«Noto più comunemente sotto il nome di Antonio da Leva, fu il guerriero più prode di Carlo V ed uno de` più famosi della Spagna, n. 1480 nella Navarra, m. 15 settembre 1536.
Cominciò a militare nel regno di Napoli sotto Consalvo di Cordova, detto il Gran Capitano, e passò per la prima volta in Italia sotto gli ordini di Manuello di Benavides. Narra il Guicciardini, come nel 1512 egli fuggisse a Ravenna, ma 10 anni più tardi, dando continue prove della sua abilità, ebbe da Prospero Colonna l`incarico di guardare Pavia. Ammirabile fu il modo con cui ne sostenne il lungo assedio
(1), finchè escito il 24 febbrajo 1525 alla testa del presidio, assali i Francesi alle spalle e decise la famosa giornata, in cui Francesco I
perdette tutto fuorchè l`onore. Dopo la morte del celebre marchese di Pescara, avvenuta il 30 novembre dello stesso anno, il Leyva gli succedette interinalmente nel comando delle truppe ed operò in guisa da meritarsi l`abborrimento de` popoli, e segnatamente de` miseri abitanti di Milano, costretti dalla disperazione, i meno forti a fuggire, gli altri a tumulti ed insurrezioni; dimodochè la città venne abbandonata più volte al sacco, al ferro ed al fuoco, mentre l`infelice duca Francesco II Sforza, rinchiuso nel castello di Porta Giovia, gemeva sulle tante calamità che straziavano la patria. Nel 1526 dovette cedere il supremo comando al contestabile di Borbone, il quale avendo, per sofferte ingiustizie, disertata un anno prima la causa del proprio principe, era stato eletto da Cesare suo luogotenente generale in Italia. Durante l`invasione francese del 1527 s`impadronì di Novara, scacciandone la guarnigione sforzesca, mercè l`ajuto di Filippo Torniello, e, guadagnatosi il bellicoso Gian Giacomo de` Medici, respinse da Marignano lo Sforza, entrato allora in alleanza coi Francesi e coi Veneziani; conquistò nel maggio 1528 Abbiategrasso, ricuperò Pavia, caduta alcuni mesi prima (5 ottobre 1527) nelle mani del signore di Lautrec
(2); quindi il 21 giugno 1528 battè a Landriano e fece prigioniero con tutta l`artiglieria nemica il valente capitano Francesco di Borbone, noto sotto il nome di conte di S. Paul. Ad onta delle reiterate suggestioni con cui studiossi pregiudicare allo Sforza, potè questi, in seguito alla pace stipulata nel congresso di Bologna ed ai caldi offici del pontefice Clemente VII, conseguire il 23 dicembre 1529 la conferma dell`investitura, già statagli concessa del ducato di Milano. Onde poi allenire l`odio concepito contro quel buon principe dal Leyva, valse la munificenza di Carlo V, il quale, al devoto generale assegnò in proprietà la città di Pavia e la contea di Monza con una rendita annua di 7000 scudi. Incalzato nuovamente dalle circostanze alla guerra, l`imperatore rivide nel 1533 Bologna, ove conchiuse col pontefice, col duca di Milano ed altri sovrani una lega, detta italiana, e generale-capitano di essa venne eletto il Leyva, che, morto lo Sforza il 1 novembre 1535, ebbe altresì l`incarico di reggere il vacante ducato col titolo di
cesareo luogotenente. Diede allora principio alle mura che attorniano anche oggigiorno la nostra città, e, scorsi appena pochi mesi, fu trascelto a formar parte della spedizione d`Africa; poscia, fidando, secondo alcuni, in una predizione che all`imperatore assicurava nel 1536 la corona di Francia, lo spinse a gittarsi in quello stesso anno in Provenza; e secondo altri invece lo avrebbe scongiurato persino in ginocchio a non avventurarvisi. Comunque siasi quella campagna riesci fatale ad entrambi e peggio al Leyva che vi lasciò la vita. La salma del valorosissimo duce venne trasportata a Milano e sepolta nella chiesa di S. Dionigi; ma demolita questa, la di lui urna fu trasferita, durante il 1785, nella chiesa di Santa Maria del Paradiso in porta Vigentina. Antonio da Leyva venne fatto eziandio principe d`Ascoli e duca di Terranuova.
