STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

Vittorio Emanuele II e il Piemonte

Autori:
Mathon de La Varenne, Pierre Charles
Titolo:
Vittorio Emanuele II e il Piemonte
Anni Pubblicazione:
1860 ÷ 1860
Editori:
Francesco Pagnoni
Luoghi Editoriali:
Milano
Note Generali:
Alle pagine 93-97 si legge:

La famiglia Borromeo è originaria di San Miniato in Toscana. Verso il 1570, Filippo Borromeo, ricco signore di questo paese, essendosi ribellato contro Firenze, fu condannato nella testa. I di lui figli rifugiaronsi in Lombardia ed ivi si rifecero grandi posizioni alla corte dei Visconti.
Vitaliano Borromeo era nel 1428 tesoriere generale del duca Filippo Maria ; egli ne ricevette feudi considerevoli, tra cui quello d`Arona, ove fu poi eretta la colossale statua di san Carlo di lui discendente.
Nel 1446, un anno prima della morte di questo medesimo Filippo Maria Visconti, ultimo della sua stirpe, Vitaliano Borromeo fu fatto conte di Arona. Attraverso le sorti tanto diverse di questo paese, la famiglia di Vitaliano ha sempre conservati i possedimenti, di cui il di lei signore l`aveva gratificata. I sovrani successivi, italiani, francesi, spagnuoli e tedeschi, ricercarono l`amicizia di questi potenti feudatarii, e prodigarci» loro tutti gli onori di cui potevano disporre. l Borromeo sono stati in ogni tempo in grande amicizia colla Casa di Savoia; è la stessa fortuna volle che, in seguito agl`ingrandimenti successivi del Piemonte, una parte notabilissima de` loro possessi, specialmente il feudo d`Arona, e le famose isole Borromeo, passassero sotto il dominio della Sardegna.
Per tal modo, nel 1848, dopo la rivoluzione lombarda, ove avea figurato come membro del Governo provvisorio di Milano, il conte Borromeo attuale, un Vitaliano, come il fondatore della ricchezza di sua famiglia, si trovò in condizione di romperla coll`Austria, e di darsi al Piemonte, senza troppo soffrirne. I tedeschi saccheggiarono bene il di lui splendido palazzo in Milano; bruciarono, o devastarono la sua preziosa galleria; Radetzki gl`impose un`ammenda di un milione; ma sotto le grandiose volte dell`Isolabella il conte derise la collera dello straniero, e si consolò di quanto venivagli preso, sull`idea di quanto non gli si poteva prendere.
Poco tempo fa, ho fatta una escursione al lago Maggiore, ed alle isole Borromee. Ho visitala l`isola bella, ammirabile creazione di questa casa quasi sovrana, Versailles in miniatura di questi geo tiluomini, ereditariamente artisti, grandi signori, e milionarii.
Percorrendo il paese, ne` contorni del lago, si può credere di trovarsi in una scena de` racconti dì Perrault, ed il marchese di Carabas non è più che una vivente realtà. A chi appartiene questo castello? — dimandate voi; — Casa Borromeo. A chi quest`altro? — Casa Borromeo. A chi queste tenute, queste immense risaie? Casa Borromeo. Voi continuerete così a marciare più giorni, e la stessa risposta vi si farà invariabilmente sentire. Esiste per tutto ciò un`Intendenza generale di beni, come pei dominii d`una corona.
Havvi grandezza favolosa, e potenza secolare. La divisa dei Borromeo HUMILITAS figura sul fronte di tutti questi palazzi, sugli edifizii di tutte queste fattorie, e promuove involontariamente il riso per il confronto. Così trovasi una vera volta messa in pratica la promessa dell`Evangelo: Chi ai umilia sarà esaltato.
Il conte Vitaliano Borromeo, possessore attuale di questa fortuna, fu in altri tempi oggetto di gentilezze austriache, quando il governo straniero sperava ancora di potere riattaccare a se stesso la nobiltà lombarda. L`Imperatore lo nominò suo ciambellano, gli conferì il Toson d`oro, egida inviolabile contro gli arresti arbitrarii e gli abusi di potere. Il conte dovette accettare questi favori stranieri, ma (non altrimenti che i suoi pari, i Casati, i Greppi, i Visconti, i Trivulzio, e non altrimenti che l`unanimità dei Milanesi) nutrendo in fondo al cuore il sentimento italiano, non si lasciò punto guadagnare.
Coraggiosamente intervenuto presso Radetzki, nel 1847, all`occasione de`massacri per le strade sopra una popolazione inoffensira e disarmata, egli incoraggiava poi il municipio di Milano, allorchè nelle celebri giornate di marzo, prese l`iniziativa del momento d`insurrezione. Subito dopo la lotta, questo Municipio medesimo si organizzò in governo provvisorio, nel quale il conte Borromeo siedette fino a quel giorno, in cui i commissari del re vennero ad assumere il potere.
Nominato da Carlo Alberto membro della consulta lombarda, che durante l`inverno del ‘48 al ‘49 rappresentò a Torino le provincie schiave, vi diede prova della medesima devozione. Allorquando ogni speranza si trovò momentaneamente aggiornata per la liberazione del Lombardo-Veneto, il conte Vitaliano si fece naturalizzare suddito sardo con tutti i suoi, nè tardò molto ad essere chiamato al Senato.
Ben affezionata da secoli alla Casa di Savoia, la famiglia Borromeo è, per eccellenza, il tipo di questa bella e prode nobiltà milanese, che attraverso tutte le peripezie, tutti i dominii degli stranieri, non ha mai cessato di sognare una patria italiana, ed ha costantemente rivolti gli occhi verso i figli dei vecchi re d`Italia, verso i Sovrani del Piemonte, i soli che possano realizzare questo nobile desiderio.
A Cura di:
   [Anna Elena Galli]

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