È il più celebre senza confronto di questa famiglia, ed uno dei più distinti personaggi, che abbia onorate le sponde del nostro Lago. Alcuni supposero erroneamente che
Martire fosse il suo proprio cognome, ed altri che fosse cognominalo
Anglerio,
1 mentre fu chiamato Pietro Martire dalla devozione, ch`ebbero i suoi genitori verso di questo Santo così denominato, e
D`Angera dal luogo originario della sua casa. Il p. Celso Rosini scrivendo nel suo
Lyceum Lateranense (Vol. 1, p. 117) del
p. Basilio Sereni, affermò, non saprei dire su quali documenti, come osserva l`Argelati (I.c., T. I, pag. 47), che anche Pietro Martire era di questa famiglia. Ma ci è tolta ogni dubbiezza su questo punto dal medesimo Pietro Martire, il quale nelle sue opere chiama sempre se stesso e così anche si sottoscrive,
ab Angleria.
2
Si dubitò da taluno del luogo preciso della sua nascita, se in Angera o in Arona, ed anzi la maggior parte degli scrittori argomentandolo dal suo cognome Io asseverarono apertamente nato in Angera.
3 Al contrario però Girolamo Tiraboschi nella sua storia della Letteratura Italiana (T. VII, P. II, p. 339, dell` ediz. di Modena, 1778) scrisse ch`era di Angera, ma nacque propriamente in Arona, e lo stesso afferma il Mazzucchelli (l.c., T. I, P. II, pag. 773), aggiungendo, che era di una famiglia illustre milanese, che traeva la sua origine da Angera. Il Medoni poi (l.c., p. 313), e dietro lui il cav. Luigi Boniforti nel suo opuscolo:
Arona e le strade al Lago Maggiore (Torino, 1855, pag. 15) recano in prova di ciò un istrumento del 26 giugno 1502 esistente tuttora nell`Archivio notarile di Arona. Ma né anco di questo c`era mestieri, attestandoci lo stesso Pietro Martire nella lettera CCXLVIII della sua collezione di essere nato in Arona.
4 Tuttavia il saper noi con certezza, che la sua famiglia era d`Angera, dove altri illustri personaggi della sua casa ebbero i natali, e il sapere di più, che per tale volle essere riconosciuto egli stesso chiamandosi e soscrivendosi sempre
ab Angleria e Milanese (Mediolanensis), e che per tale fu ognora da tutti riconosciuto, sono titoli, io credo, bastevoli per ascriverlo tra gli uomini illustri di Angera, alla quale non mi da l`animo di toglierlo per concederlo unicamente ad Arona, sebbene d`altra parte anche questa possa ragionevolmente concorrere nel proclamarlo per suo. Ciò che all`una si dà, non s`intende togliere all`altra.
Di famiglia dunque originaria di Angera nacque Pietro Martire in Arona l`anno 1455. Si trae questa data da una sua lettera scritta il 13 settembre 1518, nella quale racconta egli stesso, che si trovava allora sulla fine dell`anno sessagesimo terzo della sua età.
5 Ebbe la sua educazione in Milano e vi si fece conoscere ed ammirare pel suo ingegno pronto e vivace, non meno che per sue qualità morali. Queste gli aprirono l`adito alla servitù del Cardinale Ascanio Sforza Visconti, che l`ebbe seco in Roma, dove si era trasferito sino dall`anno 1477, pel corso di circa dieci anni, e sel tenne assai caro. Quivi pure entrò nella famigliarità del Card. Giovanni Arcimboldo, Arcivescovo di Milano, e contrasse relazioni e amicizie con molti letterati, de` quali abbondava Roma in quei tempi e tra gli altri col famoso Pomponio Leto, con Pietro Marso, con Teodoro di Pavia, medico di Luigi XI, re di Francia, e in modo particolare con Enrico Lopez Mendoza, conte di Tendilla, allora ambasciatore spagnolo presso la corte pontificia.
