STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Nominativo:
Perez, Paolo (Paolo Maria)
Descrizione Personaggio:
Rosminiano, letterato, dantista e scrittore
Luogo e Data di Nascita:
Verona,  1822 mag 03
Luogo e Data di Morte:
Stresa,  1879 set 15
Testo completo:
SULLA VITA E OPERE
Di
PAOLO PEREZ



Dalla contessa Elena Montanari, vedova Carteri, passata in seconde nozze nel 1815 col conte Giovanni Battista Perez, nacque Paolo Maria in Verona il giorno 3 maggio dell`anno 1822. Ebbe altri fratelli, che, nella nascita, parte lo precedettero, parte il seguirono, Antonio, Alessandro, Luigi, Francesco ed una sorella chiamata Marianna, senza tener conto di due bambini, che morirono in fasce. Quale fosse il suo genitore, lo apprendiamo dallo stesso Paolo, quando fatto adulto, rammentando gli anni beati della sua fanciullezza, così lo dipingeva in uno de` suoi scritti: «Nulla io ricordo di amaro, di aspro, di oscuro, nulla di volgare, d`inopportuno e neppur di negletto e disappensato in lui, nel cui volto e ne` cui atti era pace senza languore, dolcezza senza sdolcinatura, indulgenza e benignità senza pusillanimità, e debolezza».
Educato insieme co` suoi fratelli, tra le pareti domestiche. con solerte cura da` suoi genitori, crebbe fino dagli anni più teneri alla pieni, e al sentimento religioso profondamente in lui radicato. Fatto poi grandicello, percorse i primi studi elementari o poscia il corso ginnasiale in patria ; dove ebbe la rara ventura, com`ei la chiamava, di frequentare la scuola che allora teneva di umanità e di retorica l`illustre professore Giuseppe Capparozzo, il quale seppe instillare nel giovanotto quell’amore alle lettere, in ispecie alla poesia, e a Dante sopratutto; e quel gusto squisito, de’ quali potè, indi a non molto, dare saggi sì luminosi.
Era Paolo, ogni anno, il primo della sua scuola, e decorato di conseguenza, ogni anno, del primo premio. Di ingegno docile e pronto, di cuore aperto e oltremodo grato e riconoscente a chi si prestava per lui, era divenuto l’idolo de’ suoi precettori. Lo studio era divenuto la sua prediletta delizia, e con esso anche l’amore ai classici autori: quindi non è meraviglia se, quanti denari potesse avere, fossero tosto da lui convertiti in libri. Narrano che una volta essendogli stato proposto a scegliere – era il tempo di carnevale – tra un divertimento ed una moneta, prescelse questa per acquistarsi dei libri.
Compiuto il ginnasio, proseguì in patria eziandio il corso liceale, senza che la severità de’ nuovi studi rallentasse punto il suo ardore per la poesia e per lo studio de’ classici. Memore di quanto dovesse a’ suoi genitori e a’ suoi maestri, volle anche appalesar loro il suo affetto nel primo saggio, che diede alle stampe col titolo: “Versi di Paolo Perez”, Verona 1840.
Terminato il liceo, 1839, elesse lo studio legale, e bramoso di approfondirsi altresì nella lingua tedesca, pensò di recarsi all’Università di Innsbruck nel vicino Tirolo; e quivi nel breve giro di pochi mesi tanto si inoltrò in quello studio, da poter sostenere alla fine del primo semestre gli esami in lingua tedesca, con ammirazione e stupore non solo de’ suoi condiscepoli, ma e dei medesimi professori. Studiava notte e giorno, in quel tempo, occupandosi della Storia e della Letturatura tedesca: era soprattutto innamorato delle bellezze del poema di Klopstock, che chiamava il suo Dante tedesco; e ciò anche dopo di avere gustato il Goethe e lo Schiller.
Il secondo anno dello studio legale fu da lui percorso all’Università di Pavia (1840-41), e gli altri due a quella di Padova; e non mai dimentico della poesia, pubblicò anche in quest’anno un carme per le nozze di sua sorella Marianna col titolo: Per le nozze Schiavoni Perez – Carme, Venezia 1843.1 Da questo carme traspare la melanconia, dalla quale tal fiata era preso, tuttoché appena ventenne.
Terminato il corso legale, mentre ancora trovavasi in Padova, evnne a vacare nel Ginnasio di questa città la cattedra di Umanità e di Belle Lettere. L’amore che nutriva per la classica letteratura, la vinse sopra la legge, ed eccitato a questo da alti magistrati, diede il suo nome tra concorrenti, e vi fu eletto professore: primo esempio di un laico all’insegnamento in quella palestra.
Occupato il Perez nell’insegnamento fedele dei doveri del nuovo ufficio, non lasciava però occasione, che a lui si offerisse, di dar qualche saggio del suo valore poetico specialmente allorché quello avesse una qualche attinenza alla propria famiglia, che aveva, può dirsi, un culto nel suo cuore. Pertanto, come con un carme aveva proluso alle nozze della sorella, dettava anche nel 1849 alcune terzine pel fratello Luigi nel giorno faustissimo della prima sua messa che vennero pubblicate con questo titolo: Elena Montanari Perez al figlio Luigi nel giorno faustissimo che celebra in Vienna la sua prima messa. Nello stesso anno stampava pure per le faustissime nozze Gera-Bellati in Padova una poesia intitolata Alla mia donna ventura.
All`amore della famiglia veniva secondo quello pe` suoi precettori. Abbiamo veduto quanto affetto nutrisse il Perez pel suo Giuseppe Capparozzo ; non è a dire perciò quanto dolore altresì provasse, allorché sel vide rapito da morte immatura il 13 maggio del 1818, in età di anni quarantasei. Per la qual cosa, con carità più di figlio che di discepolo, ne raccolse in un volume le sparse poesie. nè di ciò contento, nel Programma del Ginnasio di Santo Stefano, in Padova, per l`anno 1850-51, dava in luce uno scritto intorno al modo che tenne nell`istruire la gioventù Giuseppe Capparozzo: scritto che ritoccato in parte e disteso, premetteva a guisa di prefazione al volume che pubblicò l`anno appresso col titolo: Poesie dell`ab. Giuseppe Capparozzo, Vicenza, coi tipi del Longo, 1851, in-8o.
