STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Denominazione:
Breve Abstract:
V. De Vit, Il Lago Maggiore..., Vol. 01 p. 1 - Cap. 04 - Se il lago d`Orta fosse congiunto in antico al Maggiore e se sia il Cusio della Peutingeriana
Abstract:

CAPO IV.
Se il Lago d’Orta fosse in antico congiunto col Maggiore
in un solo Lago e sia il lago Cusio della Tavola Teodosiana


Due sono le opinioni, che corsero nei passati secoli, e corrono tuttavia fra gli eruditi, che trattarono delle nostre contrade intorno al Lago d’Orta. Altri furono d’avviso che in remotissimi tempi questo lago fosse congiunto in un solo col nostro: altri poi, senza curarsi gran fatto di questa questione, ma in questo d’accordo coi primi sentenziarono, od anche ritennero senza darne ragione, che il Lago d’Orta fosse conosciuto dai Romani sotto il nome di Cusio. E gli uni e gli altri invocarono a loro favore tradizioni vetuste e locali. Queste due sentenze meritano qui di essere diligentemente discusse.
E quanto alla prima, essi dicono, è facile a chiunque si porti sulla faccia del luogo, di rilevare, come la valle per la quale la Strona, in congiunzione ora colla Negoglia, scorre dal Lago d’Orta verso il Toce poco sotto di Gravellona, potesse essere stata da esso e da altri piccoli torrenti riempiuta di terra e sassi per forma, che esso lago rimanesse per lo spazio di oltre quattro miglia diviso dal Maggiore, o propriamente parlando dal Toce. Questo interramento spiegherebbe altresì, come il Lago d’Orta, che prima nella loro supposizione doveva dilatare le sue acque per tutta la detta Valle sino al Toce ed anzi unirsi al Lago di Mergozzo e per esso e con esso al Maggiore per formarne uno solo, rimanesse quindi elevato di molto sopra il livello ordinario del Verbano, col quale quindi innanzi non potè avere altra congiunzione, che per mezzo del suo solo emissario, la Negoglia, il cui letto fu di conseguenza pel riempimento della Valle pur esso innalzato. Tale in sostanza è la tradizione conservataci, ovvero formulataci dal Ven. Bescapè1 e da altri dopo di lui: e dico, formulata, perché l’opinione che il Lago d’Orta fosse congiunto in un solo col Maggiore è assai più antica.
Nelle più vetuste memorie di S. Giulio, che visse nel IV secolo si narra, scrive l’Amoretti (l.c. p. 69) «ch’egli andò in una barchetta dal Verbano al Lago d’Orta», parole che il cav. Boniforti ci riferì in Latino: «a Verbano ad Cusium navigabamus», attribuendolo con manifesto errore a Plinio il Naturalista.2 Ma gli Atti dei Santi fratelli Giulio e Giuliano citati da questi sono indubiamente interpolati. Nel codice del secolo X o XI, che esiste MS. nella biblioteca Capitolare di Novara segnato sotto il numero LXI, contenente le Vite de’ Santi ad uso, come appare, della chiesa Novarese, quali sotto in generale í lezionarii di quelli età, si legge eziandio dalle pag. 191-195 la vita dei detti Santi fratelli ma nulla affatto vi ho trovato di questo loro viaggio fatto in barca dal Maggiore al Lago d’Orta. Tuttavia anche gli atti interpolati, che ci attestano questo di loro, sotto testimonianze, benché di molto posteriori alli epoca di que’ Santi, della tradizione locale, che ci viene egualmente confermata da diverse altre carte del secolo IX, che ci reca il Giulini nelle sue Memorie della Campagna di Milano.
