STRUMENTI CULTURALI

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Denominazione:
Breve Abstract:
V. De Vit, Il Lago Maggiore..., Vol. 01 p. 1 - Cap. 09 – Dalla guerra Cimbrica alla conquista definitiva del nostro territorio fatta da Augusto
Abstract:

Vol. I, p. I

Cap. 09

Dalla guerra Cimbrica alla conquista definitiva del nostro territorio fatta da Augusto

 

In tale stato erano le cose, allorquando Roma si vide nuovamente minacciata da un ignoto e potente nemico. Erano questi i Cimbri, che scesi dalle lande settentrionali di Europa insieme con altri popoli loro finitimi, i Teutoni principalmente, passarono il Reno e devastate le Gallie penetrarono nella Provincia.

Rigettati dall’orgoglioso Romano nella domanda di avere ivi terre da coltivare, deliberarono di conseguire colla forza dell’armi quello, che era loro negato: si venne quindi alle mani e la vittoria fu sempre di questi. Pur persistendo i Romani nel loro rifiuto, i Cimbri da ultimo si accordarono divisi in due schiere di passare in Italia gli uni aprendosi la via per le Alpi marittime lungo la Liguria, e gli altri superiormente tra i Norici, che noi già conosciamo. Ma questa volta la fortuna dell’armi lor non sorrise; chè i Teutoni e gli Ambroni, loro alleati, rimasero quasi tutti sul campo di battaglia presso le Acque Sestie nella Provincia, completamente battuti dal braccio invitto di Mario (a. 652) e i Cimbri l`anno appresso (653) dalle armi collegate di Mario e di Catulo nelle pianure superiori del Vercellese alla destra della Sesia non lungi dai colli Norici, presso i quali si erano accampati i Tigurini quasi in sussidio dei Cimbri.

La guerra, che ho qui accennata con brevi tratti, fu da me ampiamente descritta in apposita Dissertazione, nella quale ho trattato eziandio della via tenuta dai Cimbri per in Italia, e dimostrato, se non mi fa velo l`amor che le ho posto, questa non poter essere stata, ragionando sui testi degli antichi scrittori, che ancora abbiamo, che per la Valle dell`Ossola lungo l’Atisone, oggidì Toce, confuso da taluno di essi, non che da alcuni moderni coll’Adige, che scorre presso Verona. A questa dissertazione pertanto, rimetto di bel nuovo il lettore, che amasse di averne una più ampia notizia.

Qui proseguendo l’intrapreso racconto, soggiungerò, che i Romani rimasti vincitori, a tutela delle recenti loro conquiste nella Transpadana da questo lato e ad impedire nuove emigrazioni di popoli dai gioghi sovrastanti, fondarono nel territorio stesso dei Salassi l`anno 654, una colonia, chiamata Eporedia, oggidì Ivrea, rimanendo tuttavia in potere dei barbari le sommità delle Alpi.

Potrebbe alcuno richiedere se qualche parte almeno della regione occupata dai Leponzii sia caduta o prima o immediatamente dopo guerra Cimbrica in poter dei Romani. Certo il veder Catulo, che guida francamente il suo esercito nella valle dell`Ossola e si fortifica all’Atisone, ci mostrerebbe, che essi non solo fossero esperti conoscitori del luogo, ma che in parte ancora lo possedessero. Padroni nella pianura Novarese sino alle radici delle Alpi, appena si potrebbe dubitare che la penisola del Mergozzolo sia procedendo lungo il nostro lago da Arona, ovvero inoltrandosi per Borgomanero e il Lago d`Orta, sia stata corsa dalle loro armi anche prima dell`avvenimento dei Cimbri; se non ci persuadesse il contrario un luogo classico di Appiano. Questi nel libro delle cose Illiriche (cap. XV) si maraviglia, come mai i Romani, i quali condussero tanti e sì grandi eserciti attraverso le Alpi, abbiano negletti codesti popoli, e che neppure Cesare abbia mai pensato di debellarli, mentre per tutto un decennio guerreggiò nelle Gallie e svernò presso quei luoghi: e risponde, ch’eglino tutti occupati dalle guerre intraprese e queste affrettando, altra sollecitudine non si ebbero fuori di quella di trasportare a traverso delle Alpi le proprie armate. Così egli; ed io aggiungerò che fu anzi questo a mio parere, un accorgimento finissimo dei Romani di non muover guerra allora agli Alpini, non solo perchè nulla avevano a guadagnare con essi, ma e più perchè dovevano giustamente temere, che questi popoli provocati non si collegassero coi loro nemici e vieppiù scabrosa perciò e difficile ne venisse la guerra con questi. Sicché giovava loro il tenerseli piuttosto amici e accontentarsi del passaggio, che questi popoli loro lasciavano libero fra le angustie delle Alpi alle proprie armate, se fors’anco per questo non intervenisse una convenzione o fosse mestieri di usare pel momento delle armi. Per tutte queste ragioni adunque io sono d’avviso, che anche il territorio dei nostri Leponzii sia rimasto intatto alle armi Romane lunga pezza ancora dopo le guerre Cimbrica e Gallica di Mario e di Cesare [1].