Diffidando egli di conseguire in Italia, che era allora più che mai travagliata da intestine discordie, ciò che forse gli sarebbe stato facile altrove, e tirato più ch`altro dalla fama delle imprese guerresche di Ferdinando e Isabella di Spagna contro dei Mori, fermò seco stesso di colà recarsi. Pertanto nel 1487 dato un mesto addio, cel narra egli stesso nella prima sua lettera, al Cardinale Ascanio, che avea cercato di trattenerlo, e n`ebbe a patire grande rammarico, si avviò col suddetto Mendoza alla volta di Spagna.
Giunto a Saragozza, dove allora si trovava la corte, l` ambasciatore lo presentò al Re ed alla Regina, i quali lo accolsero assai di buon grado e lo tennero seco in alcune spedizioni militari, essendo suo pensiero di applicarsi all`esercizio della guerra. Fece egli in fatti la prima campagna nel 1489, e si trovò all`assedio di Baca, che ai 5 dicembre di detto anno fu presa. Ma dopo la caduta di Granata, che fu nel 1492, disgustatosi del mestiere dell`armi, abbracciò Io stato ecclesiastico, e ricevette gli ordini sacri in quest`ultima città. La considerazione, che di lui aveva la Regina, lo fece destinar maestro di belle lettere ai giovani paggi della corte. Incominciò ad esercitar questo ufficio in Valladolid l`anno stesso della sua ordinazione 1492, e quindi appresso seguitò la corte in Saragozza, in Barcellona, in Alcalà ed altrove.
In questo tempo Pietro Martire si era già fatto conoscere abile e destro anche nel maneggio dei pubblici affari; per la qual cosa re Ferdinando lo adoperava sovente nella trattazione di alcuni negozii importanti.
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Aveva di que` giorni il Soldano d`Egitto, Campsone Gauro, spedito a re Ferdinando il P. Antonio da Milano, guardiano de` Francescani al Santo Sepolcro in Gerusalemme per intimargli, che quando non desistesse dal perseguitare i Mori in lspagna, egli pure avrebbe trattato nella stessa maniera i Cristiani della Siria e dell`Egitto. Il Re accolse benignamente il P. Antonio e lo rimandò al Soldano insieme con Pietro Martire eletto suo ambasciatore ad esso, affine di renderlo meno avverso ai Cristiani, coll`ingiunzione di recarsi primieramente in Venezia quale suo legato in pari tempo a quella Repubblica.
Partì Pietro Martire da Granata il 13 agosto dell`anno 1501, ed arrivò il primo di ottobre in Venezia, ove da quella Repubblica fu accolto come ambasciatore di quel re con dimostrazioni di stima. Di qua s`imbarcò sopra una galeazza che lo trasportò in Alessandria d`Egitto il giorno di Natale del detto anno. Trasferitosi al Cairo ebbe udienza dal Soldano nei giorni 2, 8 e 21 di febbraio del 1502, e con sì felice successo, che ottenne tutto ciò che gli domandò e principalmente la facoltà di ristaurare i luoghi santi di Gerusalemme e dei dintorni, la diminuzione degli aggravi che ogni giorno si accrescevano ai pellegrini Cristiani e la cessazione dalle ingiurie. Visitò in questa occasione le vicinanze del Cairo e sopra tutto le piramidi. Indi trasferitosi nuovamente ad Alessandria, si partì da questa ai 22 di maggio ed arrivò in Venezia ai 31 di esso mese. Di là avviatosi alla volta di Milano poco mancò, che i Francesi, che allora dominavano in buona parte dell` Alta Italia, non lo facessero quivi arrestare quale spia degli Spagnuoli. Ma il Cardinale Giorgio d`Amboise e Giangiacomo Trivulzio, maresciallo di Francia che si trovava essere in qualche parentela con esso lui, gli fecero avere un passaporto da Luigi XII re di Francia.
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Racconta il Medoni che fu in questa occasione che Pietro Martire rivide la sua patria natale e donò alla chiesa di Santa Maria varie reliquie e degli oggetti preziosi in rendimento di grazie dello scampo dai pericoli, ai quali fu esposto nei suoi grandi viaggi.
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Si rimise quindi in viaggio e giunse sul principio del mese di agosto in Saragozza. Così ebbe fine la sua legazione.
9 Da questo tempo andò seguendo la corte a Toledo, ed Alcalà, a Segovia e a Medina del Campo, dalla quale ultima si partì ai 23 di novembre del 1504 per accompagnare a Granata il corpo della regina Isabella già morta.
