correndo all’ora l’anno novecento ottantaquattro dopo il Mondo redento.
Nel principio delle abitazioni su le rive di questo Borgo verso Levate ancor si vede con ammirazione trionfo de’ Secoli un elevato Torricchione, cinto di forti mura, che prepotente resiste agli urti terribili del tempo, che tutto rode, ed atterra; osservandosi parte per parte ancor intera detta Torre, benché dalla trascuraggine degli uomini non mai ristorata, su le cime, poco si sia lasciata svellere, e cadere; ad ogni modo si riflette, che chi eresse sì forte machina, mostrò spirito generoso, inalzata per resistere alle forze Navali, che tentavano saccheggi; onde in dette Torri alzando fuochi da sito a sito per le rive del Lago, porgevano auviso d’accorrere alla difesa de’ luoghi infestati da’ Tiranni nemici.
Questo Borgo ha verso Settentrione spaziose campagne sommamente fruttifere. Nel mezzo d’esse si vede eretto un alto Tempio fregiato di molti colonnati al di fuori, nominato la Madonna di Campagna, di gran divozione, prima chiamata la Madonna delle Grazie: in questo Tempio si conservano pitture preziose, fregi d’oro, ed ornamenti vaghi; presso cui, v’è un Seminario d’alcuni Chierici, gorvernato da’ Ministri di Monsig. Vescovo di Novara, come di sua Diocesi.
Alle falde di detta Campagna s’inalza il Monte Rosso, famoso per le vigne, oliveti, ed altri frutti, bagnandole i piedi un rigagno dell’acque del Fiume Toce, ed a capo di questi siti si vedono spaziose praterie con verdi pascoli, co’ quali sempre più abbonda il Paese d’ogni bene.
Due Mercati a vicenda, ogni Sabato, facco illustri questi Borghi di Pallanza, e d’Intra per lo concorso de’ Popoli, che d’ogn’intorno accorrono per vendere, e comprare d’ogni spezie di mercanzie; ma questi sopra tutto sono l’emporio de’ grani, co’ quali su mantengono non solo le genti di tutto il Verbano, ma eziandio quelle, che vivono sopra i monti vicini; la maggior copia però, con facoltà de’ Maestrati si dispensa a gli Signori Svizzeri di qua da’ monti.
Le fabbriche poi nobili, che rendono insigne il Borgo di Pallanza, le Chiese magnifiche, le Piazze, e gli altri ornamenti, da loro medesimi mostrano quanto sia grande il di lui Corpo. Ha il Medico salariato dal pubblico, uno Scolastico, un Ospitale per li Peregrini, e molte comodità per li poveri Infermi, formando questo continente dugento cinquanta fuochi, o circa.
Come si levassero dall’ubbidienza Feudale i Nobili di detto Borgo, pubblica scrittura autentica ne porta il rogito nell’ultimo dì del mese Gennajo del 1467. con lo sborso di molt’oro fatto alla Serenissima Donna Bianca Maria Visconti Sforza, ed a Galeazzo Maria suo figlio Duchi di Milano, non ostante la vendita d’esso Feudo, fatta prima da essi Signori Duchi a’ Signori Conti Giovanni, e Vitaliano fratelli Borromei, da’ quali ebbero la retrovendita, e poscia seguì la nuova vendita alla Comunità di Pallanza, accettata da’ Sindici di detto Borgo, che furono li Spettabili Signori Don Nicolao Regna, e Giovannino Viano, Gentiluomini nativi d’esso Borgo, come da’ Codici autentici, che si conservano nell’Archivio della detta Comunità.
Questo Borgo ha per Chiesa Patronale l’Insigne Collegiata di S. Leonardo, la governano, dopo l’Ordinario, il Sig. Proposto, e dieci Canonici.
Il Tempio è di vaga architettura dorica, consistente in tre navi volteggiate, sostenute da alte colonne di marmo, incrostata di fuori da pietre quadrate con varj fregi, che la nobilitano. Ha un sontuoso Tabernacolo.
Il Campanile di questa Collegiata è nobilissimo, contesto di pietre quadrate, sua larghezza è di braccia cinquantaquattro, altezza di braccia settanta.
V’è la Chiesa di Santa Cattarina, altre volte Propositura de’ Padri Umiliati, e nel vico di detto Borgo quella di S. Stefano.
Sul colle di Castagnola quella di S. Bartolomeo Appostolo, come su la cima della rupe quella di S. Remigio.
Vi sono ancora la già nominata Madonna di Campagna, e S. Anna.
Tra il sudetto Borgo, e Sunna v’è il Convento molto comodo de’ Padri Capuccini di Pallanza.
Nell’Isoletta poi di S. Angelo contigua a Pallanza, e di sua giurisdizione v’è la Chiesa di S. Gio. Battista, la quale anticamente serviva di Parochiale al detto Borgo, tutte Chiese ben tenute, dotate di molte erezioni di Benefizj, Argenterie, e preziose Suppellettili.
Quanto poi alle antiche Famiglie Nobili d’esso Borgo, che anche oggidì trionfano nelle successioni, favorite da Dio per li loro costumi.
