STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Denominazione:
Frino
Breve Abstract:
Giovanni Giuseppe Vagliano, Le rive del Verbano 1710: la descrizione di Frino. Parte 05 - Vicende dei santi martiri Nabore e Felice, cavalieri di casa Morigia
Abstract:
Per rinovare però le glorie di maggior risguardo a sì lunga linea, devo ricordare, che al tempo degli Appostoli, sendo da loro predicata l’immacolata Fede di Cristo, tanto operò lo Spirito Santo nel cuor de’ mortali, che quest’opera facendo frutto fempre centesimo, la maggior parte delle genti, ricevettero il santo Battesimo, e credettero, che Giesù Cristo fosse, com’era, Figlio di Dio, nato di Maria sempre Vergine per opera dello Spirito Santo; onde a tal’ effetto, mandato S. Barnaba dal Prencipe degli Appostoli a Milano, convertì alla detta Fede di Giesù Cristo, non solo la Città, ma tutta quella gran Provincia, tra le quali genti i primi furono li Morigi, ed allora cominciarono le crudelissime persecuzioni contro al nome cristiano ordinate prima da Diocleziano, in Roma, e da Massimiano, che pose suo trono in Milano, diviso tra loro l’Impero, Diocleziano dell’Oriente, Massimiano d’Occidente; e questi furono i più crudeli, e spietati Tiranni del nome cristiano, di quanti regnarono da Nerone fino al presente, ma tacendo le innumerabili barbarie che facevano eseguire contro de’ battezati, dirò solo quanto riferisce Eusebio Cesariense, che nello spazio di tre giorni fecero martirizare più di venti mila Cristiani, e dando fuoco a molte città, e villaggi, molti migliaia restarono consunti dalle fiamme; durando quella persecuzione diece anni continui, nella quale Massimiano trovò spietate invenzioni d’affliggere sopra ogni credere i miseri credenti, facendoli morire lentamente di spasimo.
In questo tempo furono presentati a Massimiano due nobili cavalieri di Casa Morigia. Il primo nominato Naborre, l’altro Felice, accusati, che fossero cristiani. Questi, come all’ora si costumava condotti avanti l’Imperadore, osservata l’idea di que’ volti, che spiravano virtù eroica, colle più soavi maniere, e con dolcissimi trattamenti, procurò di persuader loro, che lasciassero la Fede di Cristo, e già, che erano nobili romani adorassero i suoi Dei, promettendo onori, dignità, e ricchezze; ma costanti i cavalieri di Cristo nella già professata Fede, ed iscusandosi, non poter’ essi commetter sì esecrando errore d’adorar i servi rubelli, e negar il culto al vero, ed unico prencipe de’ prencipi, solo Dio di tutti i Dei, non paventarono l’irata faccia dell’ incrudelito tiranno, che comandò fossero stretti in oscura prigione, e lasciati in essa senza alimenti di spezie alcuna per dodici giorni continuati; quelli scorsi, ordinò nuovamente se gli presentassero, & osservatili allegri, e di buon viso, quasi venissero da laute nozze, quando credeva vederli consumati dall’inedia, infuriò maggiormente colla sua barbarie, e rinovando ad essi l’ordine, che sagrificassero alli Dei, altrimente, che tra più atroci tormenti, averebbero lasciata la vita. All’ora posta all’ultima prova la nobiltà del loro sangue, e ricordata a loro medesimi la custodia dello spirito sublime, in quell’ultimo cimento, risposero con cuor grande all’imperadore in questi sensi: Sappi, o Sire, che noi siamo apparecchiati con la virtù di Cristo nostro Signore a sostenere tutti i più dolorosi tormenti, che la tua crudeltà, e potenza possa praticare contro de’ nostri corpi, anzi che abbandonare la vera Fede,che professiamo.