Ad essi poi si aggiunga l’altra testimonianza degli scrittori della vita di S. Guglielmo, fondatore del celebre monastero della Fruttuaria nel Canavese. Questi, essi dicono, nacque l’anno 962 in una fortezza del Lago Maggiore. Ora consta, che quel santo nacque appunto nell’Isola di S. Giulio, allora fortezza, nel tempo in cui i genitori di lui, originarii della Svevia si erano colà rifugiati e durante l’assedio che vi pose Ottone imperatore, come sarà detto a suo luogo. Indizio evidente, che durava pur tuttavia la tradizione di un’antichissima congiunzione del Lago d’Orta col Maggiore in un solo Lago. Né fa maraviglia, che scrittori che vissero assai lontani dai luoghi, de’quali trattarono, e non furono da loro conosciuti,3 affermino questo di S. Guglielmo in quel secolo: maraviglia è che somiglianti errori si ripetano ai nostri giorni, e sulla faccia quasi dei luoghi stessi.4
Ma è da dire che né in questo secolo IX, nel quale nacque S. Guglielmo, né in quello, nel quale fiorirono i santi fratelli Giulio e Giuliano, anzi neppure nei precedenti all’era nostra volgare, dal momento, in cui appaiono le prime memorie storiche di queste regioni, poteva per alcun modo essere il Lago d’Orta congiunto col Maggiore e formare un solo Lago.
Già abbiamo veduto di sopra che il Lago d’Orta secondo l’esame fattone s’innalza sopra il livello del Maggiore di ben 80 metri. Ora per quanto si voglia supporre col lasso de’ tempi elevata dall’una parte la valle di Omegna, per la quale scorre la Strona, ed anzi tutta intera la valle inferiore dell’Ossola per la quale scorre la Toce; e per quanto si voglia dall’altra supporre abbassato il Lago Maggiore pel nuovo letto più profondo del Ticino, aperto, come si crede, dai Longobardi, egli è impossibile al tutto di ammettere sì fatta congiunzione. Le stesse tradizioni locali dei luoghi tutti del nostro lago, nonché le lapidi romane scoperte a poca distanza dalle sue sponde,5 nell’atto stesso che ce lo attestano più alto e quindi più vasto in tempi da noi remotissimi, perché sappiamo essere stati que’ luoghi edificati a maggiore elevatezza in antico, che non di presente, e di molti ne abbiamo anche oggigiorno la prova, le stesse tradizioni, dico, depongono contro e ne chiariscono evidentemente dell’assurdità di così fatta sentenza.
Però la tradizione sussiste, ed ha esistito da secoli tra dì noi, io non trovo per tutta conciliazione altro mezzo, che di riferirla a tempi, come sogliono ora chiamarsi, preistorici. Le vestigie degli sconvolgimenti, ai quali andarono soggette queste contrade nell’epoca quaternaria, dovettero durare ancor lungamente, ed essere intese e notate dalle popolazioni, che prime giunsero ad abitarle, dalle memorie delle quali se ne venne poi propagando la tradizione, che in tempi storici troviamo già formulata. Ma l’origine di essa, come anco le cause che la produssero, rimasero ben presto avvolte nelle tenebre di quelle oscurissime età, sicché non ebbe a restare di essa che una tradizione a’ nostri maggiori affatto inintelligibile, e per ispiegare la quale si cercarono poscia ragioni e cause non vere, mentre si sarebbe dovuto interrogare con maggior senno la natura medesima, capace tuttavia di rispondere a chi ne faccia ricerca. Ma basti su questo; veniamo ora all’altra delle proposte questioni, se cioè il Lago d’Orta sia il Cusius della Tavola Teodosiana, o meglio il Clisius, come più correttamente si legge ivi oggidì.6
