Figlio di Luigi e Carolina Balsamo, nasce a Milano il 21 novembre 1806. Rimane orfano all’età di 15 anni e dopo essere stato ammesso al Collegio Ghislieri, dove entra il giorno 8 novembre 1822 nella classe di Filosofia (all’epoca non esisteva una Facoltà di Scienze, per cui i corsi universitari di matematica, fisica, e altre scienze venivano compresi nella Facoltà di Filosofia), appena ventenne si laurea in ingegneria a Pavia.
Inizia poi a lavorare come insegnante privato e assistente all’Osservatorio Astronomico di Brera.
Partecipa alle Cinque Giornate del 1848 ed è costretto a trovare rifugio in Piemonte, nel dettaglio, all`Isola Bella: lo favoriscono buone entrature con casa Borromeo e in particolar modo con il conte Vitaliano IX Borromeo Arese. Il nobile è infatti un protagonista di primo piano delle vicende risorgimentali milanesi: lo si trova infatti come vicepresidente del governo provvisorio, composto da Gabrio Casati (presidente), Giuseppe Durini, Pompeo Litta, Gaetano Strigelli, Cesare Giulini, Antonio Beretta, Marco Greppi, Alessandro Porro.
Tra i primi atti di governo, all’inizio di maggio viene decretato un plebiscito per la fusione con il regno di Sardegna. La cosa provoca una spaccatura: i repubblicani e i democratici si pronunciano immediatamente posizione contro tale decisione, pubblicando un manifesto, firmato tra gli altri da Mazzini, Cernuschi, Tenca e Visconti Venosta in cui il governo è accusato di aver mancato ai propri impegni e di aver rotto la concordia stabilita nei giorni dell’insurrezione.
Busto all`ingegnere ed uomo politico Carlo Possenti,
collocato sotto il portico del cortile del Palazzo di Brera
a Milano. Foto di Giovanni Dall`Orto, 1 ottobre 2011.
Il Possenti ha una propria posizione politica chiara, che gli consente di trovare asilo e lavoro direttamente all’Isola Bella, antico possedimento borromeo in territorio sardo, dove egli ripara, forse al seguito diretto del conte Vitaliano IX, che a propria volta fuoriuscirà da Milano alla vigilia del ritorno degli Austriaci. Dall’Isola Bella il Possenti firma, datandolo al 17 maggio 1848, l’opuscolo “Sul voto proposto ai Lombardi col decreto del governo provvisorio centrale del 12 maggio 1848. Riflessi dell`ing. Carlo Possenti”, che – nella generale fioritura di pamphlet, libelli e fogli volanti verificatosi all’indomani delle Cinque Giornate, viene considerato (Cosmorama Pittorico, a. XIV – 1848, p. 95) uno tra i due “molto ben scritti e ragionati” (Milano, presso il libraio-editore Angelo Monti, contrada del Cappello, N. 4025). Le parole del Possenti non possono che piacere alla fazione nobiliare filosabauda, di cui il Borromeo era figura di spicco:
“Repubblicani di buona fede, la patria confida nella vostra lealtà, ne` vostri talenti, nella generosità degli animi vostri; vogliate riconoscere che i vostri tempi non sono ancora venuti e che non potranno venire utilmente per noi, fuorché quando le nostre membra da tanto tempo divise non sarannosi ricomposte in un sol tutto col solo cemento possibile la Monarchia. Una nazione può essere tanto libera con un Re Costituzionale come colla più democratica delle Repubbliche; or bene, Repubblicani, date il vostro voto per l`unione ed intanto ponetevi a studiare le vitali questioni delle libertà e delle garanzie costituzionali, e gli studi vostri saranno doni accettissimi alla grande maggioranza e forse all`unanimità de` costituzionali” (Possenti, Sul voto…, p. 12).
Tornato poi in Lombardia, all’annessione di questa al Piemonte viene chiamato a far parte del Consiglio generale dei lavori pubblici e inizia la sua carriera nel Genio civile; è contributore del Crepuscolo, foglio domenicale di 4 pagine (poi arrivate a 12) che fondato a Milano nel 1850 da Carlo Tenca e con Antonio Arzone come editore (quindi lo stesso Carlo Tenca), viene pubblicato per un decennio sino a dopo la guerra del 1859, cessando le pubblicazioni con numero 27 dell’anno X (25 dicembre 1859). Nel Crepuscolo, che “sotto apparenze scientifico-letterarie svolse propaganda politica a favore dell’unità d’Italia in senso sabaudo”, militavano tra gli altri Carlo Cattaneo, padre del federalismo italiano, Giuseppe Zanardelli, Emilio Visconti Venosta, Eugenio Salomone Camerini, Tullo Massarani G. Zanardelli, E. Visconti-Venosta, E. Camerini, T. Massarani, e appunto Carlo Possenti, che vi compare almeno dal 1852 (Il Crepuscolo, n. 47, a. VII, domenica 23 novembre 1856, p.759), e che con Cattaneo ebbe a condividere le pagine del foglio milanese in una polemica sullo scritto che Possenti aveva pubblicato circa un progetto per la deviazione a fini irrigui delle acque del fiume Tresa, che sfocia nel lago Maggiore originando dal lago di Lugano.