All’ora fremendo il tiranno, ordinò, che con duri nervi fossero crudelmente battuti, poscia con altri penosissimi tormenti cruciati. In fine, non potendoli vincere, con acutissimi uncini di ferro, fece lacerar i loro corpi. Ma osservato, che i cavalieri, sempre più stavano costanti nel proposito d’esser fedeli al loro adorato Signore, fatto accender gran fuoco, legate loro le mani, ed i piedi, vivi comandò fossero gettati nel mezzo a quelle fiamme ardenti. Or, che non può la virtù del Signore co’ suoi diletti? Creduti da’ sicarj in cenere i loro corpi, da quelle uscirono illesi, senza menomo segno di sostenuto fuoco, o d’abiti abbruciati, anzi, come dissero, sembrava loro d’essere stati in luogo di delizie; ne capendo più la crudeltà di quel barbaro ove trovar nuovi modi di tormenti, disperato, li fece nuovamente chiuder prigioni, poscia dopo alcuni giorni, dovendo egli portarsi a Lodi per suoi affari, ordinò, che legati con grosse catene fossero strascinati dopo il suo cocchio, come cani, fino a quella città. Ma ne pur tanto bastò perche colà giunti, supposti morti, si videro, e riconobbero sani, e salvi da ogni offesa. Né creduto tutto ciò dal tiranno, volendo riconoscerli, e nuovamente tentarli, osservatili intrepidi, e costanti nell’amore del loro Dio, ordinò fossero di nuovo frustati, ed in fine della crudelissima barbarie, soscrisse la sentenza di morte, con che fosse loro tagliato il capo.
In tal modo ricevettero la corona del martirio i nobili cavalieri di Cristo Naborre, e Felice presso la Porta di Lodi il Vecchio, ciò seguito l’anno del Signore 290 a’ 12 luglio, scorsi già da quel tempo fino ad ora mille quattrocento diciotto anni.
I loro corpi poi con le teste, furon di notte presi da una nobile matrona loro parente, per nome Savina, ed in luogo decente depositati la quale dopo pochi giorni, così ispirata da Dio, quelli posti in una botte, seco li fece condurre a Milano, ma giunta alla metà del viaggio, fermata da’ doganieri, e volendo sapere di che fosse ripiena quella botte, rispose la Signora esser ripiena di mele, e perché ciò vollero vedere, ella fatta orazione al Signore, acciò fossero ritrovate vere le sue parole, esaudita, videro le guardie ciò esser verissimo. All’ora la Santa Matrona osservata la grazia da Dio fatta, ne volendo tenerla nascosta, publicò la verità com’era, contrasegno dell’Onnipotenza del Creatore dell’Universo, nella Fede del quale, chi vuol salvarsi, dee credere. Al qual miracolo, credettero in Giesù Cristo quegl’infedeli, e chiunque fu prefente. Onde se all’ora quel castello si chiamava Gnano, dopo fu chiamato Melegnano, come fino al giorno d’oggi si nomina; sendo nobil feudo con titolo di marchesato di Casa Medici.
Giunta in Milano co’ sagri corpi la nobile Savina, li consegnò a s. Materno, all’ora arcivescovo della Città, che con la dovuta venerazione li ripose nell’Orto del B. Filippo de gli Oldani, che fu nobile cittadino milanese fino al tempo di S. Barnaba, uno de’ primi, che con la santità della vita confermasse la nostra Santa Fede; come lo seguirono nell’opere sante i suoi figliuoli; perciò avea donato un grandi orto a’ Cristiani, perché in esso si seppellissero i Martiri, e la propria casa si mutasse in chiesa, com’ ora dopo varie mutazioni si vede eseguito nel gran Tempio dedicato a S. Francesco in Milano, il quale da S. Castriziano, successo arcivescovo della città, e diocesi, fu consagrato prima, e dedicato a Nostro Signore Giesù Cristo, ed a tutti li Santi del Paradiso.
Riposti poscia i Corpi de’ Santi Martiri Naborre, e Felice in quello luogo, per lo concorso de’ popoli, fu fatta maggiore la chiesa, e nuovamente dedicata a’ detti Santi, nel qual titolo stette più di nove cento quarant’anni, ma dopo introdottivi i Padri di S. Francesco nella Città fu loro donata la Chiesa, e l’Orto, e da quel tempo fino al giorno d’oggi fu detta la Chiesa di S. Francesco, di cui, così volendo il Signor Dio nel rifarcimento [sic] d’essa, l’anno [1687] caduto di notte gran parte del volto di detto Tempio antichissimo senza lesione d’alcuna creatura, fu cagione, che con mirabile disegno d’architettura moderna, fosse rinovata tutta la Chiesa a spese d’una Congregazione di molti Nobili, capo de’ quali fin che visse fu il sig. conte Vitaliano Borromeo, e d’altri ricchi particolari della Città di Milano, e di preziosissime capelle illustrata la Casa di Dio, com è uno de più riguardevoli Tempj di questa Città, ridotta al presente si gran fabbrica a perfezione.