Per questi suoi meriti letterari e per la sua dottrina congiunta con una rara modestia, si guadagnò il Perez fin da principio la stima non solo, ma e l`amore de` suoi colleghi nell`insegnamento, e in modo particolare tutto l`affetto e la confidenza del Prefetto agli studi di esso Ginnasio, l`ab. Giuseppe Bernardi; di guisa tale, che, venuto questi in fin di vita, non altro volle confortatore in que` supremi momenti, che il suo carissimo Perez. Avventurato! Poiché unicamente a lui dovette il Bernardi, se potè disporsi all`imminente passaggio col pegno salutare di eterna vita. Moriva esso il 13 luglio 1851, e lasciava ai Perez tutti i suoi manoscritti. Questo fatto, che in Padova pochi ora forse rammentano, abbastanza ci prova, di qual tempera fosse l`amicizia del Perez.
Se non che dobbiamo anche dire che di qua gli venne la pia fiera persecuzione. La riputazione in che era tenuto il Perez anche dalle Autorità superiori, fece si che, essendo rimasta vacante nell`Università di Padova la cattedra di Letteratura Italiana, la luogotenenza austriaca lo eleggesse contemporaneamente anche professore provvisorio di quella scuola per l`anno scolastico 1850-51. Ma quelli erano tempi assai burrascosi. Il Bernardi era uomo già noto pe` suoi sentimenti di avversione al dominio austriaco in Italia. Ora, venutasi a sapere l`intimità del Perez con esso, e specialmente come egli ne fosse stato scelto a depositario degli scritti, bastò questo, perché la polizia entrasse in sospetto di politiche novità sul di lui conto,2 e gli facesse subire perquisizioni e di ogni fatta vessazioni. Chefinirono col rimoverlo l’anno appresso dal doppio ufficio, e sottoporlo ad una investigazione e stretta vigilanza in Verona, diretta dall’emissario imperiale, il conte Rechberg, coll`assoluta ingiunzione di non dover uscire da quelle porte.
Due anni passò il Perez in questo stato a lui oltremodo increscevole, allorché venne nella deliberazione di recarsi esso stesso in persona a Vienna, e quivi purgarsi d`ogni taccia. Il processo finì che l’inquirente divenne il protettore dell`inquisito, e che, a giusto titolo di riparazione, fu promosso alla cattedra, appositamente per lui istituita, di lingua e letteratura italiana nell`Università di Gratz, nella Stiria, dove prese a spiegar Dante, il poeta del suo cuore. Ma qui pure sentiva forte il peso dell`Austria, e dopo molte traversie, dopo di aver trovato delatori in taluni de` suoi stessi amici, stanco e deluso della società in cui viveva, risolse di abbandonare la cattedra, e di recarsi a Roma, collo scopo di dedicarsi allo studio delle opere di San Tommaso, persuaso com`era, che non si potesse, senza tale studio, penetrare a fondo nell` intimo senso della divina Commedia. Rincresceva tuttavia a quel governo di perdere un tanto uomo, e gli propose di mettergli (ho udito questo dalla sua bocca) un supplente a far le sue veci, per quelli uno o due anni, che stimasse doversi assentare. Ma il Perez rimase fermo nella rinunzia.
Difatti, passato in patria nel seno di sua famiglia l`autunno del 1854 e l`inverno appresso, eccolo nel maggio 1855 in Roma tutto dedito allo studio delle opere di San Tommaso, dietro la scorta fedele del P. Guidi domenicano, allora professore di teologia, nelle scuole del suo Convento alla Minerva, e di poi Cardinale di S. Chiesa, dal quale il Perez era molto amato e stimato.
Non fu sterile questo studio per lui, dappoiché per esso altro studio veniva in lui quetamente ad insinuarsi, quello cioè di abbracciare lo stato ecclesiastico o religioso. Fanno fede di ciò le frequenti sue lettere su tale argomento al fratello Luigi, ch’era già entrato nell’Oratorio di S. Filippo in Verona.3
Frattanto in quest’anno stesso indirizzava da Roma (2 novembre;) alla madre alcune terzine, ch`egli aveva composto in memoria del padre morto li 9 febbraio dell`anno 1853.4
Aveva anche in Roma contratta relazione col Gregorovius, venuto allora in molta fama per la recente sua Storia dei Còrsi. L`ebbe il Perez da lui medesimo, la lesse; e se ne compiacque per modo da volerne dare la traduzione almeno di una parte.Ciò che fece nell`autunno del detto anno e sui primi mesi del seguente; non fu però pubblicata che nel 1857 o senza il suo nome.5
Nulla per anco aveva deciso circa l`elezione del proprio stato, allorché la Provvidenza dispose, che l`anno appresso 1856 facesse la personal conoscenza del teologo Pier Luigi Bertetti, ,allora procuratore generale in Roma dell`Istituto della Carità. Aveva il Perez attinta qualche notizia di questa nuova società religiosa in Verona l`anno 1852 dalla lettura della Vita di don Luigi Gentili romano, che mori missionario in. Inghilterra, scritta dal sac. Francesco Puecher: cercò di averne una più ampia contezza, dallo stesso Bertetti e avutala, ne fece argomento delle più serie meditazioni; frutto delle quali da ultimo fu la sua risoluzione di farsi religioso, e religioso dell`Istituto della Carità.