La sentenza, che fa un tutt’uno del Cusius col Lago d’Orta è antichissima e comunissima fra tutti gli scrittori di queste nostre regioni dal primo rinascimento delle lettere insino a noi. Osservando che in questa carta presso il Verbano ivi delineato, ma senza nome, vi è un altro lago assai più piccolo, chiamato Cusius (ora è a dir Clisius), non tardarono a prenderlo per quello che fu poi dalla grossa borgata, che gli sta appresso, detto d’Orta ed anche di S. Giulio, dalla fama in che venne questo Santo morto nell’Isola di esso lago; senza accorgersi però, che quella loro opinione faceva a cozzi coll’altra, che dei due laghi ne formava uno solo in quel medesimo tempo. Non mancò il Durandi nello scorso secolo di avvertire, che trovandosi il Cusius in quella carta collocato tra i Moesiates, popoli, ch’egli identificò cogli abitanti della Val Mesolcina, non poteva essere il Lago d’Orta, ma sì quello piuttosto di Lugano, il quale sebbene si chiami da Gregorio Turonense nel libro X delle sue storie (cap. 3) Ceresius, avrebbe anche potuto avere un doppio nome, l’uno storico per così dire, e l’altro volgare; ma non fu atteso, e si seguitò sempre fino al dì d’oggi a chiamar Cusio il Lago d’Orta.
Altrove pure i dotti si divisero in diverse sentenze sulla retta attribuzione di questo lago. Il Reichard fra gli altri nel suo Orbis antiquus (tab. X) identificò il Ceresius col lago di Varese e ritenne col Katancsich (Orb. antiq. I, p. 108) il Cusius pel Lago d’Orta, mentre il Forbiger presso il Desjardins seguitò a volerlo uno col Lago di Lugano.7
Ma con buona pace di tutti il Cusius o Clisius non può in verun modo confondersi con alcuno dei tre laghi in questione: non con quello di Lugano o di Varese, perché nella detta carta Peutingeriana, rispetto a Roma, non è alla destra del Maggiore, ma alla sinistra; non con quello d’Orta perché, sebbene sia da questo lato del Maggiore, è però a tale distanza, che non permette siffatta identificazione. Esso è posto cioè al di là di un fiume, che è detto Victium e della regione degli Ictimuli sopra Ivrea, l’antica Eporedia, e di più vi si scorge un fiume, ch’esce dal lago e va a gettarsi direttamente nel Po, circostanza, che distrugge ogni ipotesi che si potesse fare a favore del nostro o di qualsivoglia altro Lago, che si avesse in quella direzione. Difatto anche il Desjardins pensò al Lago di Viverone, che trovasi tra Azeglio e Saluzzola, ma non uscendo da questo lago alcun fiume, s’accorse che la sua conghiettura di identificarlo col Clisius, non può aver gran valore; laonde dovremo per ora astenerci dal pronunciarsi su questo punto. Forse la carta Peutingeriana in questo tratto ha sofferto di molti guasti. I Mesiates tra i quali è collocato il Clisius, se è proprio questo il luogo, che deve essere loro assegnato, sono popoli affatto sconosciuti in quella regione, e né anco il Victium è noto abbastanza; ma tutto questo non giova alla nostra questione; la quale tuttoché rimanga di sua natura negativa, col fatto stesso ne induce a conchiudere, che l’opinione volgare corsa sin qui, e per la quale il Lago d’Orta si riteneva identico al Cusius, non è più sostenibile, e che perciò converrà quinci innanzi relegarla tra gli errori popolari invalsi per l’autorità di quel primo, che seppe imporlo ad altrui.8
Il Lago d’Orta dunque a somiglianza di quello di Varese, non ha alcun nome antico tradizionale, pel quale ci possa esser noto. Le prime memorie certe che di esso si hanno sono rispettivamente assai tarde, ed in esse ci appare col nome di Lago di S. Giulio. Tutto il più che si potrebbe pensare, sarebbe questo di credere il villaggio d’Orta molto più antico di quello che la tradizione ci attesti, e che da esso fosse in antico egualmente denominato, onde l’appellazione di Lago d’Orta succeduta a quella di Lago di S. Giulio altro non sia, che una repristinazione dell’antico suo nome, non ricordato dagli scrittori, ma passato di padre in figlio per oral tradizione. Ma questa, come diceva, non è che una mia conghiettura, alla quale potrà ognuno dare quel peso, che meglio riputerà.