Però è anche da aggiungere che la cosa non poteva a lungo procedere sì nettamente pei popoli Alpini sotto di Augusto, al quale essi stessi d`altronde offrivano giusto motivo di muover guerra. La storia non ci ha conservato memorie particolari sotto questo rispetto, che dei Salassi, ma da queste e dai pochi cenni, che abbiamo in generale dei popoli Alpini, si può agevolmente dedurre che il ladroneccio, le frequenti incursioni sul suolo romano ad essi limitrofo, le espilazioni, e le angherie pel passaggio delle Alpi divenuto a que’ dì ormai indispensabile, fossero già cose comuni a tutti.

Narra Strabone che i Salassi imponevano tasse e gabelle esorbitanti a coloro che di là volevano passare oltre le Alpi, e che erano giunti persino a depredare la cassa stessa di Cesare, mentre fingendo di accomodare le vie e di rifare i ponti facevano rotolare di grossi macigni sul di lui esercito [2].

E seguitò lungamente ancora questo indegno mestiere, poiché si ha che Bruto dopo la morte di Cesare fuggitivo coi suoi soldati da Modena, dovette nel suo passaggio tra essi pagar loro un denaro per testa, e che Messala svernando nelle loro vicinanze fu obbligato di comperare da essi a contanti le legna da fuoco e quelle richieste alle esercitazioni campestri de’ suoi soldati.

Augusto non volendo tollerare più oltre siffatte estorsioni, mandò, secondo che narra Appiano (l. c. cap. XVII), contro di essi Antistio Vetere l`anno 719 di Roma (35, av. Cr.), il quale d`improvviso aggreditili per ben due anni li tenne assediati nelle angustie dei monti, finchè per la necessità, che aveano del sale, furono costretti di scendere a patti e di accettare un presidio. Non appena però Antistio si partì di là, che i Salassi tosto scacciarono quel presidio e rioccuparono le strette gole dei monti pigliando anche a dileggio le truppe nuovamente colà spedite da Augusto. Ma questi era allora impegnato nella guerra civile contro M. Antonio e stimò prudente consiglio di dissimulare le ingiurie fatte e di convenire coi Salassi lasciando loro il libro uso delle proprie leggi.

Tal convenzione però parve a que’ barbari troppo lauta e sospettando d’inganno si diedero a ragunare sale in gran copia e nel medesimo tempo a continuare le solite loro scorrerie sul territorio Romano, finchè da ultimo Messala Corvino mandato contro di essi da Augusto intorno all`anno 725, li domò colla fame; e così i Salassi vennero in potere del popolo Romano. Fin qui Appiano.

Ma non sembra che la cosa sia passata così di piano per essi, poichè aggiunge Strabone nel luogo citato, che Augusto, probabilmente in quella stessa occasione, quanti ne vennero in suo potere, tutti li fece vendere all`asta in Eporedia; e che nè anco allora acquietandosi tutta la gente de’ Salassi venne poi sterminata per opera di Terenzio Varrone l`anno 729, vendendo similmente all`incanto gli schiavi fatti, o presi nelle medesime loro case. Dopo di che Augusto nel luogo stesso, dove era stato l`accampamento di Varrone, fondò una città chiamata Augusta Praetoria, od anche semplicemente Augusta oggidì Aosta. In questo modo tutta la circostante regione fu pacata sino ai più elevati gioghi dei monti [3].

Nè solo i Salassi, ma sappiamo di più che tutti i popoli Alpini, che cingono l`Italia dal mare supero all`infeno furono similmente da Augusto stesso, o in persona o per mezzo de’ suoi legati, sottomessi all`Impero di Roma; e alcuni di essi, i più ostinati e feroci, anche distrutti. La storia non ci ha serbato memoria particolare di loro, nè dell`anno preciso nel quale ciascuno di essi fu debellato, ad eccezione dei suddetti Salassi e dei Reti e loro affini [4]. Solo in generale possiamo dedurre dal monumento che fu dal senato e dal popolo Romano innalzato all`estremità delle Alpi Marittime in onore di Augusto l’anno 847 di Roma (8, av. Cr.) che prima del detto anno quelle genti erano già state soggiogate. I ruderi di questo monumento, chiamato il Trofeo di Augusto, si veggono ancora nel luogo detto la Torbia o Turbia presso Nizza, residui della distruzione che del monumento ha compiuta il maresciallo di Villars [5]. Ma dobbiamo a Plinio la conservazione dell` epigrafe, che vi fu scolpita, nella quale sono registrati i nomi di tutti i popoli Alpini vinti, e tra i quali è fatta espressa menzione anche dei nostri Leponzii [6]: sicchè ora solo possiamo con sicurezza affermare che tutto il territorio loro, quale abbiamo descritto, venne interamente a cadere in poter dei Romani.