«Desiderio di pace con Dio, con tale stesso, cogli uomini - lasciava scritto egli stesso - desiderio di pace per mezzo ai meditazione o di opera, per mezzo dello sviluppo ed esercizio armonico di pensieri, di sentimenti, di azioni; insomma per mezzo di carità, di Dio e del prossimo; pace a cui disperava quasi di poter pervenire nel tumulto del mondo; egli è cercando questa pace, che fui tratto all`amore della perfezione evangelica professata negli ordini religiosi».
E più sotto, esponendo i motivi che lo indussero a preferire tra tutti gli istituti quello della Carità, scriveva di averlo appunto prescelto «perché in un istituto che non pone nessun limite alla carità, pensai trovarvi più agevolmente quello che Dio vuole ed ama da me, quello che può avvicinare verso la perfezione l`anima mia, quello con cui possa essere utile agli altri. Perché nell`Istituto recente sperai trovare quello spirito e quel fervore, che potrebbe essersi rallentato negli Istituti antichi. Perché la fama illustre e intemerata dell`Istitutore mi guarentiva quasi dell’opportunità della istituzione al secolo nostro, e perché la persecuzione e le lotte, che irrompevano contro la recente congregazione, erano tali, che me la facevano più cara ancora».
Entrò dunque nel noviziato in Roma li 18 settembre dell’anno stesso (1856) disposto pienamente dell’animo ad acconciarsi al nuovo genere di vita. Ne lesse le regole fondamentali, vi meditò sopra con tutta calma, e trovò non avere altro impedimento che potesse opporsi alla sua risoluzione, che la sua medesima insufficienza e debolezza, «la duale – scriveva - prego appunto Iddio voglia torre o almeno menomare per mezzo dell`istituto stesso, dove, disperato di altra medicina, mi rifuggii di guarirne una volta ».
E poco appresso aggiungeva: «Sento coll`intelletto la necessità della dottrina della indifferenza e piena obbedienza, perché tutto l`edificio stia in piedi, e la morale evangelica sia condotta fino alle sue ultime conseguenze. Il cuore invece e la fantasia mi dice, che dolorosissima lotta dovrò sostenere e nuove lagrime versare per giungervi: ma una voce arcana, che parmi penetri a quando a quando intelletto, cuore, fantasia ed ogni facoltà dell`anima, riprende soavemente: confide, ego vici mundum, ed è questa voce, che mi fa abbracciare coraggiosamente la prova».
Cosi scriveva, ed è mestieri soggiungere, che, superate alla fine tutte le difficoltà, che vi frapponevano i vincoli della carne e del sangue, e quelli pur anco degli amici più intimi, fu ammesso alla professione religiosa alla fine del 1858, dopo la quale, compiuti in altri due anni gli studi teologici, con indicibile gaudio dei suo cuore fu ordinato sacerdote nel Natale del 1860. Pochi mesi prima egli aveva provato il dolore di perdere il fratello Francesco, sommerso li 8 ottobre colla sposa. Giuseppina Arvedi nel lago di Garda, per l`incendio improvviso del battello a vapore sul quale si erano recati per una gita di piacere.
Essendo poco appresso succeduta l’elezione del sullodato Pier Luigi Bertetti in preposito generale dell’Istituto, il Perez rimase sempre con lui, qualche tempo ancora in Roma, e poi in Stresa, fungendo Ie veci di segretario fino alla morte dello stesso avvenuta in questo ultimo luogo l`anno 1874.
L`affetto sincero, che egli nutriva pel Bertetti, trovò un qualche ristoro nel dettarne il funebre elogio, che poco dopo venne dato alle stampe.6 Il lettore, io spero, mi saprà grado, se in prova di questo, gli porrò sott`occhio quanto ora scriveva di sè stesso novizio in Roma un sedici anni dopo la professione:
«Mandato in Roma novellamente il Bertetti, seppe quivi anche aprire e mantenere per circa quattro anni un piccolo noviziato: memoria incancellabilmente cara a me ivi accolto e cresciuto, o Signore, in in abscondito facìei tua? (Ps. xxx 25). Non mi cadrà mai dalla mente il bell`ordine, ch`esso sapeva tenere, in quella povera si ma linda casetta, la dolce concordia dei bene uniti fratelli; le molte sante cose allora imparate, e le molte profane disimparate, e sopra tutto la possanza di quella sua parola in annunziare, dedurre, chiarire e rendere operosi sull` animo principii e verità, dalla cui forza, io, poc`anzi venuto dal secolo, e tuttavia pauroso e vacillante ne` nuovi propositi, pur non sapea trovar modo a ripararmi. O caro Padre mio! se scampai dal naufragio, se abito ancora i tabernacoli del Signore, dove spero di morire in pace, così è per quella tua logica soprannaturale, che lenta, ma sicura, picchiava indefensibilmente nel mio intelletto, e per l`intelletto nel cuore; onde tu potessi ben dirmi una volta: Saule... durum est tibi contra stimulum calcitrare» (Act. Ap. ix, 4-5).
Così ora il Perez: egli non ismentì mai sé stesso, e chi lo conobbe da vicino può dire, che tale fu sempre sino all’ultimo giorno della sua, ahi! troppo rapida, dipartita.
Giunto il Perez a Stresa, il Bertotti gli affidò l`incarico, quanto onorevole altrettanto scabroso, né certo di tutti gli omeri, di continuare la pubblicazione delle opere postume di Antonio Rosmini: incarico che gli venne confermato anche, dopo la morte del Bertetti, dagli altri due generali che gli successero, destinandolo in pari tempo professore di Letteratura Italiana nel Liceo del Collegio Convitto di Domodossola e a lettore di teologia morale agli scolastici dell`Istituto.