La stima del re Ferdinando verso di lui si fece sempre più conoscer maggiore; perocché questo sovrano dopo di averlo eletto consigliere degli affari delle Indie e dopo di avergli ottenuto dal Pontefice il titolo allora assai distinto di Protonotario Apostolico, lo nominò nel 1505 priore della chiesa di Granata e gli accordò nel 1515 un benefizio a Lorca presso Cartagena. Né punto minore era il concetto, che di lui aveva la regina Giovanna, la quale non dava orecchio che a due vescovi e a lui, allorché si trattava di qualche ceremonia, ed era perciò in necessità di seguire la corte.
In questo periodo di tempo si occupò Pietro Martire a descrivere la sua ambasciata in Egitto, egli divise in tre libri e intitolò
De legatione Babylonica, perché ritenevasi che il Cairo da lui visitato, fosse l`antica Babilonia di Egitto. Questi tre libri furono a sua insaputa stampati insieme con una decade delle sue lettere
De rebus Oceanicis, e varie poesie da lui composte in diverse occasioni.
10 Egli stesso c`informa di tutto ciò nella edizione che ne fece da poi l`anno 1516, accresciuta d`altre due decadi delle cose Oceaniche e delle isole nuovamente scoperte, e dedicò al sommo pontefice Leone X.
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Narrano che questo papa leggesse dopo cena non senza grande entusiasmo queste lettere a sua sorella ed ai suoi cardinali sino a notte molto avanzata, e che tanto ne fosse preso da quella lettura, che commettesse al Bottrigari, suo ambasciatore alla corte di Spagna, di sollecitare l`autore a continuare la serie delle sue
Oceaniche. E di fatto noi troviamo che queste furono nelle posteriori edizioni portate prima al numero di cinque decadi e in ultimo di otto.
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La lunga carriera diplomatica di Pietro Martire abbracciò la scoperta dell`Isola più occidentale del gruppo delle Acori, di Corvo e le spedizioni di Diaz, di Colombo, di Gama e di Magellano. Legato in amicizia con Cristoforo Colombo, con Amerigo Vespucci, con Sebastiano e Giovanni Cabot, ch`esso anche frequentemente ospitava in sua casa in lspagna, e col Cortes, ed informato pienamente della navigazione di Colombo, della quale ebbe in mano i documenti, potè scrivere le dette sue decadi, ciascuna di dieci libri di lettere, intitolate, come fu detto
De rebus oceanicis sive de navigatione et terris de novo repertis, e nelle quali descrive, se non con molta eleganza certo con facondia i fatti contemporanei in forma da farle credere dettate a mano a mano che giungevano le informazioni, mentre dagli anacronismi che vi si rilevano, si convincono scritte molto tempo dopo.
Le sue oceaniche, lui ancora vivente, fecero il giro dell` emisfero, e l`Autore ne riscosse plauso ed ammirazione: furono tradotte e commentate da molti e se ne fecero estratti non pochi.
13 Si può dire che non v`ha scrittore del secolo XVI e del seguente di qualche importanza, che non ne parli con lode. Per citarne alcuno, ecco come lo decanta un Giovanni Matteo Toscano, suo quasi contemporaneo, nel
Peplo d`Italia:
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Quas Stephanus aut Ptolemaeus aut Strabo aut Mela
Terras nequivere gradu adire, nec scriptis,
Angleriae, illas arduus penetravit
Laborque illis explicavit aeternis:
Labor vetusta laude cosmographorum
Hoc clarior, quo proferens solis metas
Plagam ampliorem pervagalus est orbis.
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Né meno importante fu la collezione delle sue lettere, fatta solo dopo la morte di lui per intero. Sono distribuite in 38 libri in numero di 813, l’ultima delle quali però è un frammento, e vanno dall`anno 1488-1523, e contengono una preziosa miniera di notizie per illustrare la storia dei secoli XV e XVI. Ne fu fatta la prima edizione in Compluto l`anno 1530, e la seconda dall`Elzevirio in Amsterdam nel 1610 col titolo
Opus epistolarum Petri Martyris Angleerii Mediolanensis etc. Ma torniamo alla vita di lui.
