Gli esordi di un pittore ticinese/fiorentino: il ”rinnegato e girovago” Luigi Reali (1602-post 1660)
Pinacoteca Zust
RANCATE
15 marzo 2008 - 17 agosto 2008
Luigi Reali
Firenze 1602 - post 1660
nel Canton Ticino
Gli esordi di un fiorentino
rinnegato e girovago
Comunicato Stampa
La vicenda del pittore seicentesco Luigi Reali si presenta curiosa, sia sotto il profilo biografico sia sotto quello critico.
“Scoperto” solo nel 1960 da Marco Rosci, ha incontrato negli anni un notevole interesse da parte degli studiosi, nonostante la sua posizione del tutto appartata e marginale nella storia dell’arte italiana.
Conoscevamo il profilo di un pittore attivo (in un arco cronologico documentato dal 1637 al 1660) in
Valsesia, Val d’Ossola, Valsassina e Valcamonica, con una pittura di livello generalmente modesto (talvolta imbarazzante), ravvivato da qualche sporadica fiammata di qualità; ma destava qualche perplessità il suo
proclamarsi “florentinus”, come orgogliosamente esibito in numerose opere firmate.
Si è con buoni argomenti voluto vedere in lui un seguace della raffinatissima pittura devozionale del fiorentino Francesco Curradi, anche se le opere di Reali
si mescolano ecletticamente con istanze diverse, desunte di volta in volta dalle opere aronesi di Morazzone, la tradizione gaudenziana, il medio ceranismo del Seicento lombardo.
Quindi un fiorentino in un certo senso “rinnegato”, che al di là di isolati ricordi toscani sparsi lungo le sue numerose opere, o l’inconfondibile rosso vivo ereditato per via diretta dalla tavolozza di un Curradi o di un Cesare Dandini, compie (come dice argutamente Roberto Contini), un risciacquamento in Arno alla rovescia; un risciacquamento nel torrente Mastallone, o nell’acqua dolce dei laghi lombardi.
E colpisce, nella sua
carriera errabonda per le coste lacustri e per le valli prealpine, quasi si trattasse di un pittore girovago come quelli delle leggende, l’ostinata fedeltà al mondo delle confraternite o delle parrocchiali di paese: un fenomeno che lo colloca in una
posizione di centralità, se non nella storia dell’arte, certo in quella della
severa devozione popolare della Lombardia spagnola.
Un vero e proprio cantastorie della religiosità laica e popolare, un “madonnaro” nel senso più autentico e sincero della parola: un artigiano modesto ma scrupoloso, che ritraduce in dialetto i solenni poemi dei pittori maggiori.
Ma bisognava fare i conti anche con un’informazione che lo indicava attivo nel 1634 a Lugano, spostando quindi
nel Canton Ticino una fase precedente della sua carriera. Questo dato è stato confermato dal riconoscimento della sua mano in numerosi affreschi del chiostro di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona, risalenti al 1635-1636, il cui restauro è stato la ragione prima del concepimento della presente mostra.
Le ricerche sul territorio hanno portato infatti a riconoscere altre sue opere: tra queste appaiono di particolare importanza la Pentecoste di Rivera, che con la data 1633 sposta più indietro la cronologia nota del pittore, o le due belle tele di Bironico.
Il panorama della sua attività si irrobustisce con la
presenza in mostra di opere a lui attribuite in questa occasione, ubicate ancora a Rivera e Bironico, e a Mezzovico e Verscio (dipinto, quest’ultimo, databile verso il 1650, e che sembra testimoniare un suo pur sporadico ritorno in terra ticinese, e per l’esattezza centovallina).
A corredo,
si fanno dialogare questi dipinti - che sollecitano una lettura della sua formazione più variegata, non solo e forse nemmeno principalmente fiorentina -
con presenze toscane e centroitaliane nell’attuale Svizzera italiana, ideali “precedenti”, ma anche con opere a lui contemporanee, che sembrano intrattenere una serrata dialettica col nostro pittore: è il caso del ligneo Sant’Antonio da Padova, vero equivalente tridimensionale della pittura di Reali, o del San Rocco, forse dell’ambito dei fratelli Recchi, ubicati entrambi a Vacallo.
Le ricerche effettuate in quest’occasione hanno permesso anche di guadagnare luogo e data di nascita del Reali, che vide la luce proprio a Firenze, il 2 luglio 1602, da genitori che sembrano non fiorentini e che anzi si candidano seriamente ad avere un’origine ticinese (da Colla il padre Agnolo di Giugno, forse da Arogno, Rovio o Bissone la madre Antonia di Domenico Tacconi). Troverebbero così una più consistente conferma quelli che sembrano essere gli esordi ticinesi di questo curioso fiorentino del Ceresio.
Pinacoteca cantonale Giovanni ZUST, Rancate (Ticino, Svizzera)
Dal 16 marzo al 17 agosto 2008
Progetto mostra e catalogo a cura di: Edoardo Villata
Coordinamento: Mariangela Agliati Ruggia e Alessandra Brambilla
Allestimento: Claudio Cavadini
Video a cura di Ernesto Palmieri
Catalogo Silvana Editoriale
Saggi e schede di: Edoardo Villata, Lara Calderari, Roberto Contini, Patrizio Pedrioli, don Claudio Premoli
Assicurazione AXA Art, Zurigo
La mostra è stata realizzata con il contributo di
Ditta Création Baumann di Langenthal
Orario:
da marzo a giugno: 9-12 / 14-17, chiuso lunedì (festivi aperto)
luglio e agosto: 14-18, chiuso lunedì (festivi aperto)
Entrata:
Intero: Fr. 8.-/ euro 5.50
Ridotto (pensionati, studenti, comitive): Fr.6.-/ euro 4,00
Gratuito per le scuole
Visite guidate su prenotazione
Informazioni:
Pinacoteca Züst- 6862 Rancate, Ticino, Svizzera
tel +41(0) 91 646 45 65 fax +41(0) 91 646 30 20
www.ti.ch/zuest e-mail: decs-pinacoteca.zuest@ti.ch
Documentaz.