Si accinse il Perez al detto lavoro con tutto l`ardore, di cui era capace, e vi perseverò costante fino all`ultimo de` suoi giorni. Era stato pubblicato, per cura di Francesco Paoli, dalla società editrice di libri di Filosofia in Torino il primo volume della Teosofia, la quale da poi, tra per lo scioglimento della detta società, e per mal ferma salute allora e posteriori occupazioni del Paoli, rimase interrotta. Primo pensiero del Perez fu dunque quello di spingere innanzi la pubblicazione tanto desiderata di quell`opera; perciò nel 1863 ne fece imprimere in Torino il volume secondo, e nel 1864 il terzo, che la compie in quella parte che ci fu lasciata dall`Autore: dico in quella parte che ci fu lasciata, giacché e noto che il Rosmini da più mesi infermo e pur desideroso dì terminarla non che di rileggerla, ché né anco questo gli fu concesso, chiamò due volte al suo letto l`amanuense. e si sforzò a dettare, ma le forze non gliel consentirono.
Memore il Perez di quanto aveva scritto il Rosmini intorno a San Tomaso, nella Teodicea, molto opportunamente ne fece l`applicazione a lui stesso riferendone nell`Avvertimento, che premise al terzo volume, le sue stesse parole: «Per la legge della celerità Iddio abbrevia la vita de` grandi uomini. Compiuta la loro missione, basta. Talora non lascia loro né manco il compire affatto l`opera che intraprendono, purché essa sia tanto avanzata o avviata, che ne sia assicurato il successo; essi non sono più necessarii. Tommaso d`Aquino lasciò imperfetta la sua Somma, la perfezione che le mancava era accidente: tutta la sostanza di quel gran sistema, in cui riceveva unità, ed ordine meraviglioso la dottrina del cristianesimo svolta in dodici secoli, era già data al mondo dalla sua penna. Altri seminano, altri mietono» (Teodicea 909).
Alla Teosofia tennero dietro collo stesso titolo altri due volumi, il IV cioè, che comprende il Trattato del Divino nella Natura, dedicato ad Alessandro Manzoni, e l`idea: opere amendue parimenti non del tutto finite, ed il V,che comprende il Reale, per egual modo incompiuto. Questi due volumi videro la luce in Intra pel Bertolotti, il primo l`anno 1869 e il secondo l`anno 1874. Essi però non possono considerarsi che come frammenti, splendidi si, ma frammenti, e né anco degli ultimi anni, di un tutto, che doveva ricevere dall`Autore il proprio compimento non solo, ma la sua ultima mano.
Ma ciò che appalesa l`attività grande del Perez nel tempo che corse tra la pubblicazione dell`uno e dell`altro di questi volumi, sono i due che vennero ad essi intercalati, in specie il secondo. Sotto il titolo di Letteratura e Arti Belle il Perez raccolse nel primo di essi cinque opuscoli del Rosmini, che non erano ancora stati pubblicati nella grande Collezione delle sue opere,7 uno solo de` quali fu tolto dalle opere inedite col titolo Della Bellezza. Il secondo volume poi contiene Pensieri e dottrine trascelti dalle opere di Antonio Rosmini ordinati e annotati in servizio della letteratura e delle Arti Belle. Questo lavoro consta di 800 e più pagine ed è opera tutta del Perez: sua la scelta dei brani, sue le annotazioni, suo l`ordine, e basterebbe scorrerne l`indice per formarsi un grande concetto della mente che lo ideava e disponeva e della vasta erudizione che possedeva. Il primo fu pubblicato in Intra l`anno 1870, il secondo l`anno 1873, in 8° gr.
Né deve omettersi, che contemporaneamente altresì attendeva alla ripubblicazione di quelle altre opere del Rosmini, che, già uscite in luce una o più volte, erano omai esaurite. Tali furono la Filosofia del Diritto, opera in due grossi volumi, e la Logica, le cui seconde edizioni furono per cura del Perez eseguite sull`esemplare della prima usato e annotato dall`Autore. Queste pure apparvero in Intra e sempre poi tipi del Bertolotti: la prima l`anno 1865 e 1866, e la seconda l`anno 1868. Anche il Manuale dell`Esercitatore ebbe pel Perez la sua terza edizione corredata di una Appendice che consiste di XV Meditazioni, accennate nella prima serie degli Esercizii e lavorate da altra mano, ma coll`approvazione dell`Autore, Intra, 1872, in-8vo; e di più, anche il Nuovo Saggio .sulla origine delle Idee in tre volumi; ebbe poi medesimi tipi la sesta l`anno 1877.8
Di leggieri ognuno comprende quanto tutte queste edizioni, da lui curate, esigessero di diligenza e di oculatezza da parte del Perez, a ciò riuscissero appieno corrette e fedeli al testo primitivo, se già pubblicate, ovvero al ms. originale, se inedite; e quanto in pari tempo, ciò che torna grandemente in suo onore, si richiedesse di acutezza di mente e d`ingegno ricco di cognizioni e versatile ad entrare nel senso dell`autore e scrutarlo a fondo in opere di varia materia e natura, per non fargli dire con interpunzione meno conforme ciò che quegli punto non volea dire.
Ma e` conviene pur anco soggiungere che il lavoro del Perez intorno alle opere del Rosmini non fu al tutto perduto per lui medesimo; perocché a mano a mano che egli venia approfondendosi in quel sistema così uno e così universale ad un tempo e quindi così- suscettibile di venire applicato alle altre scienze tutte, non meno che alle Arti Belle, non poco ebbe egli stesso ad avvantaggiarsene pure nella Letteratura, sia che dovesse in questa farsi altrui guida o maestro, sia che attendesse a lavori suoi proprii. Di tutto ciò ne fa fede l`opera, che sino dal 1874 intraprese in compagnia di un suo collega nell`insegnamento, il prof. Giuseppe Calza, di una Esposizione ragionata della Filosofia di Antonio Ro-smini con uno sguardo al luogo, ch`ella tiene tra l`antica scienza` e la nuova. Quest`opera, che in origine era stata fatta per rispondere al tema proposto dall`illustre Accademia delle scienze di Torino,9 vide più tardi la luce, col titolo or ora indicato, in due volumi in Intra l`anno 1878 e 1879. La precisione filosofica, colla quale è scritta, la calma colla quale è condotta da capo a fondo, e l`amore della verità che vi traspare dovunque, sono tali pregi che la rendono superiore ad ogni encomio. Dirò poi in particolare del Perez senza far torto alcuno al collega, che la vasta erudizione che vi dominae i continui raffronti delle dottrine rosminiane coi passi delli scrittori piu celebri della classica letteratura greca, latina, italiana, in ispezialità con quelli della Divina Commedia, che vi sono sparsi per entro, è tutta opera sua.10
