STRUMENTI CULTURALI

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Denominazione:
Breve Abstract:
V. De Vit, Il Lago Maggiore..., Vol. 01 p. 1 - Cap. 11 - Delle Alpi Atrezziane e della loro amministrazione sotto i Romani
Abstract:

Vol. I p. I

Cap. 11

Delle Alpi Atrezziane e della loro amministrazione sotto i Romani.

 

Ben diversa era la condizione di questi. Compiuta da Augusto alla conquista dei popoli che tenevano la catena delle Alpi, che cinge d`Italia tra l`Adriatico e il Mediterraneo, e ridottili all`obbedienza, anche quelli del nostro versante, considerati siccome barbari, non furono aggregati ai municipii finitimi, ma amministrati in separato. Abbiamo già avvertito, che le Alpi erano distinte dietro certi naturali confini in Marittime, Cozzie, Graie, Pennine e via dicendo; ora soggiungiamo, che queste, quali altrettante provincie, erano, secondo che narra Strabone, governate da un prefetto o procuratore dell`ordine equestre sino all`epoca stessa di Augusto [i], ad eccezione delle Alpi Cozzie, che per alcun tempo ancora ebbero una specie di autonomia.

E di fatto noi troviamo, che vivente Augusto la Valle Pennina era presieduta appunto da un prefetto. Ce lo attesta una iscrizione pubblicata da molti ed ultimamente dal Wilmanns [ii], che gioverà riferire:

 

SEX . PEDIO . S . F. AN

LVSIANO . HIRRUTO

PRIM . PIL . LEG . XXI . PRAEf

RAETIS . VINDOLICIS . VALLis

pOENINAE . ET . LEVIS . ARMATVr

III . VIR . I . D . PRAEF . GERMANICi

CAESARIS . QVINQVENNALICi

IVRIS . EX . S . C . QVINQEN . ITERUM etc. [iii]

 

Che questa pietra spetti all`epoca di Augusto è chiaro dalla menzione, che in essa è fatta di Germanico Cesare. Abbiamo dunque che la valle Pennina, la quale al di là del nostro versante si estendeva dalle sorgenti del Rodano sino al lago di Ginevra, era governata sin da quel tempo in separato; giacchè non può supporsi che la prefettura che Sesto Pedio ebbe di questa valle, sia contemporanea a quella dei Vindelici e dei Reti. Più tardi troviamo anche un procuratore di due Augusti, M. Aurelio e L. Vero, preposto al governo di questa valle [iv]. Per la qual cosa io credo al tutto ragionevole il pensare che anche il tratto delle Alpi occupate dai nostri Leponzii sia stato similmente governato sino dall`epoca di Augusto stesso da un procuratore; sebbene questo non ci apparisca avvenuto che assai più tardi per la testimonianza di due iscrizioni, le sole superstiti, le quali ci hanno conservata la memoria delle nostre Alpi. Queste meritano di essere riferite ed esaminate attentamente per la parte che ci riguarda.

La prima esiste in Fermo, come ci attesta l’Henzen nelle sue annotazioni all’Orelliana n. 2223 [v] che la vide. Fu pubblicata da molti prima e dopo di lui, de’ quali ricorderò il Labus (Via del Sempione p. 13), ed il Wilmanns (l. c. n. 1266). È così concepita:

 

T . APPAEO . T . F. VEL

ALFINO . SECVNDO

PROCEDIMENTO . AVGVST . XX . HERED

PROC . ALPI . ATRECTIANAR

PRAEF . VEHICVL . SVB . PRAEF

CLASS . PRAET . RAVENN . PR

ALAE . I . AVG . THRAC . TRIB . COH

I . AELIAE . BRITONN . PRAEF . etc.


La seconda fu scoperta tra i ruderi dell`antica Falerii, oggidì Civita Castellana, e fu egualmente pubblicata dall’Orelli (n. 3888), e dal Wilmanns (n. 690): è la seguente:

 

T . CORNASIDIO

T . F . FAB . SABINO . E . M . V

PROC . AVG . DACIAE . APVLENSIS . PROCEDIMENTO

ALPINVM . ATRACTIANAR . ET . POENINAR

IVR . GLADI . SVBPRAEF . CLASS . PR . RAVEN , etc.

 

Da queste due lapidi apparve per la prima volta il nome delle Alpi possedute dai Leponzii, che era del tutto scomparso e obliterato a tal punto, che non sapendosi dai moderni come chiamare si denominarono Leponzie o Lepontine dai popoli che le avevano tenute in antico secondo che abbiamo già di sopra avvertito. Dobbiamo dunque ad esse nel silenzio perfetto degli scrittori, se impariamo il vero loro nome, che quello di Alpes Atrectianae o Atractianae. C`è rimasta tuttavia oscura l`origine di questo nome. Probabilmente è vocabolo degli indigini con desinenza latina [vi].

