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Denominazione:
Breve Abstract:
V. De Vit, Il Lago Maggiore..., Vol. 01 p. 1 - Cap. 10 – Quale fosse la condizione dei popoli del Lago Maggiore sotto la dominazione Romana
Abstract:

Vol. I p. I

Cap. 10

Quale fosse la condizione dei popoli del Lago Maggiore sotto la dominazione Romana.

 

Per procedere con ordine in questa ricerca è mestieri volgere alquanto indietro lo sguardo e rifarci sulla distinzione già proposta tra gli abitanti della sponda destra e quelli della sinistra del nostro lago. Incominciamo dai primi.

È noto che una delle prime cure dei Romani, conquistato appena un nuovo territorio sull’inimico, era quella di organizzarne l`amministrazione riducendolo a forma di provincia Romana. Anche dunque l`Insubria ebbe a subire questa nuova sua condizione. Aggregata a principio alla Cispadana formò una sola provincia con essa, chiamata della Gallia Cisalpina. Dilatandosi poscia l`impero di Roma oltre l`Alpi, e formatasi l`anno 633 della Gallia Narbonense una nuova provincia: a questa fu pure congiunta in appresso anche la nostra costituendosi così della Gallia Transalpina e della Gallia Cisalpina una sola provincia, chiamata sovente col solo nome di Gallia, il cui limite verso Roma era il Rubicone: e tal volta per distinguerle l`una dall`altra col nome questa di Gallia Citeriore, quella di Gallia Ulteriore ed anche Interiore [1]. Questa vasta provincia era amministrata da un proconsole.

Le principali città dell`Insubria erano Como, Milano, Pavia e Novara. Alle due prime spettava, per quanto si può conghietturare, quasi tutta la sponda destra od orientale del nostro lago e parte del corso del Ticino verso Pavia. Quale fosse il preciso confine dell’agro Milanese col Comasco da quel lato, non è facile di determinare. È probabile però che il fiume Boesio, che scende dalla Val Cuvia e si getta in un seno del Lago al di quà di Laveno ne segnasse il limite estremo. Le lapidi scoperte in Leginno e in Angera, alcune delle quali spettano al municipio di Milano, sembra che ce lo indichino.

Milano, anticamente Mediolanum o Mediolanium (Μεδιολάνιον), era in origine un pago, dice Strabone (v. 1, 6), poiché per paghi costumavano di vivere que’ prischi popoli, e divenne ben presto sotto i Romani città preclara e validissimo municipio, come ai suoi tempi chiamavalo Tacito [2]. Como poi, pago anch`esso in antico, era stato anteriormente per le incursioni dei Reti che gli stavano sopra, ridotto ad assai poca cosa; ma fu ristorato dal console (a. 665, di Roma, 89, av. Cr.) Pompeo Strabone, padre del Magno [3], e da Scipione, che vi condusse tre mila coloni, ai quali altri cinque mila furono aggiunti da Cesare: di questi cinquecento erano del più bel fior della Grecia, cui Cesare inserì nel numero dei coloni, ed arricchì del diritto della cittadinanza Romana; sicchè stabilendo essi colà la propria residenza lasciarono anche il loro nome alla colonia; onde Novocomiti si dissero tutti gli abitanti e la città Novocomo. Così Strabone [4].

L`altra sponda del lago inferiore ad Arona e parte dell’agro lungo il Ticino, apparteneva al municipio di Novara [5], così chiamata, come io penso dal fiume Novaria, oggidì Agogna, che le scorre vicino, a somiglianza di Pavia, anch’essa appellata Ticinum dal fiume di questo nome [6]. Il suo territorio si estendeva tra i fiumi Sesia e Ticino, che lo separavano il primo da quello di Vercelli, il secondo da quello di Milano, e superiormente giungeva sino al piede delle Alpi; rimanendo, secondo che a me ne sembra, intatta ancora ai Leponzii la parte superiore del lago ad occidente e tutta la regione delle Alpi loro [7].

Terminata la guerra Marsica, i Romani concessero poi a tutti i Traspadani la cittadinanza Latina, in forza del qual privilegio gli abitanti di provincia potevano eleggersi i proprii magistrati, e i cittadini che avessero ottenuta un annua magistratura principale in patria, avevano il diritto di concorrere in Roma ai posti più luminosi della repubblica. Però questa cittadinanza non era piena, e il senato continuava a spedire i suoi proconsoli in questa provincia. Ma Giulio Cesare, nel suo ritorno dalla Spagna sino dall`anno 688 di Roma, per cattivarseli, sollecitò i Traspadani a chiederla intera, e quando egli fu al potere l`anno di Roma 705, fece tosto una legge per la loro totale indipendenza, alla quale tenne dietro quattro anni dopo l`altra conosciuta sotto il nome di legge Giulia municipale per l`ordinamento uniforme dei municipii. Questa per altro non potè sortire, a cagione delle guerre in sorte da poi, il pieno suo effetto che l`anno 714, nel quale finalmente tutta la Gallia Cisalpina fu eguagliata alle altre parti d`Italia [8].