Abbiamo toccato più volte dell`amore del Perez per Dante. Questo stesso ne invita ora a far parola di due sue operette, dettate quale saggio di quel più vasto commento che si proponeva di fare della Divina Commedia, se più lunga vita gli fosse stata concessa.
La prima di queste porta in fronte il titolo: I sette cerchi del Purgatorio di Dante. Fu pubblicata in Torino l`anno 1865 in-4, per le Nozze Zucchini-Gozzadini, e dedicata con lettera del 22 maggio a sua cugina la Contessa Maria Teresa Gozzadini, nata de` conti Sarego-Alighieri di Verona. Appena ebbe a leggerla Nicolò Tommaseo, giudice in questo competentissimo, la dichiarò degna di molte ristampe. I limiti entro ai quali dobbiamo restringere questi brevi cenni, non ci acconsentono di scendere a troppo minuti particolari. Mi limiterò a dire pertanto che essa operetta è divisa in due parti, la prima delle quali tratta dei Sette cerchi in generale, svolgendo in tre capitoli la teoria e la disciplina della purgazione e la Provvidenza speciale che veglia sulla purgazione per mezzo degli Angeli; e la seconda dei sette cerchi in particolare, svolgendo in altrettanti capitoli la purgazione di ciascuno dei sette vizi capitali. L’autore corredò questo scritto di una tavola sinottica dei sette cerchi con una breve illustrazione della medesima. Basterebbe questa sola operetta per dichiarare il Perez profondo conoscitore della sacra scrittura, e delle dottrine teologiche risguardanti il proprio soggette, non tuono che delle opere di san Tommaso, da lui reputato la sola chiave atta ad aprire la mente all`ultima conoscenza del Divino poeta.
L`altra operetta pur essa illustrativa di Dante s`intitola: Delle fragranze, onde l`Alighieri profuma il Purgatorio ed il Paradiso. Fu stampata in Intra l`anno 1867 pel Bertolotti in-8vo per le Nozze di Giovanni M. Lisca e Noemi Sega, e dedicata con lettera del 20 settembre alla Marchesa Lavinia Carteri-Lisca, sua sorella uterina e madre dello sposo. Anche questo lavoro, nel suo genere nuovo, fu lodatissimo e si compie in due articoli di tre paragrafi ciascuno, nei quali espone rispetto al Purgatorio, 1o la fiorita valle nell`Antipurgatorio, 2o il ventilare delle ali angeliche nei sette cerchi, e 3o la cima del monte o il Paradiso Terrestre. Rispetto poi al Paradiso, espone similmente, 1o i mistici fiori nelle sfere celesti. 2o la simbolica riviera dell`Empireo, e 3o la candida rosa e le api angeliche. Pure in questo grazioso ed elegante libretto la dottrina biblica e patristica è profusa a larga mano, sicché diletta a un tempo e ammaestra. Bellissima è poi la lettera alla sorella, colla quale le mostra la convenienza dell`argomento prescelto in occasione di nozze. Mi sia permesso di riferirla quale saggio altresì del suo modo di concepire e di esporre:
Cara Sorella,
«Avrei voluto essere in questi giorni a Verona: avrei voluto porre un fior sull`altare presso al quale si benedicono le nozze del tuo Giovannino con la Noemi, e là riempirlo delle fragranze di Cristo santiticatore e conservatore de` conjugali affetti e porgerlo indi con lieta parola agli sposi. Ma poiché da altre cure non mi è congeniale questa dolcezza, oso inviarti per essi poche pagine, dove ho discorso delle fragranze che il cristiano poeta sentiva spirare dalle mansioni delle anime giuste. Umile argomento invero e secreto, in mezzo ai luminosi e grandi argomenti che offrirebbe il divino poema; ma non inopportuno, io penso, per le nozze di cotesti cari giovani, che, fragranti della secreta virtù de` loro genitori, promettono nuova famiglia odorosa di virtù altrettali. In uno de` più antichi ed eleganti dottori greci, che confortava le donne alessandrine a mutare le ingannevoli fragranze di unguenti e serti pagani con le sante fragranze del Cristianesimo, m`abbattei a queste parole: Non unguenti o diapasmi spiri la donna, ma Cristo, ch`è unzione regale. Le sia perpetua unzione la verecondia: le sia vaghezza il balsamo santo, cioè lo Spirito Santo… De` fiori convien che ci dilettiamo a quel modo onesto, che avremmo tenuto nel Paradiso. In verità, corona della donna è il marito: corona del marito il matrimonio: fiori del matrimonio i figliuoli d`ambidue, che da terreni prati raccoglie e santifica il divino agricola: corona de` vecchi i figliuoli de` figliuoli. Gloria poi ai figliuoli sono i padri; gloria a noi Padre di tutte le cose e Cristo, che è corona della Chiesa universa» (Clem. Aless., Paedag., cap. 8).
Queste parole mi han fatto pensare assai dolcemente alla santa famiglia, ove tu ed io fummo educati; a quella ove furono educati cotesti sposi: a quella, ove eglino diverranno educatori. E con queste parole ti saluto caramente, pregando a te e a loro ogni benedizione nel Signore».