Il primo luogo tiene tra esse quella de’ Signori Barbavari, ora tutti Patrizj di Milano, che per antichità, e dominio, non ha chi la pareggi, mentre scorsero più di seicento anni, che il detto Borgo fu dato in Feudo con Titolo di Contea da Otto IV. Imperadore a questa Famiglia; onde ne furono veri Signori, come affermano il Corio, il Bossio, e ’l Padre Leandro Alberti, e di presente ancora tengono Dominj, e Decime sovra il Fiume Toce, con le ragioni di far pesche, Dazj, e Porti sovra esso. Acquisti di Giacopo, e Giorgio fratelli Barbavari; e furono Padroni del Castello di Pallanza a nome anche di Guido loro Nipote fino dell’anno 1311. 25. Ottobre. Concessione, ed acquisto confermati dall’Arcivescovo Giovanni Visconte ad essi Signori con titolo di Nobili l’anno 1332. 13. Giugno, e successivamente furono raffermate dette ragioni di tempo in tempo fino all’anno 1589, che nuovamente si confermarono al Nobile Dottore Fisico Collegiato Sig. Bartolomeo a nome proprio, e degli altri Signori Barbavari dello stesso Ceppo.
Li Signori Morigi passano piu di cinquecento anni, che portano descritti i loro illustri natali in detto Borgo.
Da questo Ceppo uscirono Feudatarj, Dottori, e Capitani valorosi, come di presente vivono Leggisti, e Medici laureati in Università Regie, e dal medesimo nacque la Beata Cattarina da Pallanza, Fondatrice del Monastero della Madonna del Monte sopra Varese, la cui Vita, virtù, e miracoli sono descritti in particolar volume dal P. Paolo Morigia Istoriografo Monaco Gesuato.
Questa Casa vien diramata in più luoghi, tra quali nel predetto Borgo con ogni agio, e pace vivono il Sig. Dottore d’ambe le leggi Gio. Maria, e Signori suoi Zii. Questo Signore per suo diporto, e per fregio de’ proprj talenti sta sempre impiegato nelle Preture Biennali, nelle quali si come sempre più illustre il suo nome,
tradendo unicuique suum, così si mostra giusto nel difendere i prossimi dalla tirannia delle inique passioni.
La Famiglia de’ Signori Viani è antichissima, da cui uscirono uomini valorosi in armi, e lettere, ed ancor oggi vivono i Signori Michel Angelo, e Guido Padre, e figlio Viani Feudatarj di Sunna, e Rovegero.
V’è la Famiglia de’ Signori Innocenti, che sempre fiorì tra gli onori della Toga, come sempre furon plausibile le dottrine allegate con tanto sale dal fu Sig. Dottore Bernardino, Zio del Sig. Dottor Giulio, ora celebre Auvocato nella Città di Milano, ed il Sig. Dottor Bernardino suo fratello.
Scrittura autentica antica da me diligentemente letta, ed osservata, porta gran lume, che Pedale dell’antico Ceppo Viano, nobile di questo Borgo, fosse un tal Viviano Maguntino, che portatosi del 1033 a Locarno per vedere due suoi fratelli, chiamati Landolfo, ed Aurelio, ivi trattenendosi s’accasasse, e morisse, congiunto prima in matrimonio con una Signora di Pallanza, da cui ebbe un figlio, al quale pose nome Viviano, e da quello derivasse la numerosa successione, che anch’oggi, grazie a Dio, trionfa di tanti Secoli.
Comprovano l’antichità degli Ascendenti del Ceppo, da cui derivarono li Signori Gio. Antonio, il fu Sig. Dottore Carlo Ottaviano, il fu Sig. Gio. Giacomo, e Sig. Giuseppe Maria Viani, tre Lapide, che si ritrovano, due nella Collegiata di detto Borgo, e l’altra nella Casa del Sig. Capitano Lodovico Viani.
Nella Famiglia Franzi vi sono molti Religiosi viventi, ed in Milano esercita suoi profondi talenti il Signor Dottor Fisico Gio. Battista Franzi.
Oltre le nominate, v’è la Famiglia Appiana, la Bianchina, Baliona, Rufina, Ferramusca, Bertarella, Pizolia, Cadolina, Caccianina, Aridona, Pallanzena, Arlina, Isolana, Cagornia, e Varrona, le di cui opere illustri sono molto lodate dagl’Istorici antichi, e moderni.
Questo Borgo ebbe in ogni tempo Mercanti ricchissimi, tra quali un tal Bertolotto, ch’essendo in Milano, e lasciandosi uscir di bocca aver modo di coprir gran parte del Lago Maggiore di panno chermesino, ciò risaputosi dal Duca, fattolo chiamare, lo pregò ad inalzar a proprie spese uno de’ due Torreoni incrostati di marmo, ch’ora si vedono nel Castello di Giove della Città di Milano; quindi con animo generoso il buon Mercante fu pronto esecutore della preghiera, ed inalzò coll’oro proprio quel Torreone, che guarda verso Porta Vercellina, chiamandolo il Pallanzotto.
- A Cura di:
- [Fabio Copiatti]
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