Dopo la morte di re Ferdinando, avvenuta l`anno 1516, non si diminuì punto in quella corte il credito di Pietro Martire; mentre due anni dopo gli si propose di spedirlo ambasciatore in Turchia al gran Sultano Selim l, ma se ne scusò pei suoi incomodi di salute e per l`età sua troppo avanzata. Nel dicembre del 1519 fu mandato in Valenza per sedarvi alcuni tumulti, che vi avevano suscitati le estorsioni dei Fiamminghi, i quali si trovavano allora in Ispagna.
Essendo poi stato eletto a Sommo Pontefice ai 9 di gennaro del 1522, il Cardinal di Tortosa, che prese il nome di Adriano VI, mentre questi si trovava in Vittoria, città di Cantabria, Pietro Martire si trasferì in questa ben tosto per inchinarsegli, siccome quegli che lo conosceva da molto tempo e lo aveva servito d`interprete, allorché quel Prelato andò in lspagna sotto il regno di Ferdinando. Lo accolse il Sommo Pontefice con dimostrazioni di stima, ed avrebbe desiderato di seco condurlo a Roma. Ma Pietro Martire non potè aderire all`invito a cagione della sua età già di molto inoltrata. Non lasciò tuttavia il Pontefice di fargli palese la sua beneficenza perocché l`anno seguente 1523, gli diede l`arciprebenda di Ocagna, città della Spagna nella nuova Castiglia, della quale Pietro Martire si contentò di godere le entrate, cedendone il titolo ad Antonio Tamaron giureconsulto suo procuratore.
Anche l`imperatore Carlo V fece conoscere la stima, che aveva di lui conferendogli l`abbazia di S. Giacomo che si dovea stabilire nella Giammaica, della quale Pietro Martire impiegò l`entrata del primo anno per fabbricarvi in pietra la chiesa, che essendo di legno era stata per ben due volte per lo innanzi arsa dal fuoco. Si leggeva un tempo sulla porta della Chiesa di Siviglia d`Oro della detta Isola una iscrizione che ci descriveva tal fatto.
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Non ci è noto l`anno preciso della sua morte: si può tuttavia circoscriverne il tempo. Una lettera che non si ha tra le pubblicate, scritta al co. Giovanni Moroni, e che esiste tuttora tra le manoscritte di questo, come nota l`Argelati (op. cit. T. I, pag. 47) ricordata pure dal Mazzucchelli, porta la data del 31 ottobre 1525. Se questa, come sembra, fu l`ultima da lui scritta, la sua morte deve essere avvenuta o sulla fine dello stesso anno 1525 o nel seguente, nel quale siamo fatti certi ch`era già morto dall`iscrizione, che gli fu posta sul suo sepolcro nel duomo di Granata, e che è così riferita dal suddetto Mazzucchelli:
RERVM • AETATE • NOSTRA • GESTARVM • ET • NOVI • ORBIS • IGNOTI • HACTENVS • ILLVSTRATORI
PETRO • MARTYRI • MEDIOLANENSI • CAESAREO • SENATORI • QVI • PATRIA • RELICTA • BELLO • GRA
NATENSI • MILES • INTERFVIT • MOX • VRBE • CAPTA • PRIMVM • CANONICO • DEINDE . PRIORI
HVIVS • ECCLESIAE • DECANVS • ET • CAPITVLVM • CARISSIMO • COLLEGAE • POSVERE • SEPVLCRUM
ANNO • MDXXVI
Pietro Martire, alla fama di eccellente oratore, per la quale ebbe nome e fu chiamato il Plinio del suo secolo, aggiunse anche quella di valente poeta latino. I suoi carmi furono stampati insieme nella prima edizione delle sue opere nel 1511, come ho di sopra accennato. Altre sue poesie si trovano nelle sue lettere scritte negli anni 1517 e 1518 contro i Francesi. Un carme estemporaneo in bellantes ex imperii cupiditate nella lettera DLVI della prima edizione, ed altro in morte del fratello Giovanni Battista avvenuta l`anno 1517. Consta poi dalle medesime sue lettere che egli aveva anche un altro fratello, chiamato Giorgio, che gli sopravvisse, e si trova, come nota l`Argelati (l.c.), governatore di Monza nel 1547.