Tra le quali Capelle laterali, vi risiede in primo luogo, nuovamente riedificata dalla parte del Vangelo la prima in onore di Santa Savina Matrona dell’antica famiglia Morigia, ora rialzata a spese della casa sudetta ed elevata nuova ancona fregiata di marmi lustri col quadro grande della Santa Matrona dell’Eccellentissimo Lanzano, mirandosi le parti laterali, fregiate di preziose pitture, ed altri ornamenti, opere illustri della pietà de’ signori viventi della detta Cara, esposte a’ presenti, ed a’ posteri.
Quella Signora poi, condotti i Santi Corpi nella Città, volle risiedervi appresso tutto il tempo di sua vita; onde distribuito il proprio patrimonio a’ poveri, attendeva con vita privata all’orazione, a’ digiuni, e quanto poteva, a seppellir i Martiri presso il Sepolcro de’ Santi Naborre, e Felice, dopo alcuni anni santamente morì, e fu. ascritta nel numero delle Sante. In detta capella stanno di presente ancora nell’urna antica le ceneri di detta santa, come parente de’ medesimi signori, al piede della quale sta l’antico sepolcro di detta casa, da ottocento anni prima a questa parte sempre adoperato nel ricevimento de’ corpi di sì nobile, ed antica Famiglia.
L’anno poi 1569, alzato il nuovo coro al detto Tempio, ed ivi riportato l’Altar Maggiore, per esser detto Coro più capace del numero di tanti Religiosi, in quella congiuntura volle s. Carlo Borromeo Arcivescovo riconoscer i Corpi Santi, che si ritrovavano in quella Chiesa, tra quali fu scoperto quello di santa Savina Matrona, così intiero, come se all’ora fosse stato di fresco sepolto, da cui uscì soavissimo odore. Quel sepolcro di marmo, fu ritrovato nella sudetta capella de’ Signori Morigj, ed ivi fu lasciato quelli de’ gloriosi Martiri Naborre, e Felice, ritrovati nel vecchio Altar Maggiore in grande avello di marmo, si riposero in nuova cassa di piombo, e riportati nel nuovo Altare nel medesimo sepolcro, ivi ancor riposano. Tutto ciò segui in giorno di festa solenne, al concorso di gran numero di popolo, coll’assistenza del cardinale arcivescovo pontificalmente parato, e di tutto il clero secolare, e regolare; e fu il 12 Settembre 1571. Di quella memorabile azzione se ne fece scrittura autentica da’ pubblici Notai Appostolici. Presso il detto Sepolcro de’ Santi Martiri furono riposte le Ceneri di S. Barnaba Apostolo, e l’Ossa di S. Materno arcivescovo di Milano, come riferisce il Morigia nell’Istoria di Milano, lib. 2. cap. 25.
A Cura di:
   [Carlo Alessandro Pisoni]

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Magazzeno Storico Verbanese

A tutti gli amici e studiosi che nel tempo avete condiviso o vi siete interessati alle attività della Associazione Magazzeno Storico Verbanese, dobbiamo purtroppo comunicare che in seguito alla prematura scomparsa di Alessandro Pisoni, la Associazione stessa, di cui Alessandro era fondatore e anima, non è più in grado di proseguire nella sua missione e pertanto termina la sua attività.

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Biografia Carlo Alessandro Pisoni

Carlo Alessandro Pisoni (Luino, 1962 - Varese, 2021). Seguendo le orme del padre Pier Giacomo, dal 1991 al 2017 è stato conservatore, per gentile concessione dei principi Borromeo, dell'Archivio Borromeo dell'Isola Bella. Appassionato studioso e ricercatore, ha sempre voluto mettere a disposizione degli altri conoscenze e scoperte, togliendo la polvere dai fatti che riguardano Lago Maggiore e dintorni; insieme a studiosi e amici, ha riportato alla luce tradizioni, eventi e personaggi passati dal lago, condividendoli con la sua gente.

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