Fu il primo vescovo di Massa di Carrara. Nacque di Francesco e di Francesca Branca in Cannobio l’anno 1765. Chiamato in età ancor giovanile allo stato ecclesiastico, ricevette la sua prima educazione nei seminarii di S. Carlo e la compì in quello generale di Pavia, dove anche ebbe la laurea in Teologia e in Diritto canonico.
Fatto sacedote desideroso di consacrare la sua opera al bene spirituale delle anime diede tosto il suo nome alla Congregazione degli Oblati in Milano, i quali a principio lo destinarono ad insegnare Grammatica nel Collegio di Gorla, ma ben presto, conosciute le sue doti di mente e di cuore, fu dall`Arcivescovo Filippo Visconti eletto nella fresca età di 25 anni vicario e provveditore nelle valli Leventina, Blenio e Riviera, soggette alla giurisdizione spirituale della diocesi di Milano. Voleva il giovane ricusare un tanto ufficio, ma l’arcivescovo stette fermo e il Zoppi corrispose pienamente alla fiducia, che si era di lui concepita. La sua memoria dura tuttora nel Cantone Ticino, come quella di un uomo, che meritò assai bene della disciplina ecclesiastica e della pietà. Tra le opere principali eseguite da lui in benefizio di quelle valli si deve annoverare il riaprimento del Seminario di Poleggio, già fondato per l`educazione del clero dal card. Federico Borromeo.
Passati nove anni fu richiamato in Milano. Quivi fu da prima impiegato di bel nuovo nell`insegnamento, ma poco dopo fu eletto parroco della chiesa di S. Pietro in Camminadella, dove sotto l`invocazione di S. Andrea Avellino istituì la compagnia del SS. Sacramento. Appresso fu trasferito nella chiesa prepositurale di S. Stefano, dove acquistò fama di valente predicatore e diede prova di grande zelo pel bene delle anime e in modo particolare per la buona educazione della gioventù, dando opera per questo, che fosse stabilito in Milano il tanto utile istituto delle Figlie della Carità della Marchesa Canossa.
Né la sua carità si restringeva entro i limiti della sua parrocchia, ma accorreva dovunque era ricercata l`opera sua. Scelto a direttore dell`Istituto detto della Guastalla, guidò quelle pie vergini nelle vie della perfezione: invitato a confessare i carcerati, ne compì l`officio con cuore di padre: ricercato da Maria Beatrice d`Este, reggente a nome di Francesco IV di Modena, di aiuto per la fondazione di una congregazione di Oblati, non risparmiò fatica, finché non furono appagati i voti di Lei. Né si deve tacere che pressato di accompagnare mons. Strambi, il quale rientrando alla sua diocesi lo voleva seco in qualità di suo vicario, seppe così resistere all`invito, che gli tornasse in lode quello stesso rifiuto.
Ma eragli venuto il momento che il prevosto Zoppi doveva essere collocato sopra del moggio per risplendere di maggior luce nella casa di Dio. Aveva l’arciduca Francesco suddetto stabilito d`accordo colla S. Sede di erigere un nuovo vescovato formato di diverse frazioni di altre diocesi, e si richiedeva per questo un vescovo fornito di uno zelo e di una carità a tutta prova, e fu trovato nel nostro Zoppi. Fu egli quindi il primo vescovo di Massa e Carrara; consacrato nel 1823 diede tosto a vedere di qual cuore fosse fornito e di quanta dottrina e prudenza nel maneggio degli affari sì spirituali che temporali al bene del clero e del popolo, di cui era divenuto padre e guida nel cammino della salute. Visitò la diocesi, fece savii decreti per regolare il rito, per istabilire la disciplina del clero e assicurare l`osservanza dei legati pii; istituì le congregazioni foranee dei parrochi, fondò l`opera della Dottrina cristiana, aperse scuole e diede vita a tre seminarii.
Ma il Zoppi sotto il peso di tante fatiche già fatto settuagenario risolse di rinunciare al vescovato per lasciarne la cura ad altri omeri più giovani, desideroso di consacrare il resto de` suoi giorni alla vita ritirata e nascosta nel silenzio e nella preghiera. Chiese pertanto licenza dall`Arciduca e dalla S. Sede, e l`ottenne, benché non senza fatica, e venne di nuovo a stabilirsi in Milano col titolo di vescovo di Gerra
in partibus infidelium conferitogli dal Sommo Pontefice. Quivi coronò la sua vita con una santa morte il giorno 7 di aprile del 1841. Il suo testamento ci rivela il suo senno e il suo cuore.
Tra i suoi legati ricorderò l`istituzione di due canonicati nella collegiata di Cannobio sua patria, di due alunnati pei poveri chierici di questo stesso luogo da educarsi nel Seminario di Novara, e di due altri similmente a favore di quelli delle tre Valli svizzere nel Seminario di Poleggio e di due per la diocesi di Massa e Carrara. Né meno tacerò com`egli lasciasse eredi delle sue sostanze le figlie della Carità di Milano, del suo cuore la Chiesa di Massa e Carrara e del suo corpo la patria, nella quale pochi anni innanzi aveva avuto parte grandissima nella fondazione del monastero delle Orsoline tuttora esistenti,
1 e nella chiesa delle quali ebbe sepoltura. Ivi anco si legge un`epigrafe dettata da mons. Giulio Arrigoni arcivescovo di Lucca, allora padre guardiano del convento de` Minori Riformati in Cannobio. Da questo per amore di brevità, non prenderò che le date:
MORTEM OBIIT VII IDUS APRILIS ANN MDCCCXLI
VIXIT ANN LXXV M VIII D XI
Si hanno di lui alle stampe tre volumi pubblicati dopo la sua morte col titolo:
Omelie, panegirici e sermoni del prevosto parroco di S. Stefano di Milano Francesco Maria Zoppi, poi primo vescovo di Massa e Carrara, Milano, 1841, in 8.°, coi tipi di Bernardo Pogliani. Il medesimo tipografo pubblicò anche nel 1847 i
Cenni biografici dello stesso, dai quali in gran parte furono tratti anche i presenti. Qui soggiungiamo, che in età giovanile compose a modo di epigrafi alcuni elogi delle persone più distinte attinenti alla sua famiglia, che noi già abbiamo ai loro luoghi per la prima volta resi di pubblica ragione.
1 La fondazione di queste religiose Orsoline avvenne in questo modo. Mons. Zoppi teneva già un capitale destinato ad un`opera di beneficenza a vantaggio dei borgo di Cannobio. Il sacerdote D. Domenico Ceroni nativo di esso borgo, e allora direttore spirituale delle monache Orsoline di Miasino gli propose di fondare in Cannobio un monastero delle medesime coll’obbligo della scuola gratuita delle fanciulle del paese. Fu perciò stabilito coll’annuenza dei card. Morozzo vescovo di Novara, di acquistare l’antico monastero soppresso delle prime religiose coll’annessa campagna, posseduto allora dalla famiglia Pianta, la quale lo cedette pel prezzo di 28 mila lire milanesi, 24 mila delle quali furono sborsate da Mons. Zoppi. Due religiose Orsoline del monastero di Miasino vi entrarono il 5 dicembre del 1837, alle quali si aggiunsero poi altre quattro, e così poterono il 31 maggio dell’anno seguente fare la solenne loro vestizione, e nell’ottobre dell’anno appresso (1839) la loro solenne professione.