Il Catalogo delle sue opere fu dato dall`Argelati suddetto e dal Mazzucchelli, che noi abbiamo seguito in gran parte in questi brevi cenni. Quest`ultimo ricorda ancora altre opere che vennero erroneamente a lui attribuite, come quella De bello Granatensi e l`Historia Palaestinorum, Tyriorum et Sidoniorum, Tiguri, 1592, in 4°15 ed altre ancora.
Ricorderò da ultimo, che tra quelli che scrissero con lode di Pietro Martire d`Angera, oltre ai mentovati sin qui, furono anche fra gli stranieri il Gesnero nella sua Biblioteca universale, il Robertson nelle sue Storie d`America, e P Humbold Del Cosmos (Traduzione dal francese, Milano, 1849, P.II, pag. 226), e tra i nostrali il Possevino nei suoi Apparati sacri, il Giovio , e il Cantù nella sua Storia dei popoli Italiani ai capi LXXV e CXLI, e moltissimi altri, cui sarebbe lungo l`annoverare.
1 Così il Moreri nel suo Grand Dictionaire historique, Amsterdam, 1740, fol., lo registra in questo modo: «MARTYR (Pierre) surnommé Anglerius, Angleriensis, par ce ch`il [sic, per qu’il] étoit d`un petit bourg prés de Milan, conau [sic, per connu] sous le nome d`Anghiera, dit en latin Angleria». Perciò l`Elzevirio nell`edizione che fece delle sue lettere nel 1670, vi appose questo titolo: Opus epistolarum Petri Martyris Anglerii, etc.
2 Il medesimo inoltre scrive nella sua lettera CCXLVIII (ediz. Elzev.) della propria famiglia: Stirps haec ab Angleria nostra ab avis atavisque Mediolanensis… Hinc sanguis noster Anglerius, hinc mea progenies. — E nella lettera CCXXXIX egualmente: Sunt numque Borromei Comites nostri generis amicissimi, ex primariis rerum Mediolanensium gubernatoribus. Est et loannes lacobus Trivultius, Gallicarum ductor copiarum, nostrae familiae DE ANGLERIA, Trivultia antiquioris, ut ipsernet inquit , sanguine coniunctus.
3 A cagion d`esempio il Moreri citato nella precedente tra gli stranieri , e il Piccinelli tra i nostri nel suo Ateneo dei Letterati (pag. 463), e moltissimi altri dietro di loro.
4 È quella stessa che ho testè citata, e credo di far cosa grata alla città di Arona recandone il brano, nel quale fa inoltre una descrizione di essa assai per quel tempo vantaggiosa. Dopo di aver detto che la sua famiglia era di Angera, soggiunge: Attamen cum me utero mater gestaret, sic volente patre, Aronam, ubi pleraque illis erant praedia domusque, concessit. Est autem Arona oppidum insigne, in Verbani lacus, quem iuniores LACUM MAIOREM appellant, ripa situm munitissimum et bene fortunatum, moenibus in alae formam dispositis, numerosis turribus, atque eminenti arce convexa moenibus, ab impetu hostium tutissimum, si qua hostes ingruant. Sunt namque Aronenses Helvetiis Germanisque proximi, neque a Gallis et Hasta oppido maxime distant.
Ad eius etiam oppidi nundinas saepe concurrunt; nundinarium namque est et frequens mercatorum commercio: equorum huc Helvetiorum Germanorumque multitudo ingens venum confluit. Lacus vero is, etc. E qui segue a fare la descrizione del Lago e delle varie specie de` paesi, de` quali abbonda, che noi conosciamo.
5 Veggasi tra gli altri il P. Giampietro Niceron barnabita, nelle sue Memoires pour servir à l’histoire des hommes illustres de la Republique des Lettres, Paris, 172745, in 43 volumi, nel 23 delle quali parla a lungo del nostro Pietro Martire attingendone le notizie principalmente dalle sue lettere; e Niccolò Antonio nella sua Biblioth. Hisp. Nov., T. 2, pag. 363.
6 Tra le varie missione ch’ebbe intorno a questo tempo, da una sua lettera, la CXCI della Collezione Elzeviriana, scritta nel 1498, si rileva ch`egli era stato da re Ferdinando mandato in quell`anno stesso legato in Ungheria.