E dico che questo è il nome delle Alpi sino ai dì nostri chiamate Lepontine, perchè conoscendosi le contermine e sopra e dai lati di esse, non ci è possibile di collocarle altrove, che nella nostra regione. La stessa loro congiunzione in un solo governo colle Alpi Pennine, le quali stanno alla destra di esse, e colla Valle Pennina, che le cinge insieme con le Retiche superiormente e alla sinistra, non ci permette di ricercarle nè al di là di queste, dove erano le Noriche, nè al di là di quelle, dove erano le Graie [vii] o dei Centroni, indichi le Cozzie. Atrezziane dunque chiameremo quinci innanzi le nostre Alpi, la cui estensione fu già da noi descritta, nè qui è mestieri ripetere.

Non consta dalle dette iscrizioni in quale epoca in epoca sieno state costituite in forma di separata provincia; ma dal vederle in questa condizione sino ai tempi di Adriano, ai quali certamente al più presto aspetta la prima per la menzione, ch’è fatta in essa, della coorte I dei Brittoni chiamata Elia dal gentilizio di esso imperatore, che regnò dall`anno 117 al 138 dell`era nostra, ci dà argomento abbastanza probabile per dichiararla provincia di origine Augustea, come opinava poc`anzi; giacchè, dove tale non fosse stata, non si potrebbe trovare ragione alcuna per farne in età posteriore un governo a parte, segregandola da altra, che non si saprebbe dir quale, se è vero che la Valle Pennina limitrofa alle nostre Alpi era stata anch`essa sotto di Augusto già costituita in separata provincia.

Non dovette però restar così lungamente, poichè ci consta dalla seconda delle tette iscrizioni, che le nostre Alpi furono riunite da poi colle Pennine sotto di un solo procuratore. Osservano gli eruditi che il titolo di uomo di egregia memoria, come si interpretano le lettere singolari E. M. V. (egregiae memoriae vir), non si trova innanzi ai tempi di Settimio Severo, che imperò dal 193 al 211. Sicché può dirsi che Tito Cornasidio Sabino fu governatore di amendue queste regioni intorno ai tempi, e fors’anco prima, di Settimio Severo.

Quanto tempo sieno durate in questa condizione le nostre Alpi, non è possibile di definire, non trovandosi più memoria nè di esse né dei nostri Leponzii oltre il secondo secolo [viii]. Tuttavia sapendo positivamente, che sotto Diocleziano le Alpi Graie e Pennine erano state aggregate alle Gallie e costituivano già l`ottava provincia di quella diocesi, come ne attesta la lista delle provincie Romane redatta verso l’anno 297 [ix], abbiamo da questa stessa un argomento sicuro per giudicare, che le Alpi Atrezziane vennero staccate dalle Pennine almeno intorno a quel tempo, nulla ostando però, che potessero essere state separate anche molto prima e sino dai tempi dello stesso Settimio Severo. Anzi, se mi fosse lecita una conghiettura, direi che se non fu Augusto stesso nella costituzione di queste Alpi, certo qualche altro dei suoi successori, al più tardi, quando l’ebbe congiunte colle Pennine, n’abbia staccata la penisola del Margozzolo, e fors’anco una parte dell`Ossola Inferiore lunghesso il lago, e attribuita al Municipio di Novara. Mi persuaderebbe tal cosa il vedere le sponde del nostro lago da questa parte già quasi per intero romanizzate, come ne fanno testimonianze molte lapidi quivi scoperte e taluna delle quali dei primi tempi eziandio dell’Impero [x].

Staccate poi le Alpi Atrezziane e dalle Pennine ogni ragion vuole che venissero aggiunte all`Italia, alla quale spettano di lor natura, e quindi anco definitivamente attribuite nelle debite proporzioni e dietro certi determinati confini agli limitrofi municipii, tra i quali quello di Novara si ebbe senza dubbio la maggior parte. Ma pervenuti a questo punto noi non possiamo spinger più oltre le nostre indagini, senza uscire dai limiti, che ci siamo prefissi. Prima però di lasciare del tutto le nostre Alpi mi si conceda di intrattenere per poco ancora il lettore sulle vie Romane, che le attraversavano, quando erano ancora governate o in separato o unite alle Pennine, la qual cosa tratterò brevemente nei due capi seguenti.



[i] V. Strabone, IV, 6, 4, dove narra questo parlando delle Alpi marittime, e soggiunge, che ciò stesso praticavasì cogli altri popoli alpini del tutto barbari.

 

[ii] Nell`opera: Exempla Inscriptionum Latinarum in usum praecipue Academicum composuit Gustavus Wilmanns. Berolini, 1873, in 8.° T. 2.

 

[iii] È sotto il n. 1612, e nota l`editore che nella pietra in vece POENINAE si legge per errore del quadratario ROENINAE, lezione che chiede riportandola l’Henzen nel suo supplemento all’Orelli, n. 6939, correggendo poscia in nota l`errore, ed insieme avvertendo che il Mommsen giustamente sottintende al genitivo Vallis Poeninae il dativo incolils. I Vindolici poi della pietra sono gli stessi che i Vindelici degli scrittori.

