Il dipinto a olio su tavola di noce, che il Cav. X ha la fortuna di possedere, delle dimensioni di 0,48 X 0,38, rappresenta Cristo deposto è opera originale di Juan Rodriguez de Sylva y Velasquez, di Siviglia, che visse dal 1599 al 1660, nel periodo più vigoroso dell`età spagnuola, poiché fondeva per mezzo suo tutta la intensità della vita pittorica e tutto il fulgore dei colori dei pittori veneziani, di Raffaello e di Correggio.
Ma il Cristo deposto si stacca da quasi tutte le Opere del Maestro.
L`argomento, quantunque comune all`arte, è stato trattato in un modo così originale e così vero, che attrae e ferma di colpo l`osservatore, costringendolo meravigliato a pensare a Velasquez che presenta Cristo nella camera ardente, dopo lo strazio ultimo delle sue carni divine, il corpo abbandonato sul lenzuolo e composto nel modo più naturale, il petto alto e la testa arrovesciata all`indietro, perché ancor più appesantita dalla morte. Spira attorno al Capo Divino ancora un alito di vita. Questo particolare fa vedere il volto in un mirabile scorcio che stacca quest`opera da tutte le altre deposizioni, nelle quali di solito il Cristo è posto a sedere e la testa è cadente all`ingiù sul petto.
Tutto intorno al Redentore è silenzio e tenebra, solo una lampada appesa al soffitto sbatte una fioca luce su quel Corpo nudo, inanimato: superba bellezza. Velasquez si rileva Maestro nel trattare l`anatomia umana, mirabile è soprattutto lo studio dello sterno e del bacino, nonché l`attacco dei muscoli del braccio sinistro, tutto cadente, perché senza vita, e alquanto allungato. Sobrio l`uso del lenzuolo nelle pieghe naturali, nulla di arcadenaico o di artificioso. La mano sinistra, fuori dal drappo, spicca sul fondo scuro, lunga, affusolata cadente, mentre tre dita della destra pendono inerti sul drappo di cintura. Giacciono sul pavimento vicino a Lui, i chiodi e la corona di spine, e si staccano con tale verità fiamminga, dal fondo della base, che pare di toccarli. Se non bastasse, la firma e la data. Velasquez VXL (1635) che opportuni assaggi determinarono antiche e autentiche, confermerebbero luminosamente la pertinenza al Velasquez non solo la sorprendente realtà della plastica anatomica, ma anche certi particolari del nudo, che si incontrano negli altri pochi nudi del Maestro. Le gambe hanno l`identico raggruppamento del Cristo alla colonna della National Gallery di Londra (1629), il complesso del corpo ha la caratteristica del contrasto identico fra le ombre e le luci, che presenta la tunica di Giuseppe, dal 1630 all`Escurial, e che seguirebbero la seconda maniera dell`artista che coincide col periodo 1630 - 1650, fra il primo e il secondo viaggio in Italia,di cui si disse acutamente che se le opere della prima maniera di Velasquez sono della pittura, quelle della seconda sono della vita.
Impressione poi è il confronto con la estremità del corpo di altri dipinti originali del Velasquez, per esempio la mano con quella del guerriero morto, della National Gallery di Londra, pure col motivo della lampada accesa e le unghie allungate verso l`estremità, con la forma quasi beluina, che si riscontrano sui Marte al Prado a Madrid, o sul Cristo in Croce, circa del 1638, pure al Prado, Cristo che nel modo di composizione del drappo e soprattutto delle unghie dei piedi, ha una sorprendente identità di tecnica e di stile col Maestro.
Il Cristo deposto del Cav. X è pertanto un`opera di eccezionale importanza, non solo in sé per la sua autenticità e bellezza, ma pure per la storia dell`attività pittorica del Velasquez nell`arte sacra, perché è la sola sua opera di carattere religioso che sia stata eseguita nel 1635, dopo il S.Antonio e il S. Paolo eremita del Prado (1634). Inoltre è opera firmata, datata e di piccolo formato, tre cose rarissime nell`uso del Maestro, che poco firmava e di rado dipingeva opere meno alte di un metro. - Ed è poi un vero gioiello per la genialità di trattazione dell`argomento, per la rarità anatomica e per la sua conservazione.
Opera quindi di valore medio del Velasquez, passando al valore eccezionale di affezione.
Firmato Prof. Dr. Serafino Ricci
Direttore della Pinacoteca Estense di Modena
- A Cura di:
- [Valerio Cirio]
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