Il Possenti infatti si è fatto notare nel frattempo per i suoi studi sulle sistemazioni fluviali e lacuali (Tevere, Reno, lago Maggiore, Como, Lugano; suo uno studio per la costruzione di un canale di irrigazione dal lago di Lugano all’Alto Milanese) e le bonifiche (Valdichiana, Fucino). La sua attività di ingegnere tocca anche la rete ferroviaria lombarda, allora in costruzione, e l’economia dei trasporti. Possenti è pure membro dell’Istituto lombardo di Scienze e Lettere e socio dell’Accademia dei Lincei.
Entra in politica e nel 1860; nel 1861 viene eletto deputato per la Destra nel collegio di Soresina, quindi nel 1867 in quello di Rimini. Nel 1870 viene nominato senatore del Regno da Vittorio Emanuele II “con intenzione manifesta di aggiungere al nostro consesso il decoro ed il lustro del suo bel nome, al nostro consesso, ripeto, dove seggono o dovrebbero sedere tutti i lumi maggiori della Nazione” (commemorazione al Senato tenuta da Terenzio Mamiani): piace sottolineare in questa commemorazione di Carlo Possenti tenuta al Senato del Regno da Terenzio Mamiani questa notevolissima frase, di impellente attualità.
Carlo Possenti faceva parte della struttura amministrativa nelle “province sarde” del lago Maggiore per i Borromeo. Avendo trovato rifugio all’Isola Bella, egli - pur occupato a scrivere di politica - non trascurava di espletare le proprie funzioni amministrative a vantaggio della casata. Esse consistevano in ricognizioni dei possedimenti, in qualità di ingegnere specializzato; ma il Possenti fungeva più generalmente da assistente dell’Amministrazione della nobile casata, per i vastissimi possedimenti che la famiglia del conte aveva nelle terre del regno di Sardegna.
Vitaliano IX Borromeo era stato escluso dagli Austriaci
“assieme ad altri trentuno esuli della provincia di Milano, dall`indulto concesso il 12 agosto 1849 ai cittadini che si erano allontanati dalla metropoli; gli austriaci occuparono il palazzo, adibendolo ad ospedale militare, e gli imposero una forte tassa di guerra, procedendo al sequestro dei suoi beni” (Bruno Di Porto, Borromeo Arese, Vitaliano
, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 13-1971).Così indicava P. Canetta nel proprio “Albero Genealogico Storico Biografico della Nobile Famiglia Borromeo”, 1903 – copia dattiloscritta in Biblioteca Ambrosiana, Milano):
“Sopravvenute le Cinque Giornate del 1848 egli contribuì con L. 10000 per i bisogni della Patria e fece parte del Governo Provvisorio, carica che gli procurò di ritorno in Milano degli Austriaci il sequestro politico della sua sostanza nel 1849 […] e ciò dopo di avergli imposta nel 1848 la tassa di guerra di lire austriache 800000 che fu poi ridotta, perché enorme, ad austriache lire 200000. Trovandosi così compromesso dovette rifugiarsi in Piemonte e con decreto 13 giugno 1851 di Re Vittorio Emanuele fu ammesso al godimento dei diritti di regnicolo nei Regi Stati”.Nel febbraio del ’49, protraendosi l’esilio in terra sarda, i due – Possenti e Borromeo – forse proprio in previsione delle onerose sanzioni che avrebbero colpito il conte esaminavano una possibilità di “fare cassa”, e così sostenere il pagamento della tassa di guerra, o “sequestro politico”, attingendo alla risorsa antica del “censo feudale”. Resta traccia della cosa in almeno una lettera (si ringrazia il proprietario, collezionista privato di filatelia a Verbania-Pallanza, per la cortese segnalazione del documento), che lo stesso Possenti invia (22 febbraio 1849) alla comunità di ”Ciriegio” (= Cireggio, presso Omegna). Da essa emerge che diverse comunità “che pagano un annuo censo a s. Ecc.za il conte Vitaliano Borromeo” avevano manifestato “il desiderio di redimersi da tale peso pagando il prezzo capitale nella ragione di L. 100 per ogni L. 5 d’annuità”.
Come dire, che per liberarsi da una detestata tassa feudale annua, le comunità proponevano di liberarsi finalmente dal fardello procedendo
una tantum con un cospicuo esborso. Pur sospettando che l`iniziativa fosse partita da una idea dello stesso conte, constatiamo come la temperie politica del momento spingesse il conte a rispondere a tale richiesta in modo positivo, dopo secoli in cui il censo feudale era stato rigidamente applicato in modo indiscusso: “s. Ecc.za non sarebbe alieno dall’aderire a tale desiderio, qualora fosse combinabile una redenzione totale, od almeno della più gran parte dei censi comunitativi che gli vengono corrisposti”.
Per dirla in termini pratici: a Cireggio veniva proposto un riscatto definitivo del censo annuo di L. 23,65, da estinguere per sempre con un esborso di L. 473,00. Se si valuta che le comunità gravate dal secolare censo feudale potevano essere una cinquantina in giro per Novarese, Verbano, Cusio e Ossola, con una tassa annua media di L. 100 (a confronto di altri borghi e villaggi, Cireggio era una comunità tutto sommato piccola), si può stimare che l’operazione di “rientro” avrebbe fruttato alla nobilcasa circa 100mila lire: un capitale che avrebbe aiutato il conte a reggere il colpo vibrato con la fortissima imposizione di di 200mila lire di “tasse di guerra” che si stavano abbattendo sul nobile.