 

[iv] Questo si ha da un`altra lapide presso il medesimo Wilmanns n. 1267. Q. Caicilio Cisiaco Septicio Picai Caiciliano procur. Augustor et pro leg. provinciai Raitiai et Vindelic. et Vallis Poenin. auguri, etc. Sappiamo da Tacito (Hist. I, 11) che la Rezia era anch`essa governata a principio da un procuratore. Fu poi M. Aurelio che ne mutò il governo mandando colà la legione III, da lui istituita e chiamata Italica, secondo che narra di Dione, LV, 24, onde in appresso fu soggetta a un legato. Per la qual cosa, credo che in questa iscrizione le parole procuratori Augustorum si devano riferire alla Vallis Poeninae e le altre pro legato alla provincia della Rezia. Sicchè sarebbe stato prima procuratore della valle Pennina e poscia in qualità di prolegato amministratore della Rezia; e così si avrebbe anche da questa iscrizione una prova che il governo dell`una non era contemporaneo a quello dell`altra.

 

[v] Il titolo della collezione Orelliana è il seguente: Inscriptionum Latinarum selectarum amplissima collectio ad illustrandam Romanae antiquitatis disciplinam accomodata, edidit Io. Casp. Orellius, Turici, 1828, in 8.° Vol. II -- A quest`opera fu seguito collo stesso titolo un terzo volume: Collectionis Orellianae supplementa emendationesque exhibens, Turici, 1856.

 

[vi] Opinava il Promis nella citata sua opera p. 134, che esse sieno state così chiamate da ignoti Principes della famiglia Atrectia, un cui pronipote o cliente, L. ATRECTVS QVIETVS, è mentovato in un marmo di Susa da lui stesso ivi pubblicato. E nota che un Atrectius Cupitianus è ricordato in altro marmo presso l’Orelli n. 4983, dai quali ne trae che l`ortografia migliore è quella che ci offre Atrectinae in luogo di Atractianae. Questa origine però non mi pare ancora abbastanza chiara e soddisfacente. Egli stesso da poi nelle Addenda et emendanda di questa sua opera scrive alla pag. 503 e seg.: «Venne testè in luce presso Cannes in Provenza un`iscrizione posta T. Flavio Adrettio (Rev. Archéol. 1869, p. 303), dove nota l`editore, che parecchi monti nell’Alpi marittime diconsi Adrets. Altri ve ne sono pure nel delfinato, e questo nome, identico con quello di Atrectus, d’onde appellaronsi le Alpes Atrectianae, assai dovette invalere nelle Alpi, trovandosi dal Sempione per Susa sino al Mediterraneo, e Gallica essendone quindi l`origine.»

 

[vii] Un Procurator Augustorum, che si credono gli Augusti M. Aurelio e L. Vero, per nome T. Pomponio Vittore, è ricordato in una iscrizione metrica, edita dall’Orelli n. 1613. Questa essendo stata trovata ad Axima, l`odierna Aisme, nei Centroni, diede occasione al Morcelli, De Stilo Inscriptionum Latinarum, Romae, 1780, p. 270, di credere il detto Pomponio procuratore delle Alpi Graie. Se questo è vero anche l’Alpi Graie sarebbero state governate in separato. Ma altri invece, come il Wilmanns sotto il n.146, opinano che fosse procuratore delle Alpi Pennine; e dal silenzio della stessa pietra nulla si può conchiudere di positivo e di utile alle cose nostre.

 

[viii] Pietro Castelli voleva trovare di essi memoria ancora nel quarto secolo così leggendo un luogo lacunoso di Ammiano Marcellino, XV, 4, 2. Impulsu immani Rheni discurrentis extenditur penes Lepontinos, etc., ma questa infelice interpolazione già rigettata dal Valesio è ormai riconosciuta erronea da tutti. Vedi oltre il Wagner nelle sue annotazioni al luogo citato di Ammiano, anche la recentissima edizione fatta di questo dal Gardthausen, Lipsiae, 1874.

 

[ix] Fu scoperta e pubblicata questa lista d’ignoto autore dal l`infaticabile Dott. Mommsen nelle sue Memoires sur les Provinces Romaines, traduit de l’Allemand par Émil Picot, Paris, 1867. Vedi le pag. 23 e 27.

 

[x] Ne ricorderò due, l`una esistente tuttora in Pallanza sacra alle Matrone, che produrremo a suo luogo, l`altra infissa nella parete esterna della facciata della Chiesa parrocchiale di Baveno, la quale spetta ad un servo di Claudio imperatore. Fu pubblicata ultimamente dal ch. Mommsen nel Corpus Inscriptionum Latinarum (Vol. V, n. 6638) più esattamente di tutti.

 

TROP┤IMVUS
TI • CLAVDII • CAES

AVGVSTI

GERMANIC • SER

DAP┤NIDIANVS

MEMAORIAE

AeTeRnAE • SACRUM

 

Leggevano altri nella prima linea TROPHIMVS e nella quinta DARINIDIANVS in luogo di DAPHNIDIANVS. La linea settima oggi è scomparsa e il Mommsen la desunse dall’apografa del Gallarati che lesse erroneamente ET TARPEIAE SACRVM; onde anche qui dobbiamo ammirare la somma perizia del dottissimo professore.

 

 

Autore:
   [Vincenzo De Vit]
A Cura di:
   [Riccardo Papini]

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