STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Nominativo:
Besozzi, Leonida
Descrizione Personaggio:
Storico, dirigente nell`industria chimica
Luogo e Data di Nascita:
Milano,  1920 nov 15
Luogo e Data di Morte:
Milano,  2004 gen 02
Testo completo:
decano degli studi verbanesi, Leonida Besozzi nacque nell’amatissima Milano, ma fu legato d’altrettanto amore al Verbano e alla casa avita di Bisuschio.
In questo 2004 Besozzi avrebbe tagliato il traguardo degli ottantaquattr’anni: era venuto infatti alla luce il 15 novembre 1920 da Leone Francesco Filippo (1881-1934), pittore e decoratore diplomato alla Scuola Superiore d’Arte Applicata all’Industria e uomo di grande sensibilità artistica e umana.
Fu madre a Leonida Besozzi Francesca Ambrosini (1888-1966), emigrata piccolissima in America, al seguito della madre e del padre, scalpellino nella grande tradizione viggiutese; oltre Atlantico Francesca seguì un corso di studi primari e imparò la lingua; rientrata in patria, la donna si prodigò assistendo i soldati feriti nella prima grande guerra. Le venne un diploma al merito come infermiera, che sarebbe diventato utile quando, alla tragica morte del marito Leone, Francesca Ambrosini Besozzi si trovò a mantenere con il proprio lavoro i due figli. Cresciuto in un ambiente sereno ma austero, per i limitati mezzi economici, Leonida Besozzi si iscrisse ad una scuola tecnico professionale; dopo un ripensamento, però, studiò latino e con un esame da privatista passò al liceo scientifico, frequentato brillantemente e brillantemente concluso (1938).
Grandi rivolgimenti mondiali erano oramai alle porte; in tempi tristi e incerti Besozzi maturò la scelta di una disciplina scientifica, e si iscrisse alla Facoltà di Chimica presso l’Università di Milano. Ma gli eventi precipitarono: arruolatosi come ufficiale, Besozzi frequentò il corso Allievi Ufficiali a Potenza, rientrando poi a Milano giusto l’ otto settembre 1943. Ligio al dovere onorò le consegne avute, raggiunse Bolzano, venne fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di concentramento per italiani, la cui cupa atmosfera venne rischiarata dalla personalità di Giovanni Guareschi e Roberto Rebora, compagno di camerata di Besozzi.
Conclusasi come Dio volle la prigionia il 26 agosto 1945, rientrato a Milano Besozzi riprese gli studi: si laureò in Chimica Industriale con il professor Cambi il 4 luglio 1947; entrò poi nel mondo del lavoro, impiegandosi presso la «Breda Siderurgica», dove provò l’asprezza della vita di reparto e sentì il disagio lavorativo che sempre consegue alla riconversione dalla produzione bellica alla civile.
Sposatosi nel frattempo (10 maggio 1948) con Adriana Leoni, nacque nel novembre 1949 il figlio Marco, amatissimo; la carriera professionale portò Besozzi alla SIAS Acciai Speciali Breda, dove concluse la propria attività nel 1981, non senza aver dato prova di sé con pubblicazioni relative a tematiche di chimica degli acciai, ospitate in riviste specialistiche del settore.
In un crescendo di passione e studi, Besozzi ritrova anche i giovanili entusiasmi per le umane lettere e la storia locale: diviene abituale frequentatore dell’Archivio di Stato di Milano, della Biblioteca Ambrosiana (che lo onora con la nomina a membro dell’Accademia di San Carlo), della Società Storica Lombarda, collaborando con varie altre istituzioni (Società Storica Varesina, Società dei Verbanisti, Biblioteca Trivulziana) e instaurando rapporti di amicizia con numerosissimi esponenti della cultura milanese, lombarda, piemontese. Sono gli anni in cui Besozzi è un riferimento certo non solo per le prestigiose riviste e volumi in cui appaiono i suoi scritti (Libri & Documenti, Studia Borromaica, Novarien., Archivio Storico Lombardo, Rivista della Società Storica Varesina, Bollettino Storico della Svizzera Italiana, Verbanus), non solo per i testi specialistici che gettano luce su questioni talora poco conosciute di storia milanese (Le magistrature cittadine milanesi e la peste del 1576- 1577, Cappelli 1988; I testamenti del card. Federico Borromeo, Cappelli 1993), non solo per i contributi a opere miscellanee (sta a cuore a chi sia verbanese il bel saggio Il monastero del Sassoballaro dal Trecento al Cinquecento, in L’ eremo di S. Caterina sul lago Maggiore, Nicolini, Gavirate 1995), ma soprattutto per l’aiuto sempre generosamente largito a chi lo avvicinava al tavolo di lavoro in archivio: un folto gruppo, a volerli contare tutti, fatto di studenti alle prime armi, tesisti, dottorandi, ricercatori. Chiunque conosceva la grande padronanza che Besozzi aveva dei fondi di vari archivi milanesi; in tanti gli si rivolgevano volentieri, sicuri di trovare invariabilmente un consiglio prezioso, un’indicazione archivistica fondamentale. Ad alcuni fra noi Besozzi fece un altro dono, quello della famigliarità e dell’amicizia, di cui personalmente mi onorò dal 1991 in modo ancor più marcato rispetto a prima, allorquando lo conoscevo specialmente per gli scambi di idee, trascrizioni e documenti che egli intratteneva con mio padre.
Mancheranno d’ora in avanti la sua semplicità e generosità di cuore, che già riscontrammo in altri venerati studiosi di cose verbanesi; eppure, a rendere meno amaro il senso di perdita, se ne viene la consolazione di sapere come a Besozzi sia riuscito di farci questo dono prezioso: un testimonio da ricevere, migliorare e ingrandire, e passar senza posa di mano in mano; segno vivo dell’esser stato Leonida Besozzi colto studioso di cose verbanesi, ma soprattutto maestro di rara umanità e intelligenza.

Autore:
[Carlo Alessandro Pisoni]

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