Dopo l’Italia del P. Leandro Alberti, il Macaneo, il P. Paolo Morigia, e Lazaro Agostino Cotta d’Ameno, tramutatosi in Stazio Trogo Catalano, eccomi in scena a portar all’amorevole Lettore uno schizzo su la tavola di Cebete imitatore di monsignor Agostino Mascardi con la descrizione de’ Paesi, e loro abitanti, a’ quali rende ossequioso tributo il chiaro, il nobile, il grande più d’ogn’altro lago il Verbano. Ho voluto pigliarmi soddisfazione di tessere questa lunga narrazione di cose diverse, cioè ragionevoli, irragionevoli, vegetabili, ed elementari, con periodi volgari, acciò gli abitanti tutti di questo salubre clima possano soddisfarsi nel legger le cose loro, e de’ loro antenati. Ho tenuto la via di mezzo nello stile, accomodando la materia, di che si tratta, all’intelligenza universale. So benissimo, che si può dir meglio, e con stile più sostenuto, e vago, ma se leggerai il citato Mascardi, ti dirà che nell’esporre l’istoria, non devi curarti di tanti lisci, o belletti, procurando con maggior diligenza e studio d’aver la verità per farla conoscere a’ leggitori con polizia di periodo, ch’abbia del nobile, non però scostandosi dal natural discorso. Così io ho procurato l’ubbidienza in pratica a questo sì savio precetto. Che importa l’andar su trampani, e così alto girare, che pochi distinguano il mio individuo. Ho caro, che camminando sul suolo, tutti mi vedano, m’osservino, e mi conoscano per servitore divoto, ed amorevole; perciò in questa Istoria, come in tutte le altre mie composizioni, dico bene di tutti, male di nissuno.
Nell’esposizione delle familie nobili, ho procurato quant’ho potuto di dar prove sufficienti dell’origine e successione de’ casati, come osservarai. Per mostrarti i continenti di queste riviere, non ho mancato, né a gravi incomodi nell’età mia inoltrata sopra settantaquattro anni, né a spese, né a fatiche, sendomi portato personalmente in ogni luogo per intendere, vedere, ed osservare quanto ha saputo la mia debolezza, come nel leggere, potrai avvederti. Se dunque troverai cosa secondo il tuo buon gusto, danne gloria a Dio, che ne fu il datore, e se osserverai difettosi trascorsi, non ho dubbio, che la tua benignità saprà compatirle.