Importava questa cittadinanza Romana il pieno gius dei Quiriti e il diritto di suffragio ai comizii Romani, previa l`ascrizione ad una delle trentacinque tribù Romane, la cessazione dei proconsoli e l`amministrazione della giustizia affidata a proprii magistrati, la cui autorità si estendeva eziandio su tutto il territorio assegnato a ciascun municipio. La tribù, alla quale furono ascritte Como e Milano era l’Oufentina: Novara ebbe la Claudia.

Più tardi Augusto, per maggiore comodità dell`amministrazione della giustizia e della trattazione degli affari civili, come si crede, divise l`Italia in undici regioni. L`Insubria appartenne all`undecima. A queste altre divisioni successero col progresso del tempo, alle quali però noi non possiamo più tener dietro, senza alterare la natura del nostro lavoro, e ci è mestieri di rimettere il lettore, che ne bramasse più ampie notizie, alla storia comune di Roma, e a quelle particolare di Como, di Milano e di Novara. Conosciuta una volta la condizione dei popoli alla destra sponda del Lago sotto la dominazione Romana, il nostro compito per questa parte è esaurito. Veniamo ora a parlare di quelli che abitava alla sinistra.

 



[1] Cesare a cagion d`esempio scrive nel libro I, della Guerra Gallica cap X. Ab Ocelo quod est CITERIORIS provinciae extremum, in fines Vocontiorum ULTERIORIS provinciae die settimo septimo pervenit. E nel libro II, c. II, Caesar duas legiones in CITERIORE Gallia novas conscripsit, et in INTERCOREM Galliam, qui deduceret, Q. Pedium legatum misit. Che poi le due Gallia Transalpina e Cisalpina fossero unite anche prima di Cesare, è manifesto dalla guerra Cimbrica.

 

[2] Nelle sue Istorie, 1,70. Firmissima Transpadanae regionis municipio Mediolanum ac Novaria.

 

[3] Al luogo citato di Strabone da luce un passo di Asconio nel suo commento alla Pisoniana di Cicerone (p. 3, ed. Orell.): Cn. Pompeius Strabo, pater Cn. Pompeii Magni, transpadanas colonias deduxerat. Pompeius enim non novis colonis eas constituit, sed veteribus incolsi manentibus ius dedit Latii, ut possent habere ius, quod ceterae Latinae coloniae, id est, ut gerendo magistratus civitatem Romanam adipiscerentur; ed un altro di Appiano (Bell. Civ. II, 26), che fa espressa menzione di Como.

 

[4] Sembra però che questa piena cittadinanza accordata da Cesare a que’ cinquecento Greci sia stata lor tolta, scrivendo Suetonio nella vita di lui al capo XXVIII, che Marcellus retulit etiam, ut colonos, quos rogatione Vatinia Novum Comum deduxisset (Caesar), civitas adimeretur, quod per ambizionem et ultra praescriptum data esset.

[5] Municipio è detta Novara da Tacito nel luogo sopracitato al citato; al contrario i più de’ nostri scrittori, tra i quali il Bianchini: Le cose rimarchevoli della città di Novara, ivi, 1828, p. 17, la dissero colonia sulla fede della seguente iscrizione: Iovi, Iunoni, Minervae tut. Novariae M. Aquilius Q. f. Florus, T. Claudius T. f. Drusus II. Vir. col. Novariens. Aug., la cui falsità fu testè proclamata anche dal ch. Mommsen nel Corpus Inscr. Lat. Vol. 5.

 

[6] È ricordato il fiume Novaria nella Tavola Pentingeriana. La città poi di tal nome è chiamata in Greco Νουαρία da Tolomeo (l. c.) e Νόβαρις da Procopio De Bello Gothico II, 12- -- Sull`etimologia di questo nome veggasi anche il Bianchini al l. c. p.12, e seq.

 

[7] Supponendo contemporaneo l`uso dei due nomi del fiume Agogna, chiamato Novaria nella pianura novarese e Agunia o Agonia della pasta alpestre superiore, si avrebbe anche da ciò un qualche indizio per credere quest’altra parte ancora in possesso dei Leponzii.

 

[8] Si vegga intorno a ciò la dotta lettera del Borghesi pubblicata dal Furlanetto nella prefazione alle sue Antiche Lapidi Patavine illustrate, Padova, 1847, p. XV e segg.

Autore:
   [Vincenzo De Vit]
A Cura di:
   [Riccardo Papini]

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