7 Tutto questo si trae dalle sue lettere. Ne riferirò qualche tratto anche per dare un saggio del suo stile epistolare. In quella del 27 giugno 1502 (n° CCXLII) scrive: Mediolani sum. Gilbertus et Phílippus fratres Borromeae Domus, quae primaria et potens in hac urbe, Comites ambo me susceperunt hospitem: hi et duo fratres ipsorum alii mihi semper adstant. Galli gubernatores quatuor, ut me apprehenderent consilium inierunt Horum affiniumque aliorum ope, adhuc sum liber. — Nella lettera CCXLIV scritta Io stesso giorno , narra: Nunc ago Mediolani inter affines et amicos... de me autem si noscere cupis, inter spinas ne an rosas convolvar, accipito. lnierunt saepe Galli diversa consilia caperentne me an dimitterent: exploratorem putabant, missumque nuper; non autem a regiis redire mandatis autumabant. Et nisi magnae auctoritatis viri profectionem meam ab anno superiore testati fuissent, et mihi magno nixu favissent, actum erat de me: iam compedibus premerer et catenis veluti ceteri, qui intra fines Gallicos Hispani deprehensi sunt. Nelle lettere poi CCXLV e CCXLVII narra gl`impegni del conte Giberto Borromeo e del Maresciallo Giangiacomo Trivulzio, e del Cardinale d` Amboise, che però sulle prime lo accolse assai bruscamente, per fargli ottenere dal re di Francia un salvocondotto per portarsi in Ispagna.
8 Appoggia il Medoni questo suo racconto (I.c. pag. 313) al citato strumento del 26 giugno 1502 esistente nell`archivio notarile di Arona il quale ora però, se pur anco esiste, non è più intelligibile, come venni assicurato da persona, che ne fece per me espressa ricerca. Tuttavia sebbene non si abbiano altre prove di questi doni fatti alla Chiesa di Arona, non credo, che possano porsi in dubbio, essendo cosa certissima che Pietro Martire prima di partir per la Spagna visitò la sua patria natale, e vi si trattenne per alcuni giorni. Ecco come ne parla egli stesso nella lettera CCXLVIII già citata: Huc (cioè Aronam) igitur ego ex itinere, guia ibi me mater dederat orbi, ad veteres amicos affinesgue diverti, quotquot in hoc iacent corpuscolo spiritus, quotquot animantes fibrae miro intra sese titillo garrientes prae laetitia, vires conduplicarunt. Ex natali ego terrae complexu, ex veterum amicorum et affinium repetita undecim dierum consuetudine, tam longae peregrinationis meae fastidio excussi, omnis lassitudo laboresque omnes cesserunt illico. Né meno notevole, rispetto a questa visita, è ciò che scrisse circa vent’anni dopo all`Arcivescovo di Cosenza Giovanni Rufo il 3 dicembre del 1521 (lettera DCCXLVI): Quod abbatiae S. Gratiani illustris oppidi Aronae Verbani lacus portus et speculariae turris tantopere titulum cupiam (pare che desiderasse di esserne fatto abbate Commendatario), ne mireris: quanta sit soli natalis vis, non te latet. In eo sum oppido, utero gestatus aliunde, natus et altus a teneris, ubi avitum genus meum Angleriense possessiones et domos habebat ac praedia. Dum puer essem vidi locum divino cultu splendentem. A legatione mea Veneta, mox Babylonica, patriam visens, illius templi iacentis ruinam et Divini cultus explosi calamitatem deploravi, exsecratusque sum tantae impietatis voraces auctores Onocrotalos, qui neglectis Deo et coelitibus omnibus, templum iacere dirutum et divinum locum porcorum cortem factum patiantur, con quel che segue ancora più forte, e che qui ometto per brevità.