1 Così ne parla nella sua Novaria alla p. 153. Coniicere certe possumus antiquissimis temporibus hunc montem (il Margozzolo) fuisse Verbani longam sane peninsulam, quam Verbanus milliarium circiter XXIV, spatio ambiret et ita lacum nunc S. Iulii (il Lago d’Orta) Verbani brachium fuisse, sed cum angustiae, quae a lacu S. Iulii ad Atosonem sunt, flumine Stronae ac torrentibus influentibus repletae fuerint, lacus brachium illud, quod a S. Iulio nomen habuit, seiunctum est, et quattuor circiter milliarium tractu a reliquo lacu divisum.
Non sarà poi fuor di proposito d’osservare con altri, come la Negoglia e la Strona, a differenza degli altri fiumi o torrenti delle altre valli, anziché volgersi a mezzogiorno o nella direzione da levante a ponente, o viceversa, si volgano contro il loro naturale declivo a settentrione, donde nacque il proverbio che ad Omegna l’acqua va in su, perché rispetto al luogo così appare a chi la riguarda.

2 Nell’op. cit. p. 2 scrive: «Leggesi in Plinio: a Verbano ad Cusium navigabamus; e nella Vita di S. Giulio narrasi ch’ei si tragittasse dal Lago Maggiore al Lago d’Orta» Evidentemente egli confuse una cosa coll’altra e di una sola tradizione ne fece due.

3 Per citarne alcuno riferirò qui un brano del continuatore della Cronaca di Reginone, il quale parlando di Villa, moglie di Berengario, scrive che nel detto anno 962 in lacu Maiori in quadam insula, quae dicitur ad S. Iulium, se inclusit.

4 Le parole da me riferite: nacque in una fortezza del Lago Maggiore sono tolte dal Gallizia negli Atti dei Santi, che fiorirono nei dominii della reale casa di Savoia, Torino 1756-57, Vol. VII; continuati dall’Accademia degli Unanimi di Torino, la quale nel 1792 ne pubblicò il Volume VIII, e ripetute dal Massa nel suo Diario dei Santi ecc. che fiorirono negli Stati della R. Casa di Savoia, Torino, 1815, T. 2, in 8.° e poscia dall’Enrietti nelle Vite dei Santi celebri negli Stati della R. Casa di Savoia, ecc. Ivrea, 1822 e 23, Tomi 2.

5 Delle lapidi Romane parlerò altrove; qui farò solo menzione di quella, che fu veduta dal giureconsulto Paolo Gallarati (Antiqua Novariensium Monumenta, Novariae, 1612, in 4.°, sotto il n. 47) o meglio dal P. Innocenzo Della Chiesa, che fu il vero collettore di questa silloge (v. il P. Luigi Bruzza, barnabita, Iscrizioni antiche Vercellesi, Roma, 1874, in 8.° p. XVII e seg.) nell’isola allora detta di S. Angelo, oggidì Isolotto di S. Giovanni, presso Pallanza, ed era stata prima veduta anche dall’Alciati, Mon. MS. p. 235 (appo il Ferrari, Dissert. p. 171), da cui la trasse il Grutero (p. 889, n. 3) ed altri dopo di lui, e ultimamente dal Mommsen nel Corpus Inscriptionum Latinarum, Vol. V, n. 6643, ed è la seguente:

D • M.
SEVERI • ROMANI
VIBIVS • VIBIANUS
OMNI • VI • P

Non parlo delle varianti dell’ultima linea, la cui sincera lezione non può restituirsi per la perdita della pietra. Supposta vera pertanto l’originaria esistenza di questa in tal luogo, ne verrebbe, che se il Lago d’Orta e il Maggiore fossero stati all’epoca Romana un lago solo, non tanto l’isolino di S. Giovanni, ma e tutte le altre ancora e la stessa Pallanza sarebbero state sommerse dalle acque di esso; né veruna lapide si sarebbe più potuta trovare di quell’età: la qual cosa è contraddetta dal fatto stesso di questa e dalle altre summentovate.