Cosi il Perez: questa lettera ci mostra a chiare note che dal punto che egli si diede alla vita religiosa, non che scemare menomamente l`affetto in lui verso la famiglia, la patria, gli amici, cresceva anzi a larga misura, ma depurato da tutto ciòche sa di terreno, ma nobilitato e sublimato per sentimenti tutti celesti e sovra natura. Alle prove che ne abbiamo avuto finora, altre possiamo aggiungere non meno evidenti.
Correva l`anno 1877 allorché il Perez venne a sapere che sua nipote Paolina, figlia del conte Alessandro suo fratello, stava per impalmarsi al nobile giovanotto Giuseppe Bensa di Porto Maurizio. Era occasiono per lui da non lasciarsi passare senza un qualche argomento del suo affetto verso gli sposi novelli e verso la sua stessa famiglia, ed eccolo perciò raccogliere alcuni suoi componimenti poetici in due separati opuscoli ch`egli pubblicò in fretta in quello stesso anno, l`uno col titolo: La famiglia, versi e accenni dedicato alla sposa; l`altro Sonetti di vario argomento, dedicato allo sposo.
Per non dissimigliante occasione, come ho saputo da chi so l`ebbe da lui stesso, stava lavorando da qualche anno la traduzione in terza rima dell`ultima elogia di Properzio in morte di Cornelia, moglie del censor Paolo Emilio, ch`egli avrebbe voluto, oltre al letterale commento sia sul testo sia sulla traduzione, arricchire di storiche dissertazioni sulla famiglia dell`uno e dell`altra, e sopra punti speciali di erudizione. Ma non giunse a stampare che la sola traduzione e commenti, ai quali prepose questo titolo: Cornelia nell`ultima elegia di Sesto Properzio, Intra 1879. In-4o gr. (p. ix-lxxii). Benché sia rimasto incompiuto, quel tanto che abbiamo è pur sempre lavoro squisito, e modello potrebbe dirsi di altri di simil genere che tentar si volessero, e, aggiungerò anche, certo argomento del suo vivo ed eccitato sentimento che aveva del soprannaturale, per cui studiavasi sempre e nei suoi scritti e nella scuola di rendere cristiano o altamente morale lo studio dei classici pagani, e di trovar la poesia in tutti i riti e libri del cristianesimo, il quale era per lui una stupenda epopea.
Finalmente sotto questo rispetto vanno pare annoverati i dodici sonetti per circostanze domestiche, che concesse all`amico professor Pagano Paganini, per cura del quale furono pubblicati per le Nozze Gianni-Pierantoni, Lucca, 1873. Tip. Guasti in-8°.
Dell`amore poi che nutriva verso la sua città natia c`è argomento, se altro non fosse, più che solenne, quello di aver voluto a lei dedicata la seconda edizione, che vi fu fatta l`anno 1867 dalla Libreria alla Minerva, de suoi Sette cerchi del Purgatorio di Dante, e con epigrafe, che ci gode l’animo di riferire, quale splendido documento di quanto abbiamo asserito:


QUESTO SAGGIO DI STUDI
SULLA DIVINA COMMEDIA
GIÀ STAMPATO PER LE NOZZE
DI UNA NIPOTE DE’ VERONESI ALIGHIERI
E DI POI RITOCCATO E ACCRESCIUTO
A VERONA SUA TERRA NATALE
DALLE RIVE DEL LAGO VERBANO
OFFRE CON RIVERENTE AFFETTO L’AUTORE
DESIDERANDO A TAL PATRIA
CHE QUALCHE ALTRO SUO FIGLIO
LE OFFRA COSE MAGGIORI


Che dirò finalmente de` suoi amici, de` letterati in ispecie, e ne aveva molti, che ne stimavano i pregi del cuore e il valor della mente, e si teneano onorati della sua amicizia, sapendo d`altra parte d`essere ricambiati a cento doppi e di purissimo affetto? Basterebbe a provar questo una raccolta delle sue lettere confidenziali, dalle quali tutte spira un`aura religiosa che c`innamora. Certo se questa potesse farsi pubblica, sarebbe un epistolario in uno istruttivo ed edificante.11 Né meno edificanti riuscirono i molti suoi discorsi recitati in occasione di distribuzione di premii in varii Istituti di educazione, per non dir nulla delle meditazioni e sermoni fatti per esercizi spirituali.
Ma quest`anima candida era omai giunta al suo termine. Egli se lo era affrettato, è duopo dirlo, con uno studio intensissimo e con notturne prolungate vigilie, specialmente in questi ultimi anni. Compiuta appena la stampa della traduzione e del commento testé accennato, venne in Domodossola nuovamente sorpreso dal fiero morbo, che altre due volte (l`una in Padova, quando era professore, e la seconda in Roma, quando ivi era novizio), aveva messo in pericolo la sua vita, senza contare altre gravi malattie per la stessa cagione sostenute in Verona stessa ed in Gratz. In una di quelle tregue che sogliono non di rado accompagnare quei lenti ed insidiosi malori, per la quale giudicavasi essere in istato di convalescenza, si era condotto a Stresa coll`intenzione di passare di là alla villa di un suo amico di Lombardia, affine di ristorare alquanto le stremate sue forze, ma qui giunto ricadde. Una febbre quasi continua, che l`arte salutare tentò di vincere invano, ne andava ogni dì più spegnendo la vita, finché da ultimo confortato da` pegni più sacri di nostra Fede, alla presenza di due suoi fratelli, il P. Luigi e il conte Antonio (i quali, avvertiti in Verona per telegramma del pericolo, erano tosto accorsi al suo letto) e di molti de` suoi confratelli di religione, quasi sempre in sentimenti fino all`estremo, placidamente spirò.
I suoi funerali furono celebrati il giorno appresso (16 settembre) dallo stesso Preposto Generale D. Luigi Lanzoni, suo antico amico e poi connovizio, nella Chiesa del SS. Crocifisso, coll`intervento eziandio di una deputazione della Tipografia Bertolotti d`Intra, che volle di più offrire, quale tributo di affetto e di stima all`illustre letterato, una corona accompagnata da epigrafe.
Fu sepolto nel cimitero di Stresa nella tomba stessa del suo venerando Bertetti.12 Il giorno settimo gli furono celebrati solenni funerali anche in Domodossola dai professori suoi colleghi che ne deploravano amaramente la perdita, e ne divulgarono tosto con apposito scritto la dolorosa notizia ai parenti tutti, agli amici, e ai lontani suoi confratelli di religione oltre Alpi e oltre mare.
Era il Perez alto di statura, e scarno della persona. di occhio vivace, di facile e colta parola, di mente acuta, d`ingegno pronto e di tenaci propositi, e sopratutto di un sentire nobile e delicato, ch`egli aveva l`arte di trasfondere nei proprii scritti e di un cuore sinceramente dedito alla pietà. Ave, anima dulcissima, desideratissima.
Lasciava manoscritti, oltre agli accennati, non pochi altri lavori, però parte appena sbozzati, parte solo tracciati e molti appunti di letture fatte per servirsene all`uopo e annotazioni di vario genere, e alcune poesie, che la non mai sazia sua lima ci impediva di assaporare.
Tra questi appunti, annotazioni e sbozzi si trovano anche indicate materie relative agli argomenti, ch`egli stesso aveva promesso di dare nella sua operetta sui Sette cerchi del Purgatorio di Dante, e che si trovano accennati alla pag. 89 e 113 della seconda edizione, cioè sugli Angeli dell`Antipurgatorio e del Paradiso terrestre, e sui personaggi scontrati da Dante, specialmente Italiani, sulla storia dei loro tempi e sugli intendimenti civili del poeta, che aveva in animo di dare, come ivi scriveva «se la provvidenza ci largirà e tempo e forze da allargare il nostro lavoro».

