Grande interesse ha sempre avuto in passato, e desta ancora ai nostri giorni, la riscoperta della storia della propria famiglia, la curiosità sulle origini del proprio nome e la ricerca di antenati più o meno illustri. Ancora meglio quando, dalle ricerche, emerga almeno un… “quarto di nobiltà”. L’appartenenza alla ristretta e privilegiata cerchia nobiliare comportava però un tempo il rispetto di certe regole: era ad esempio escluso al nobile l’esercizio di qualunque tipo di attività economica, in base al principio della “viltà del guadagno” e della demonizzazione delle cosiddette “arti mechaniche”. Non ovunque però tale assunto era accettato senza condizioni: come in Lombardia, dove numerose famiglie nobili avevano le proprie origini - e basavano in gran parte le proprie fortune economiche - nella mercatura e nelle attività imprenditoriali, senza per questo vergognarsene, anzi rivendicando talvolta con orgoglio la natura delle proprie radici. Di fronte alle normative e alle rigidità del sistema che garantiva l’accesso entro i ranghi del patriziato, nelle mani dei suoi stessi organi collegiali come il Collegio dei Giureconsulti, tali origini potevano essere tuttavia fonte di contestazioni e imbarazzo. Quella delle origini imprenditoriali e mercantili di gran parte della nobiltà lombarda era una verità scomoda, ma una verità che non doveva essere taciuta: rivelare questa verità fu l’obiettivo che si propose l’autore della verità smascherata. Smascherata perché, come risulta fin dalle prime righe del testo, destinata ad abbattere il tenace pregiudizio che impediva al mercante di accedere alla nobiltà, riferendo in maniera lucida e impietosa le origini mercantili e borghesi, in alcuni casi addirittura umili e modeste, di molte famiglie nobili. In questo modo, nelle sintetiche e talora lapidarie schede dedicate alle varie casate comparivano non soltanto i quarti di nobiltà, ma le precise tracce delle fortune e delle ricchezze alle origini di tale nobiltà, con numerosi esempi di rapidi quanto ambigui percorsi di ascesa sociale e, talvolta, addirittura aspetti scandalistici, come affermava, inorridito, lo storico Felice Calvi ancora alla fine dell’Ottocento.
Il testo del “curioso manoscritto”, conservato presso l’Archivio Borromeo dell’Isola Bella, viene ora offerto ai lettori in un interessante volume pubblicato dal Magazzeno Storico Verbanese, primo della Nuova Raccolta Verbanese dedicata a “Documenti da archivi verbanesi e delle terre dall’antico ducato di Milano”, in memoria di Giuseppe Martini e Pier Giacomo Pisoni.
Una pubblicazione proposta non “con un sapore retrò, da collezionisti, o addirittura un po’ snob”, come scrive Carlo Alessandro Pisoni nella Premessa, ma con la precisa intenzione di mettere a disposizione degli studiosi un testo raro, un importante repertorio di notizie finora pressoché sconosciuto e nel contempo riaprire il discorso sul tema della nobiltà, che i profondi cambiamenti politici e culturali in atto nei primi decenni del Settecento stavano facendo maturare verso esiti inattesi. A Roberto Bellosta, curatore dell’introduzione e degli apparati critici, si deve invece il merito di avere attribuito definitivamente a Giuseppe Benaglio – già autore della nota Relazione istorica del Magistrato delle Ducali Entrate Straordinarie nello Stato di Milano del 1711 e dell’Elenchus familiarum in Mediolani Dominio del 1714 – la paternità di quest’opera, mai pubblicata a stampa, che circolò esclusivamente in forma manoscritta nella sua versione originaria (La verità smascherata) o nelle sue più tarde rielaborazioni.