6 Si chiama con questo nome una carta geografica, riferita appunto ai tempi di Teodosio imperatore, e a noi trasmessa per una copia fattane da un monaco di Colmar del secolo XIII, e scoperta in Worms nel secolo XV da certo Corrado Meissel, altramente Celtis Protucius, il quale nel 1508 lasciolla per testamento a Corrado Peutinger, che pel primo la fece conoscere, onde anche fu chiamata Tavola Peutingeriana. L’originale di essa esiste ora nella Biblioteca imperiale di Vienna, e fu pubblicata più volte ora in parte soltanto, quale un saggio di essa, dall’Aldo nel 1591, ora intera dal Moret in Anversa l’anno 1598, poi dal Scheyb in Vienna nel 1753 e dal Mannert in Lipsia nel 1821 e ultimamente con tutta diligenza di nuovo esaminata e collazionata sull’originale da Ernesto Desjardins in Parigi l’anno 1809 e segg. È assai probabile che l’origine di questa carta rimonti all’Orbis pictus di Agrippa (v. Plinio, III, 3, Vi, §. 17), alla quale poi si fecero in vario tempo diverse interpolazioni sino a quelle dello stesso Monaco di Colmar ed a quelle del suo possessore, il Peutinger, morto nel 1561.

7 Che il Lago di Lugano si chiamasse Ceresius all’epoca Romana non pare si possa dubitare, benché non si abbia, a quanto so, altra testimonianza per questo nome, anteriore a Gregorio di Tours. Nel medio evo poi dalla città di Lugano, ch’esso lambe colle sue acque, prese il nome, che ha di presente. In una carta dell’804 pubblicata nel Codex Longobardiae (che fa parte dei Monumenta Historiae Patriae, editi in Torino, l’anno 1873 e ne costituisce il Tomo XIII) sotto il n. 78 è chiamato Lacus Luanascus, cioè dalla città di Luanum come è detto Lugano in altra carta ivi stesso pubblicata dell’anno 901. Ma potrebbe anche essere, che questo fosse il nome primitivo, al quale successe nell’epoca romana l’altro Ceresius, in luogo del quale nel medio evo fosse ripristinato l’antico. Di questo ripristinamento dei nomi antichi, specialmente di città, ne abbiamo esempi frequentissimi altrove. E tra noi forse altro esempio consimile si avrebbe nel fiume Agogna, chiamato in antico secondo la Tavola Peutingeriana Novaria, e poscia Aconia ed Agonia ovvero Agunia, presso l’Anonimo Ravennate (p. 288 Pind). Il lago poi di Varese non trovo che abbia mai avuto un nome particolare all’epoca romana, o che sia stato ricordato da qualche antico scrittore: solo nel medio evo si ha che fosse detto Lacus glareatus dal luogo di Gavirate appellato egualmente in quell’epoca Glarento. V. il Brambilla, op. cit. vol. 2, p. 27.

8 Aveva appena ciò scritto quando mi furono gentilmente comunicati dal ch. P. Luigi Bruzza de’ Barnabiti i fogli in corso di stampa dell’Opera già citata sulle Iscrizioni Antiche Vercellesi. Ivi alla pag. LXVI e seg. parla del fiume Victium della Tavola Teodosiana e con sagacia pari alla sua erudizione dimostra ch’esso fiume in quel luogo non può essere altro che la Sesia chiamata antichissimamente Sictium che fu poi corretto nelle copie posteriori di essa in Victium. Quanto poi al lago Clisius, anche egli osserva alla pag. LXX e segg. che nel luogo, dove è segnato nella detta Carta, non può sussistere, non essendovi da quel lato alcun lago, dal quale possa scendere un fiume avente un corso diretto al Po; e che perciò esso è fuori di posto. Opina poi che questo errore sia più antico ancora della nostra carta e che forse provenne da Strabone medesimo, ingannato alla sua volta da altri, e dal quale in fine fu in essa pure raccolto.
Autore:
   [Vincenzo De Vit]
A Cura di:
   [Carlo Alessandro Pisoni]

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