STRUMENTI CULTURALI
del Magazzeno Storico Verbanese
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dall`opera "La mia Mamma" di Paolo Solera Mantegazza:
Francesco Solera moriva in Pavia il 21 di Gennaio 1872; era nato in Luvino il 18 Settembre 1786. Compiuto il corso filosofico si arruolò volontario nel 1804 tra i Cacciatori della Guardia presidenziale trasformata poi in Guardia reale italiana. Fu ad Ulma, ad Austerlitz; nel 1806 e 1807 fece le campagne di Dalmazia e di Albania. Ufficiale della Guardia Reale combatté a Wagram e prese parte alla campagna di Russia nel 1812 e poi, come capitano aiutante del Ministro della guerra Fontanelli, a quella di Prussia nel 1813. Sul campo di battaglia di Dennewitz fu decorato della croce di cavaliere della Corona di ferro. Nel 1814 fece la campagna d’Italia ed intervenne alla battaglia del Mincio. Passato al servizio austriaco, percorrendo i vari gradi della gerarchia militare, raggiunse quello di Generale maggiore in sullo scorcio del 1847. Nel 1848, ripudiato il servizio straniero, offerse il proprio braccio alla patria, ed eletto Ministro della guerra dal Governo provvisorio di Venezia, organizzò la prima difesa della città e del littorale, concorrendo qual generale di divisione all’eroica resistenza, che terminò l’agosto 1849. Ridottosi allora in Piemonte visse dieci anni in oscuro esiglio. Dopo l’annessione della Lombardia nel 1859 fu riconosciuto col proprio grado di Luogotenente Generale nel R. Esercito e decorato degli ordini italiani. Visse i suoi ultimi anni a Luino circondato dall’affetto dei suoi figli, prodigando egli stesso le più soavi e pazienti cure alla sua dilettissima consorte, che moriva prima di lui.
Il Prof. Gibelli tratteggiava stupendamente nel Patriota di Pavia questa bella figura d’uomo: “A quanti conobbero il Generale Solera non potrà levarsi di mente quella figura simpatica, serena e veneranda di un vecchio, che da trent’anni non aveva mutato fisonomia, improntatagli dalla robusta salute, dalla vita laboriosa, dalla inesauribile bontà che informava tutti i suoi atti. La tenerezza per la sua famiglia, oggetto incessante delle sue cure, e però come le gioie nelle liete, così i dolori nelle dure vicende della sua carriera, non gli appannarono mai quella lucida antiveggenza, quella solerzia calma e sorridente, retaggio dei caratteri forti, che sanno infondere fiducia e coraggio ai loro cari trabalzati nelle lotte dell’esistenza. Nella sua difficilissima posizione di Ministro della guerra a Venezia dovette subire cocenti prove. Accusato follemente da una inconsapevole moltitudine, scendeva tra i popolani sbraitanti, e domandava loro il perché lo volessero morto: e quanti egli interrogò risposergli, come un giorno ad Aristide, non saperne nulla: gridargli contro perché sentivasi gridare».
“A quest’uomo sempre attivo, ardito e fiero, che lottando abbracciò due epoche così fortunose per la nostra storia, noi tributiamo un sincero omaggio di venerazione e d’affetto, augurando che la nostra gioventù veneri, ami, e tenti almeno di imitare questi tipi di tutto gitto, di stampo antico, che si sollevano come statue romane, dominando le turbe colla maestà della loro vita intera e calma; insegnando a tutti come la inesorabile inflessibilità nel dovere per sé e per gli altri, e la tenerezza del cuore si possano felicemente associare in un carattere forte ed intemerato”.
La morte del Generale Solera fu degna della sua vita. Ancor robusto e senza alcuno degli acciacchi della vecchiaia a più di 85 anni, era ucciso in tre giorni da una pneumonite. Lepido e sereno fino all’ultim’ora, si studiava di far sorridere i suoi cari, narrando loro le barzellette più spiritose e gli aneddoti più piccanti della sua lunga carriera. Moriva contento d’aver veduto libero il suo paese, per cui aveva dato il sangue e i patimenti d’una lunga vita d’emigrato. I disastri della Francia lo avevano scosso profondamente, e l’inesplicabile ignoranza dei generali francesi gli tolse il sonno per un pezzo, non potendosi dar pace, egli che aveva una volta presa d’assalto una batteria prussiana, che i discendenti di quel prode, coi quali aveva divisa la gloria per tanti anni, fossero divenuti così diversi. La memoria del Solera, vero tipo di soldato generoso, nobile faceto, durerà a lungo nella memoria degli Italiani.
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Carlo Alessandro Pisoni (Luino, 1962 - Varese, 2021). Seguendo le orme del padre Pier Giacomo, dal 1991 al 2017 è stato conservatore, per gentile concessione dei principi Borromeo, dell'Archivio Borromeo dell'Isola Bella. Appassionato studioso e ricercatore, ha sempre voluto mettere a disposizione degli altri conoscenze e scoperte, togliendo la polvere dai fatti che riguardano Lago Maggiore e dintorni; insieme a studiosi e amici, ha riportato alla luce tradizioni, eventi e personaggi passati dal lago, condividendoli con la sua gente.