Soldato fedele, intelligente e prode, potè dagli infimi gradi salire ai primi e tutta cattivarsi la fiducia del sovrano, lasciando fama, del resto, di sleale coi vinti, superbo ed inesorabilmente crudele coi soggetti. Rinvenendo nello Sforza un inciampo agli ambiziosi suoi disegni, il tenne d`occhio per trovare pretesti d`accuse, e, ove questi mancavano, non si vergognò ricorrere alla calunnia. Gli storici francesi lo incolpano di avere d`accordo coll`altro generale spagnuolo, Ferrante Gonzaga, propinato un mortifero veleno al Delfino di Francia col mezzo di un suo coppiere, Sebastiano Montecuccoli, il quale, fra gli spasimi della tortura, fu costretto a confessare il supposto delitto, e per sentenza proferita il 7 ottobre 1536 venne squartato alla presenza del re Francesco I e de` principali personaggi della sua corte. A un`epoca in cui ogni turpe azione era accetta, purché menasse allo scopo, pochi furono quelli che il delitto infame revocarono in dubbio, tanto più trascinati a siffatta credenza dalla voce, avere già l`illustre capitano ricorso allo stesso mezzo per ispacciare, come a suo tempo si narrò, l`incauto Gian Paolo Sforza, fratello naturale dell`ultimo nostro duca Francesco II.
Ebbe il Leyva alta statura, volto bianco; occhi, barba e capelli piuttosto castani. Non sapendo Carlo V come meglio onorare il merito del Leyva, invitollo un giorno a sedersi ed a coprirsi in sua presenza, vincendone l`ossequiosa ritrosia con queste parole:
Bien merece un jeneral de tantas campañas estar sentado y cubierto al lado de un emperador que solo cuenta treinta años. Una di lui completa armatura, pregevole opera di officina milanese, conservasi tuttora nella reale armeria di Madrid
(3).
Lett. in parte autogr. seg. 12 aprile 1527 con sug., al conte Battista di Lodrone, cotonnello degli Alemanni.
Dec. 18 aprile 1528 seg. sopra perg. Conferisce la cattedra senatoria a Filippo Castiglioni, fratello di Gerolamo, presidente del Senato.
Lett. seg. 21 agosto 1529, dal felicissimo esercito cesareo in Landriano, alli magnifici e carissimi il sig. presidente e maestri delle entrate ordinarie di Milano. Vuole che il dazio della macina venga pel 1530 deliberato a Giovanni de Marino.
Lett. con varie parole autogr. seg. da Piacenza il 27 giugno 1531 , all`eccellentissimo signore il sig. duca di Milano (Francesco II Sforza), assicurandolo ”ch`egli non s`intromesse in cosa che fusse contra suo servitio, anci è (suo) animo, siempre che si degni comandare, de farli ogni servitio possibile...” Menzogne non nuove!
Lett. ut supra, con cui presenta al duca il magnifico Salamanca suo inviato.
Lett. segnata da Monza 19 dicembre 1531, ad Alessandro Bentivoglio, governatore di Milano, dichiarandogli: ”essere stata cosa simulata ed erronea l`avviso de ritrovarsi contra 700 fanti in questa terra, perocchè qua no ghe soldato alcuno che no sia al servitio del signore duca ecc.”
2 ritr. antichi, di cui l`uno come a Tav. II e l`altro in abito guerresco.
(1) Durante il medesimo, non polendo egli acquetare i Tedeschi che chiedevano le loro paghe, né potendo in verun modo procurarsi danaro per soddisfarli, fece battere le sue argenterie in forma di monete col proprio nome. Vedi fascicolo I.° Elenco delle zecche d`Italia, pag. 27.
(2) Trovavasi a quel tempo in Pavia quale podestà e governatore Francesco Sfondrato, uomo di toga e di lettere, che fu poi cardinale e vescovo di Cremona, padre del pontefice Niccolò Sfondrato.
(3) Brantóme (Pietro de Bourdeilles signore di),
Oeuvres, La Haye 1740; Paris 1787. — Du Ballay Guglielmo e Martino,
Memoires, 1753. — De Thou Giacomo Agostino,
Hist. universelle de son temps. — Giovio Paolo,
Historiarum sui temporis, Firenze 1550. — Mezeray (Francesco Eudes di),
Histoire de France, 1646. — Roberston, Saudaval,
Vita di Carto V. — Rosmini Carlo, Verri Pietro,
Storia di Milano, ecc.»
Fonti Bibliografiche:
D. Muoni,
Collezione d`autografi di famiglie sovrane. Celebrità politiche, militari, ecclesiastiche, scientifiche, letterarie ed artistiche, illustrata con cenni biografici, documenti, fac-simili, ritratti, monete di alcuni Stati italiani, Milano, Francesco Colombo librajo-editore, 1859, pp. 18-19.
- Autore:
- [Damiano Muoni]
- A Cura di:
- [Roberto Bellosta]
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