9 Raccontano alcuni scrittori che oltre alla detta, vi fu anche un`altra ragione di questa ambasciata di Pietro Martire al Soldano di Egitto. Tra i vani fini, che Cristoforo Colombo si era proposto nella scoperta del nuovo mondo erari pur quello di servirsi delle ricchezze, che avrebbe acquistate per la liberazione del Santo Sepolcro. Lasciato a parte questo pensiero nei primi anni della sua felice navigazione, gli ritornò alla mente vivissimo nei giorni della sventura. Fu allora che Colombo scrisse lettere calorose ai Monarchi di Spagna e di altri Stati, nonchè al sommo Pontefice, allora Alessandro VI: ma da questi nulla s`intraprese per favorirlo, e solo ottenne che fosse spedito in solenne ambasciata al Soldano d`Egitto il nostro Pietro Martire, come fu detto. Vedi la Vita di Cristoforo Colombo, scritta dalla dotta penna del Prof. Angelo Sanguineti, pubblicata in Genova, 1846, alla pag. 233.
10 Questa edizione fatta alla macchia porta questo titolo: Opera Petri Martyris Angli (così, forse per errore in luogo di Anglerii, come abbiamo notato di sopra), scilicet Legationis Babylonicae libri tres, Oceani decas, Carmina, lanus, Macchus, Pluto furens et reliqua poemata, hymni et epigrammata, cura Aelii Antonii Nebrissensis, Hispalli per lacobum Crumberger, a. 1511, fol. Edizione rara.
11 (2) La seconda edizione del 1516, è rarissima; un esemplare di essa sta nella Biblioteca di Parma, da me veduta. Termina: Cura et diligentia viri celebris Antonii Nebrissensis historici regii, fuerunt hae tres protonotarii Petri Martyris decades impressae in contubernio Arnaldi Guillelmi in illustri oppido Carpentariae provinciae Compluto, quod vulgo dicitur Alcala. Perfectum est nonis Novembris a. 1516. — Nella lettera dedicatoria al suddetto Pontefice: Accipiat, scrive Pietro Martire a Sua Santità, legationem hanc meam Babylonicam paulo reformatam ab ea, quae inepto charactere, me inconsulto, cum prima decade vagabatur. Narra inoltre, che era stato esortato a stampare intera quese opera dal Card. Ximenes, e in fine si sottoscrive: Petrus Martyr ab Angleria Mediolanensis, Ferdinandi et Elisabethae regibus, qui eum ad Venetos et Soldanum oratorem miserunt. — La sua opera De Legatione Babylonica fu anche tradotta con questo titolo Relationi di Pietro Martire delle cose notabili della provincia dell` Egitto, scritte in lingua Latina et hora recate nella Italiana da Carlo Passi, Venetia, 1561, in 8°.
12 Come nella edizione fatta in Alcala in Aedibus Michaelis de Eguia nel 1530, col titolo: De orbe novo decades octo, etc., e ristampate in Basilea nel 1533.
13 Un estratto in Italiano delle sue lettere de rebus oceanicis fu fatto col titolo: Sommario dell`Historia dell`Indie occidentali cavato dalli libri scritti dal Sig. D. Pietro Martire Milanese, pubblicato dal Ramusio nella sua Raccolta delle Navigazioni, ecc. in Venezia, 1563.
14 È la seguente: Petrus Martyr ab Angleria civis Mediolanensis, Protonotarius Apostolicus, huius insulae abbas, Senatus Indici consiliarius, ligneam prius aedem hanc bis igne consumptum latericio et quadrato lapide primus a fundamentis extruxit.
15 La causa dell`erronea attribuzione di quest`opera al nostro fu la somiglianza del nome, che avea comune con Pietro Martire Vermiglio, fiorentino, che abbracciò la Riforma e morì in Zurigo nel 1562, e fu probabilissimamente autore dell`opera sovraccennata. Oltre che con questo, fu il nostro confuso da taluni anche con un altro Pietro Martire Spagnuolo; fiorito nello stesso secolo XVI e autore dell`opera: Summarum constitutionum pro regimine ordinis praedicatorum, Parisiis, 1619; in 4.° — Vi ha poi un altro Pietro Martire Novarese, medico di professione, la cui famiglia credo che non abbia nulla a che fare con quella del nostro. Quest`ultimo è autore del libro De ulceribus et vulneribus capitis, che fu stampato in Pavia l`anno 1584, in 4.°, donde si trae, che dovette essere contemporaneo all`illustre d’Angera.
- Autore:
- [Vincenzo De Vit]
- A Cura di:
- [Gioacchino Civelli]
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