 



[1] È noto che Cesare più fiate attraversò col suo esercito le Alpi Cozzie, sebbene queste non fossero ancora venute in poter dei Romani.Vedi a cagion d`esempio il libro 1 De Bell. Gall. 10.

 

[2] Di questo fatto narrato da Strabone (IV, 6, 7) non si trova altrove memoria alcuna. Napoleone III, nella sua Storia di Cesare (Histoire de Iules Cèsar, Paris, 1864, T. 2. p. 85 e 86), racconta questo non di Cesare in persona, ma del legato di lui Q. Pedio, il quale per sollecitare l`anno 697, il suo arrivo colle nuove truppe nelle Gallie avrebbe preso secondo lui la via del Gran S. Bernardo. V. Caesar, De Bell. Gall. II, 2.

 

[3] Alquanto diversamente ancora viene raccontata la sottomissione dei Salassi da Dione, LIII, 25.

 

[4] Tra i Latini parla di questa guerra contro gli alpigiani Floro; ma con un cenno sì misero e magro da non poterne trarre gran vantaggio per noi. Compiuta la narrazione nel secondo libro (ch’è il quarto delle vecchie edizioni) della guerra civile tra Augusto e Marc’Antonio, si dispone a raccontare le guerre sostenute dal primo contro le estranie genti; e chiude il capo XXI (altra volta XI), con le parole: Ad septentrionem conversa ferme plaga ferocius agebat, Norici, Illyrii, Pannonii, Dalmatae, Moesi, Thraces et Daci, Sarmatae atque Germani. Quindi comincia descrivere la guerra Norica (Bellum Noricum), in questo modo:

Noricis animos Alpes dabant, quasi in rupes et nives bellum non posset ascendere; sed omnes illius cardinis populos, Breunos, Cennos atque Vindelicos per privignum suum Clodium Drusum pacavit; quae fuerit Alpinarum gentium feritas, facile est velper mulieres ostendere, quae deficientibus telis infantes suos adflicots humi in ora militum adversa miserunt. Ecco il tutto dei popoli Alpini vinti da Augusto dal mare supero all`infero. Ci asteniamo da ogni commento e solo notiamo, che Norici erano da lui erano conosciuti e chiamati in generale i popoli al settentrione d`Italia, e che sotto questo nome poteva ben anco comprendere i nostri Leponzii in conformità del detto già noto di Strabone che Taurisci, Reti e Leponzii erano della medesima stirpe.

[5] Veggasi su questo monumento, oltre l’Amoretti annotato dal Labus p. 139 e 140, anche la memoria del Conte di Cessole nel Vol. V, della seconda serie degli Atti dell`Accademia delle Scienze di Torino. Non si dee poi confondere questo monumento, coll`arco innalzato ad Augusto l`anno 729, del quale parla Dione (LIII, 26.), come nota il Promis, Storia dell’ant. Torino, p. 77, e seq. e 81, e seq.

 

[6] Ecco in parte l`epigrafe riferita da Plinio (III, 24, §. 136). Imperatori Caesari Divi f. Aug. pontifici maxumo, Imp. XIII, tribuniciae potestatis XVII, S. P. Q. R., quod eius ductu auspiciisque gentes, Alpinae omens, quaea mari supero ad inferum pertinebant, sub imperium populi Romani sunt redactae. Gentes Alepinae devictae Triumpilini, Camuni, Venostes ... Brixentes. LEPONTII, Uberi, Nantuates, Seduni, Varagli, Salassi etc. Nota poi che furono omesse in questa recensione le città Cozziane, che non furono ostili, e quelle che erano già state attribuite ai municipii per la legge Pompeia: item attributae mucipiiis lege Pompeia. Io poi avvertirò il lettore di stare in guardia con quelli, che troppo confidentemente identificano a cagion d`esempio gli Isarci di questo monumento con gli abitanti d’Arcisate sopra Varese e in Breuni con quelli di Val di Blegno, e gli Antuates (lezione erronea) con quelli di Vall’Anzasca, come tra gli altri fa l’Amoretti l. c. p. 140.

 

Autore:
   [Vincenzo De Vit]
A Cura di:
   [Riccardo Papini]

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