V. De Vit




1 La sorella Marianna, rimasta vedova di Alessandro Schiavoni, entrò nel chiostro della Visitazione di Verona, dove morì l`undici novembre dell`anno 1853.

2 Forse a tale sospetto non era estraneo l`autore stesso, che aveano per lui i suoi discepoli, eccitati sovente da esso con premi speciali a proprie spese, come narra il Biadego, o e dopo di lui il Conte Carlo Cipolla nei cenni biografici del Perez.

3 Sembra che gli fosse passato per la mente il pensiero di farsi prete fino dal tempo della sua relegazione in Verona, e che fin d`allora si fosse dato agli studi teologici, secondo che narra il Biadego.

4 Furono da lui pubblicate la prima volta in Roma, 1835, in 8vo, col titolo: Ad Elena Montanari-Perez, terzine; e la seconda volta in occasione delle Nozze Perez-Rensa, accompagnate da una breve biografia dell’a. dalla quale ho tratto il breve cenno di lui a principio.

5 Col titolo: Storia dei Còrsi di Ferdinando Gregororius recata dal tedesco in italiano. Firenze, per Felice Le Monnier, 1857, in-16mo Non pose il suo nome per la ragione, che io ritengo certissima, che essendo nel 1857 già novizio, come dirò più avanti, dell`Istituto della Carità, non si credesse da altri, che dunque in questo Istituto si concedesse a quelli che trovavansi in tale condizione di occuparsi perfino di studi profani. Però sotto quello di traduttore vi premise questa Prefazione: «Il dottore Ferdinando Gregorovius di Konigsberga scrisse sulla Corsica un`opera, che stampata in tedesco l`anno 1854 a Stoccarda, e presto tradotta in Inghilterra e in America, gli conciliò gli animi di quanti sanno amare ed apprezzare un fino e sicuro spirito di osservazione non disgiunto dalla vivezza dei più nobili sentimenti, una ricca e soda erudizione non separata dalle care ispirazioni della poesia. Prima parte di quest`opera, e quasi preparazione a intendere il resto, è una breve storia dei Còrsi, che per la prima volta or compare in veste italiana. Chi le diede la nuova veste, avrebbe voluto fare altrettanto dell`opera intiera; ma, deviato da altri studi e cure, si risolse a pubblicare intanto il presente libretto, nella speranza, che non affatto sia inutile l`imprimere con rapidi tocchi nelle menti giovanili una serie di vigorosi ed alti caratteri, posti l`uno dopo l`altro in un`isola, che per sito, per favella, per indole, per istoria è assolutamente italiana.

6 Coi tipi del Bertolotti In Intra e dedicato al successore del medesimo d. Giuseppe Gioachimo Cappa, con questo titolo: Commemorazione funebre del Sacerdote Gio. Luigi Bertetti, preposito Generale dell’Istituto della Carità, dottore in teologia, consultore della sacra Congregazione dell`Indice, letta nel giorno XVII di settembre dell`anno MDCCCLXXIV, nella chiesa del Crocifisso sopra Stresa.

7 Hanno per titolo: I. Sull`Idillio e sulla nuova letteratura italiana. - II. Della Bellezza. - Ill. Galateo dei Letterati. - IV. La Carta di Scusa, - V. Prefazione al volgarizzamento della vita di S. Girolamo, testo di lingua emendato con varii manoscritti.

8 Pubblicò pure in piccolo formato diverse operette spirituali del Rosmini. Tra le altre il discorso inedito intitolato Il Sacrificio, Intra, 1861, che poi rivide la luce, pariinente per sua cura, in un volumetto che ha per titolo: Scelte operette spirituali di Antonio Rosmini, Intra, 1871 in 32`; le quali contengono cinque discorsi letti dal Rosmini nel giorno della professione religiosa di alcuni fratelli dell`Istituto della Carità e nei quali si spiega appunto lo Spirito del medesimo. Il primo di essi tratta l`argomento in generale, gli altri quattro scendono al particolare. Hanno per titolo il 2° la Giustizia, il 3° la Volontà di Dio, suprema norma dell`operare: il 4° la Carità, e il 5° il Sacrificio. Questa è la prima edizione che li compendia tutti riuniti insieme. — Altro consimile volumetto contiene le Lezioni spirituali sulla Perfezione Cristiana pubblicato ivi stesso e nel medesimo anno. Sono dieci lezioni già ristampate più volte. A parte egualmente pubblicò, tolto dalle Operette Spirituali stampate in Napoli, Il modo di assistere alla Santa Messa, dello stesso autore, Intra, 1865.

9 Il programma di concorso fu pubblicato in Torino il 15 marzo 1874 dal Presidente di essa Accademia Federigo Sclopis, nel quale è detto che il lavoro dei concorrenti doveva essere presentato non più tardi del 31 dicembre del 1875. Il Concorso riuscì la prima volta vuoto di effetto, e fu riprodotto una seconda volta, non so con qual esito.

10 Né anco deve tacersi come, essendo il Perez richiesto di assistere il Barone di Bieberstein di Würtemberg, nella traduzione del sistema filosofico del Rosmini in lingua tedesca, vi si prestasse con tutto l`impegno per fargli superare le non poche difficoltà che incontrava in quel lavoro: sicché può dirsi che anche questo sia in buona parte opera sua. Quella traduzione fu pubblicata senza nome di traduttore con questo titolo: Antonio Rosmini Serbati`s Philosophisches System übersezt aus dem Italienischen nach der neuesten Ausgabe, Regensburg, 1879, in-8o.

11 Tra i principali corrispondenti suoi per lettera, che ora ricordo, vanno annoverati Mons. Alfonso Capecelatro, ora Card. Arciv. di Capua, il P. Vincenzo Marchese, il Consigliere Antonio Crocco di Genova, il co. Giovanni Cittadella, il co. Andrea Cittadella Vigodàrzere, il co. Federico Sclopis, i conti Cipolla e Pompei di Verona, il p. Giuseppe Buoni, Nicolò Tommaseo, e molti e molt’altri. Di quest`ultimo esistono più lettere a lui dirette, alcune delle quali, di argomento letterario, furono puhlicate nel periodico la Sapienza. L`Argomento dell`ultima è: come debba essere condotto un lavoro su Dante.

12 Narra il co. Cipolla nella citata biografia del Perez, che nel consiglio Comunale di Verona fu anche proposto che le spoglie di lui, levandole da quello di Stresa, si dovessero deporre nel patrio cimitero nella edicola riservata agli uomini illustri.

Autore:
[Vincenzo De Vit]

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